E' di ieri la notizia che una madre di 35 anni ha tentato di togliersi la vita lanciandosi dal quinto piano dell'Hotel Panorama di Cagliari e coinvolgendo nel gesto le sue due bambine di 9 mesi e 4 anni. Non è semplice capire quali motivi possano spingere una donna, in particolare una mamma, a tentare il suicidio e scegliere contemporaneamente di porre fine alla vita delle proprie figlie.
L'ingrediente base del suicidio è solitamente un dolore mentale insopportabile. Le fonti principali di dolore psicologico ovvero vergogna, colpa, rabbia, solitudine, disperazione, hanno origine nei bisogni psicologici frustrati e negati. Nell'individuo suicida è la frustrazione di questi bisogni e il dolore che da essa deriva, ad essere considerata una condizione insopportabile per la quale il suicidio è visto come il rimedio più adeguato. Ci sono bisogni psicologici con i quali l'individuo vive e che definiscono la sua personalità e che quando sono frustrati inducono l'individuo a scegliere di morire. Potremmo dire che si tratta della frustrazione di bisogni vitali; questi bisogni psicologici includono il bisogno di raggiungere qualche obiettivo come il bisogno di essere accettati e compresi e ricevere conforto.
Il suicidio è il risultato di un dialogo interiore; la mente passa in rassegna tutte le opzioni. Emerge il tema del suicidio e la mente lo rifiuta e continua la verifica delle opzioni. Trova il suicidio, lo rifiuta di nuovo; alla fine la mente accetta il suicidio come soluzione, lo pianifica, lo identifica come l'unica risposta, l'unica opzione disponibile.
Il suicidio è meglio comprensibile non come desiderio di morte, ma in termini di cessazione del flusso delle idee, come la completa cessazione del proprio stato di coscienza e dunque risoluzione del dolore psicologico insopportabile. Quindi, in questi termini, il suicidio si configura come la soluzione perfetta per le angosce insopportabili della vita.
Nel caso di cronaca specifico di ieri, quella donna, probabilmente sentiva eccessivamente il carico sulle sue spalle di prendersi cura di due bambine piccole. E' ipotizzabile che provasse un senso d'inadeguatezza come madre.
Si è detto, inoltre, che probabilmente la famiglia stesse affrontando delle difficoltà economiche e la donna potrebbe a quel punto non aver visto alcuna possibilità d'uscita da questa condizione vedendo il suicidio-omicidio come unica possibilità di fuga da tutto.
Il fatto che la mamma abbia deciso di portare con sé le figlie è imputabile al fatto che talvolta, vi è un'assenza di confini tra sé e l'altro (simbiosi patologica) e non si riesce a vedere i propri figli come dotati di una propria autonomia, separati da sé, con la propria libertà e i propri diritti.
Dietro questo gesto potrebbero esserci anche delle grosse difficoltà coniugali che inducono una persona a desiderare la vendetta contro l'altro e per amplificarla il suicida decide di ricorrere all'omicidio uccidendo se stesso e i figli.
Una moglie che prova un forte rancore nei confronti del marito, ad esempio, può decidere di distruggerlo uccidendo i suoi bambini e facendo caricare sul marito vergogna e infamia, ritenendolo responsabile della propria morte e di quella dei figli. Questa situazione è stata anticamente raccontata nel mito di Medea, dove quest'ultima per punire doppiamente il marito Giasone, uccise i figli e poi se stessa. Molte volte si dichiara di uccidere per amore ma in realtà lo si fa per vendetta.
E' bene precisare che dietro questi omicidi- suicidi ci sono spesso gravi patologie della personalità (depressione grave, disturbi bipolari, paranoia), angoscia dell'abbandono, forte aggressività auto od etero diretta o ragioni economiche.
Cosa di può fare per prevenire questi fatti? Parlare di suicidio e chiedere sul suicidio è senza dubbio l'azione migliore per prevenirlo. E' importante aiutare la persona a far dialogare le due parti di sé: la parte disperata che vuole morire perché non riesce a vivere schiacciata dal dolore psicologico intollerabile e la parte più fiduciosa che vuole vivere ma in modo differente, libera da quella angoscia insopportabile.
Occorre, inoltre, che la persona si rivolga a un professionista che lo supporti nel canalizzare l'aggressività che ha rivolto verso se stessa tentando il suicidio, in direzione di una migliore gestione della propria vita e apportando cambiamenti importanti nel proprio conteso di vita. M.S.