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Infiltrazioni della camorra in Toscana, 18 arresti: implicati due agenti, collegamenti con Scajola.

Diciotto persone sono state arrestate dagli uomini delle Squadre Mobili di Caserta e Firenze nell'ambito di un'inchiesta sulle infiltrazioni della camorra casalese in Toscana. Risultano implicati anche due poliziotti in servizio alla Presidenza del Consiglio e alla Camera dei Deputati, accusati di avere rivelato informazioni coperte da segreto istruttorio. L'arresto dei due agenti potrebbe incrociarsi con la vicenda della latitanza di Amedeo Matacena, che vede coinvolto l'ex ministro Scajola. Anche nel caso di Scajola emergerebbe l'ipotesi dell'esistenza di una talpa che avrebbe fornito informazioni riservate all'ex ministro. Un collegamento ancora da verificare.

Per i due agenti, Franco Caputo, napoletano di 56 anni, e Cosimo Campagna, brindisino di 57 anni sono stati disposti gli arresti domiciliari. Al poliziotto in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (ufficio tecnico logistico gestionali) viene contestato di avere fornito a persone indagate, ritenute affiliate al clan dei Casalesi, informazioni su attività di intercettazione nei loro confronti. Secondo gli inquirenti avrebbe anche reso informazioni segrete a politici, imprenditori e alte cariche di apparati pubblici.  Al poliziotto in servizio presso la Camera dei Deputati (Ispettorato Generale di PS) viene invece contestato di essersi introdotto illecitamente nella banca dati per verificare i precedenti penali di una persona e acquisire informazioni su eventuali procedimenti penali e indagini nei suoi confronti.

Dalle indagini, svolte in diverse località, emerge che un gruppo di imprenditori provenienti dalla zona di Gricignano d'Aversa (Caserta) da oltre 30 anni in Toscana (in particolare insediatisi in Versilia) erano ormai diventati un punto di rifermento per gli affari illeciti del clan dei Casalesi, in particolare delle famiglie camorristiche Schiavone, Iovine e Russo.

Fornivano supporto logistico, agevolavano la latitanza degli affiliati così da permettere al clan di inserirsi nel tessuto economico della regione.
Le indagini hanno poi portato alla luce un sistema di estorsione a danno degli imprenditori che chiamavano gli emissari e i referenti del clan con gli appellativi di "Russia" e "Germania". Ricostruiti numerosi episodi estorsivi, in particolari ai danni di vittime residenti a Viareggio: le richieste variavano dai 3mila ai 10mila euro. In un'occasione la richiesta del pizzo ha toccato addirittura i 40mila euro.

Tredici persone sono finite in carcere, cinque ai domiciliari.

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