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Caso Maugeri, sequestrata la villadi Formigoni. L’ex governatore: “Non possiedo tutto questo”

La procura di Milano ha sequestrato i conti bancari di Roberto Formigoni nell'ambito dell'inchiesta sulla fondazione Maugeri. Sequestrata anche la villa ad Arzachena, in Sardegna, e alcune proprietà immobiliari. Si tratta di un sequestro preventivo da 49 mln di euro per  l'ex governatore lombardo, finito nelle indagini milanesi sull'inchiesta San Raffaele e Maugeri. Su richiesta dei PM Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta, il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato questa mattina dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano.

Sigilli per tutti i conti, ad eccezione di uno, per la villa in Sardegna ad Arzachena, frazioni di altre proprietà immobiliari (una serie di immobili a Lecco e Sanremo di cui il senatore del Nuovo centrodestra risulterebbe comproprietario) e per tre auto. Gli importi sequestrati verranno trasferiti sul Fondo Unico Giustizia come recupero del profitto dei reati contestati a Formigoni nell'inchiesta San Raffaele-Maugeri.

"Su uno dei miei due conti correnti - ha fatto sapere Formigoni attraverso una nota - figura un attivo di 18 euro e 20 centesimi, sull'altro un passivo di 75mila euro. Le mie tre auto sono una Alfa Mito del 2012 per uso personale, una Panda del 2009 e una Multipla del 2008 in dotazione ai miei collaboratori".

Quanto agli immobili, Formigoni dichiara di non aver "mai posseduto né posseggo una casa in Sardegna. Le proprietà immobiliari sono: un micro appartamento di 36 metri quadrati nella periferia di Sanremo e tre appartamenti di 400 metri quadrati complessivi, a Lecco, che sono stati ereditati dai miei genitori.

Di tutti questi immobili condivido la proprietà con i miei due fratelli" L'ex governatore lombardo, oggi senatore del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e appropriazione indebita. La villa in Sardegna venne ceduta nel 2011 a un prezzo ritenuto di favore dagli inquirenti a un coinquilino di Formigoni nella comunità del Memores Domini. L'unico conto non risparmiato è quello in cui l'attuale senatore percepisce l'indennità parlamentare mensile.

Già nei mesi scorsi erano stati eseguiti sequestri (il reato contestato era di associazione per delinquere) per un valore di circa 53 milioni di euro a carico del faccendiere Pierangelo Daccò, dell'ex assessore lombardo Antonio Simone e dell'ex direttore amministrativo della Fondazione Maugeri, Costantino Passerino. Ora sono arrivati i sequestri che corrispondono all'ammontare della presunta corruzione - 49 milioni, appunto - che il giudice addebita all'ex governatore e a Perego, ma in parte anche a Daccò, Simone e Passerino.

Daccò e Simone "venivano essere gestori di un tesoretto (dell'ordine di decine di milioni di euro) che in parte, negli anni, veniva messo a disposizione del presidente Formigoni e del suo entourage, in relazione per spese per ville, imbarcazioni di alto bordo, lussuose vacanze, cene, appuntamenti elettorali eccetera", scrive il Gup Guidi nel provvedimento con cui ha disposto il sequestro preventivo. In un altro passaggio del decreto il giudice ha osservato che Daccò e Simone a partire dagli anni Novanta "erano sempre stati in stretto contatto (per rapporti di amicizia e per comuni interessi elettorali prima, e via via a seguire anche per interessi affaristici, lobbistici e vacanzieri) col Formigoni e con un soggetto (Perego Alberto) a sua volta in stretti rapporti di vita e di affari con quest'ultimo".

Dei 49 milioni di euro oggetto dell'ultimo sequestro, in particolare, 39 milioni sarebbero la presunta corruzione legata alla vicenda Maugeri e 7,6 milioni le presunte mazzette per il caso San Raffaele.

Nella presunta corruzione da 49 milioni di euro il gip individua sia gli otto milioni di euro che l'allora governatore avrebbe ricevuto sotto forma di benefit di lusso, come yacht e vacanze, sia parte dei soldi distratti dalle casse della Maugeri e finiti agli intermediari, sia a quelli utilizzati per mantenere la rete di società all'estero servite per alimentare fondi neri.