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Il segretario Pd Matteo Renzi: “Quanto dura il governo? Non è mica un iPhone”

“Se affidassimo il nostro successo alla legge elettorale e non alla qualità delle proposte e della leadership sarebbe il nostro fallimento. La nostra vittoria non deve dipendere dal sistema di voto”. In una lunga intervista al quotidiano 'La Repubblica' Matteo Renzi risponde così all’obiezione che molti, in primis dall’interno del Pd, gli contestano: l’Italicum favorisce Berlusconi. “Il punto è impedire il potere di ricatto ai piccoli partiti. Ricorda il 2006 e l’agonia del governo Prodi causato proprio dai partitini?”.

Non solo legge elettorale però. La conversazione con il segretario Pd spazia da Grillo, che “per la prima volta rincorre”, alla Boldrini che “avrebbe potuto gestire meglio l’ultima settimana anche nelle calendarizzazioni”, passando per il segretario leghista dalla “spiccata sensibilità”, sino agli investimenti stranieri che il nostro Paese deve ricominciare ad attrarre: “Un Paese che non attrae è un Paese spacciato”.

Del leader pentastellato Renzi dice che è come un palloncino: “Se la politica fa le cose che promette lui si sgonfia”. Ma se questa è l’analisi politica del fenomeno Grillo, altra questione è quella degli insulti e del comportamento che Grillo e i suoi tengono dentro e fuori i palazzi della politica: “Sono tutti atti tecnicamente squadristi. Alcuni di loro sono dei bravi ragazzi, ma quando scendono Grillo e Casaleggio la linea è chiara. Sperare nel fallimento e aizzare il caos”.

Il sindaco di Firenze riconosce anche le pecche della presidente della Camera Laura Boldrini, oggetto degli strali dei 5 Stelle: “Avrebbe potuto gestire meglio l’ultima settimana anche nelle calendarizzazioni. Anche se questo non giustifica la volgarità e lo squallore dei grillini”. Come non giustifica, Renzi, il questore Dambruoso, quello dello schiaffo alla parlamentare dei 5Stelle Lupo, che “si dovrebbe dimettere perché in questo caso non bastano le scuse”.

E poi la Lega che, tornando all’Italicum, ha deciso almeno nella prima giornata a Montecitorio di abbandonare l’Aula e non partecipare alle operazioni di voto. “Come pensano sia possibile che votiamo quell’emendamento (il cosiddetto ‘salva Lega’ ndr) – dice Renzi – se provoca tanto disgusto nel segretario leghista che dice di non volerlo? Non sia mai che offendiamo la sua spiccata sensibilità”.

Infine il governo. Renzi ribadisce di non essere interessato ad un rimpasto, di non voler mettere i “suoi” da qualche parte: “Sono il segretario del Pd, non dei renziani”.E sul mantra “quanto dura l’esecutivo?”, il segretario Pd ribadisce che, se si affrontano i problemi e si fanno le riforme, il governo può durare fino al 2018 ma “basta chiedere quanto dura! E’ un governo, non un iPhone”.

In ultimo una nota di colore che solo colore non è. Racconta Renzi di aver ricevuto solo qualche giorno fa nel suo ufficio Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera di Per l’Italia, accompagnato da un deputato del suo schieramento che ha chiesto: “Se volete il nostro accordo, a noi cosa date?”. Richiesta normale in un universo non normale. Renzi, almeno stando alla sua versione, li ha gentilmente congedati facendoli accomodare fuori dalla stanza.