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Pd si divide sulla legge elettorale: sinistra del partito contro Renzi. Cuperlo duro: non convince

Sinistra Pd in difficoltà dopo l'intesa siglata da Matteo Renzi sulla legge elettorale. L'accordo "largo" del segretario che non divide la maggioranza di fatto "spunta" le armi della minoranza Pd, che si muove in un campo limitato anche dal problema di non attirarsi l'accusa di conservatorismo, e di non volere le riforme. Per questo nonostante in direzione Gianni Cuperlo vada pesantemente all'attacco della proposta del segretario, alla fine da sinistra ci si limita a un'astensione sul testo proposto. La stessa scelta tenuta da Pippo Civati.

"La riforma elettorale - dice Cuperlo, unico intervenuto dell'area - non risulta ancora convincente perché non garantisce nè la rappresentanza adeguata ne il diritto dei cittadini di scegliere gli eletti nè una ragionevole governabilità". E ancora, è passibile di problemi di costituzionalità e passa dalla restituzione della "piena agibilità" politica per il Cavaliere.

Le critiche, alle quali Renzi risponde punto per punto, insomma, sono pesanti ma alla fine la strategia di voto resta l'astensione che mantiene compatti gli esponenti della mozione ma solo per ora. La partita della riforma elettorale, in effetti, riapre i giochi all'interno della minoranza. Con i dubbi dei "turchi" da sempre su posizioni più dialoganti con il segretario e che, secondo quanto viene riferito, non avrebbero gradito la durezza dell'intervento di Cuperlo nei confronti di Renzi. Al di là del dibattito interno, comunque, alla fine la minoranza ribadisce il voto di astensione della scorsa direzione. E la proposta del segretario passa con 111 sì e 34 astenuti. A questo punto il sindaco fa sapere di ritenere "blindata" la riforma. "Un partito - avverte - a mio giudizio non deve temere divisioni di voto all'interno di organismi, ma dopo il partito viaggia compatto". Come a dire che a questo punto in Parlamento non sono consentiti dissensi. Non solo. Niente referendum fra gli iscritti al Pd come chiesto dall'area sulla riforma perché vale il voto delle primarie.

E, infine, di fronte a una sinistra che "sminuisce" il suo impegno sul fatto che il Pd ripeterà le Parlamentarie, argomentando che gli altri partiti, invece, non le faranno, Renzi va pesantissimo. "Il tema delle preferenze o delle primarie - attacca il segretario - l'avrei voluto sentire quando vi siete candidati senza passare dalle primarie la scorsa volta. Questa critica è accettabile da chi, come Fassina, ha preso dodicimila preferenze, "non è accettabile da chi non ha fatto le primarie". Un attacco durissimo che, almeno per ora, ricompatta un po' l'area. La direzione segna anche il "ritorno" di Walter Veltroni che scende in campo a difesa dell'intesa raggiunta da Renzi, così come altri "big" del partito, come Dario Franceschini e Franco Marini che, dopo aver votato al congresso per Cuperlo, si spende in appello a non drammatizzare perché "abbiamo bisogno di unità".