Ventiquattro ore di "estenuanti" trattative. E alla fine un nulla di fatto e un nuovo rinvio a domani (con rischio di slittamento alla prossima settimana). La frattura Pd-Pdl sulla legge sull'omofobia non si ricompone. E rischia di portare a una plateale spaccatura della maggioranza. Ma intanto a tenere banco a Montecitorio è il duro scontro tra la presidente Laura Boldrini e il Movimento 5 Stelle.
C'erano già stati momenti di tensione. Ma questa volta il deputato M5S Christian Iannuzzi si spinge fino a chiedere un passo indietro della presidente: "Se non si sente in grado di rappresentare quest'Aula in modo imparziale, è meglio che si dimetta", le dice a muso duro a seduta in corso. E gli altri partiti insorgono per un "attacco" che all'unisono non esitano a definire "violento".
Interviene anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Un comunicato del Quirinale su un suo incontro con i presidenti di Camera e Senato definisce "essenziale che in questa fase la libera dialettica delle posizioni politiche si svolga nelle aule parlamentari in un clima di civile confronto e di scrupoloso rispetto dei regolamenti e delle funzioni di chi è chiamato a garantirne l'applicazione". Il presidente fa sentire la sua voce anche per condannare le minacce in rete verso Boldrini. Il comunicato del Colle le esprime "la più viva e piena solidarietà per "la campagna di gravi e perfino turpi ingiurie e minacce condotta nei suoi confronti sulla rete".
In una seduta già tesa per la spaccatura sull'omofobia della maggioranza, la miccia viene innescata da un botta e risposta tra il 5 Stelle Riccardo Nuti e la Boldrini. Nuti si oppone al rinvio del voto chiesto per cercare un accordo "nelle segrete stanze" e Boldrini replica: "L'Assemblea ha deciso". Ma, si agitano i grillini, interviene prima che un voto sul rinvio si sia effettivamente svolto. Di qui l'attacco di Iannuzzi, che verrà poi derubricato dal M5S da "richiesta" a "consiglio" di dimissioni, "se Boldrini non se la sente di essere imparziale".
La presidente non replica, poi in una nota dice basta alla "costante e strumentale delegittimazione" che, "in Aula come in rete", fa bersaglio la presidenza della Camera e "va a discapito della qualità del dibattito democratico". Ancora più netto è Napolitano, preoccupato dalle minacce che emergono sulla Rete: "Si tratta di attacchi inammissibili, che non possono essere tollerati, ai principi della convivenza democratica", afferma il presidente, che stigmatizza la "campagna di gravi e perfino turpi ingiurie" che emergono dal web contro Boldrini.
In questo clima procede la trattativa al vetriolo sul testo sull'omofobia. Pd e Pdl cercano "fino allo sfinimento una mediazione" sul testo. E rinviano il voto in Aula per due volte. Anche perché il relatore Pdl Antonio Leone si dimette per la presa d'atto che una posizione condivisa, anche all'interno del suo stesso gruppo, non c'è. "Potremmo far passare il testo con i voti di Pd, Sel e M5S - spiega il relatore Pd Ivan Scalfarotto - ma poi rischia di essere chiuso in un cassetto al Senato".
A dividere la maggioranza, l'aggravante di omofobia che il Pd vuole inserire nella legge Mancino per rafforzare l'attuale testo. Il Pdl chiede che si preveda che l'aggravante scatti quando la motivazione omofoba del reato emerga "pubblicamente" o "apertamente". Ma così, argomenta il Pd,si rischia di annacquare tutta la legge Mancino, anche sull'aggravante per odio razziale. I dem sono piuttosto disposti a concedere di escludere l'aggravante sui reati d'opinione, che preoccupano i cattolici. "Non capisco perché si insiste con questa trattativa e non si va al voto con la maggioranza Pd-M5S-Sel", allarga le braccia il deputato di Sel Alessandro Zan.
Ma il tentativo è evitare a ogni costo una frattura nella maggioranza, proprio in questo momento. Senza considerare che il Pdl rischia di spaccarsi al proprio interno, come dimostra il voto a favore del ritorno in commissione del testo, espresso dai cattolici del partito di Berlusconi in dissenso dal gruppo. In serata, la capigruppo rinvia il voto a domattina, con il rischio che slitti fino a martedì della prossima settimana. La Lega è pronta a chiedere lo scrutinio segreto. La maggioranza (o una parte di essa) potrebbe optare per la libertà di coscienza.