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Siria, Obama valuta l’opzione “guerra lampo”

Un attacco limitato, della durata di ''non più di due giorni'', con missili lanciati dalle navi da guerra nel Mediterraneo. E' questa l'opzione che il presidente americano Barack Obama starebbe valutando per rispondere all'uso di armi chimiche in Siria.

Si tratterebbe - riporta la stampa americana citando fonti dell'amministrazione - di un attacco per punire l'uso di gas che dovrebbe anche svolgere una funzione deterrente, mantenendo però allo stesso tempo gli Stati Uniti estranei dalla guerra civile in atto. L'attacco prenderebbe di mira obiettivi militari non direttamente legati alle armi chimiche.
Obama - mette in evidenza l'amministrazione - non ha ancora preso alcuna decisione. Gli Stati Uniti continuano infatti le consultazioni con gli alleati e avrebbero abbandonato le speranze di ottenere un'autorizzazione all'azione da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu, dato il certo veto della Russia.
Proprio il Dipartimento di Stato comunica di aver rinviato il previsto incontro fra diplomatici americani e russi in programma domani a L'Aia in seguito ''alle consultazioni in corso per trovare una risposta appropriata'' all'attacco del 21 agosto in Siria. La tempistica dell'attacco - afferma il Washington Post - dipenderebbe da tre fattori: il completamento del rapporto dell'intelligence che determini la colpevolezza del regime di Assad, le consultazioni con gli alleati e il Congresso e una giustificazione a intervenire in base alla legge internazionale.

Gli avvocati dell'amministrazione starebbero infatti esaminando una possibile giustificazione legale sulla base della violazione delle norme internazionali che vietano l'uso di armi chimiche o una richiesta di assistenza da parte di uno stato vicino, come la Turchia. Nei prossimi giorni le agenzie di intelligence rappresenteranno informazioni che sostengono la tesi dell'uso di gas da parte del governo di Assad, incluse intercettazioni radio e telefoniche fra i comandanti dell'esercito siriano.
''Un'azione militare - afferma la stampa americana citando fonti - potrebbe essere ancora evitata in caso di un dietro front del governo di Assad e del governo russo che lo appoggia. Ma le attese che questo possa accadere sono basse''.

Ieri il segretario di Stato Usa John Kerry è stato chiaro:  In Siria le armi chimiche sono state usate ''su larga scala'', la cosa ''e' innegabile'' e Barack Obama ritiene che chi ne è responsabile debba essere chiamato a risponderne. L'uccisione di civili in Siria è ''un'oscenità dal punto di vista morale'' che ''dovrebbe ''scuotere le coscienze nel mondo''. Il presidente degli Usa prenderà pertanto una decisione informata su come rispondere, ha incalzato, senza però precisare quando.

Anche il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha usato la parola ''innegabile'' per affermare che in Siria sono stati usati gas letali, sostenendo che ci sono ''ben pochi dubbi'' che il regime ne sia responsabile. Obama non ha ancora preso una decisione, ha ribadito a sua volta, rifiutandosi di nuovo di dare indicazioni sui tempi. Sembra tuttavia che dopo oltre due anni e mezzo di guerra fratricida, e oltre 100 mila morti, per un intervento militare internazionale nel mattatoio siriano sia ora solo questione di giorni. Secondo la stampa britannica, il presidente Obama e il premier britannico David Cameron prenderanno una decisione ''entro 48 ore''. Poi, ''entro 10 giorni'', potrebbe scattare un attacco missilistico, forse già giovedì o venerdì.

Frattanto, la Russia continua ad ammonire sulle possibili conseguenze - ''estremamente gravi'', avverte il ministro degli Esteri Serghei Lavrov - e soprattutto a sottolineare che un intervento senza un mandato Onu sarebbe una ''grossolana violazione'' del diritto internazionale. ''Non ci sono ancora prove che l'attacco del 21 agosto sia stato opera delle forze di Assad'', ha ripetuto del resto anche oggi Vladimir Putin in un colloquio telefonico con Cameron.

 Anche per il ministro degli Esteri Emma Bonino un intervento militare senza la copertura dell'Onu non è praticabile e prima di assumere qualunque iniziativa è bene ''pensarci mille volte'', perché le ''ripercussioni potrebbero essere drammatiche''. Mentre il segretario alla difesa Usa, Chuck Hagel, ha affermato che ''se ci sarà una azione, verrà concertata con la comunità internazionale, e nel quadro di una giustificazione legale''.

Una formula vaga, a cui fanno da contraltare anche le dichiarazioni del ministro degli Esteri britannico William Hague, secondo cui un intervento per rispondere all'uso di armi chimiche è possibile anche senza il consenso unanime del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il suo collega turco Ahmet Davotoglu ha messo pure le mani avanti affermando che Ankara parteciperà a qualsiasi coalizione internazionale decida di intervenire in Siria, anche se non sarà possibile raggiungere un vasto consenso all'Onu.

''Attualmente circa 36-37 paesi stanno discutendo delle alternative. Se si formera' una coalizione contro la Siria in questo processo, la Turchia prenderà il suo posto'', ha detto. Il capo della diplomazia francese Laurent Fabius ha a sua volta affermato che una reazione occidentale verrà concordata ''nei prossimi giorni'', pur se ''non è stata ancora presa alcuna decisione''. E la cancelliera tedesca Angela Merkel, pur finora contraria ad un intervento militare, ha oggi detto che l'attacco del regime siriano alla periferia di Damasco ''deve essere indagato'' e soprattutto che ''non può essere lasciato senza conseguenze''.

Anche la Nato è convinta che ''qualunque utilizzo confermato di armi chimiche rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale'', affermando tuttavia che si tratta di ''una questione che l'intera comunità internazionale deve affrontare''. In quest'atmosfera, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha assicurato, rispondendo ad una domanda, che anche se dovesse esserci un attacco armato in Siria, la Russia ''non ha piani di scendere in guerra con chicchessia''. Parole che sembrano far trasparire la convinzione che un attacco sia comunque imminente. Cosa che d'altronde non appare esclusa neppure nelle parole del presidente Assad al quotidiano russo Izvestia, secondo le quali gli Usa ''falliranno'' se attaccheranno, ''così come in tutte le precedenti guerre che hanno scatenato, dal Vietnam ad oggi''.