Con la sentenza n. 15486 del 20.06.2013 la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di separazione personale di una coppia dopo appena un mese di matrimonio. La coppia aveva contratto matrimonio dopo un periodo di convivenza di circa un anno. Tuttavia, dopo un mese la moglie presentava ricorso per separazione a causa del comportamento violento del marito derivante dall’assunzione incontrollata di alcol e psicofarmaci.
Il Tribunale, nel processo di primo grado, rilevava che il marito aveva ripetutamente percosso la moglie sia durante la convivenza che nel periodo successivo al matrimonio e pronunciava dunque la separazione personale con addebito a carico dell’uomo. Veniva disposto, inoltre, l’obbligo di versare un assegno di mantenimento mensile dell’importo di trecentocinquanta euro in favore della donna (al momento disoccupata).
Dopo la conferma della sentenza in appello, il marito ricorreva per Cassazione rilevando l’illegittimità della sentenza impugnata per aver tenuto conto del comportamento precedente al matrimonio ai fini dell’addebito. L’uomo, inoltre, deduceva come entrambi i coniugi avessero abusato di alcol e sostanze stupefacenti durante la pur breve convivenza matrimoniale. Ulteriore motivo di doglianza era costituito dall’aver imposto un assegno di mantenimento a suo carico, determinandone l’entità ai sensi dell’art. 156 del codice civile nonostante la brevità della durata del matrimonio non consentisse una stima del tenore di vita comune alla quale commisurare l’assegno.
La Suprema Corte, tuttavia, rigettava il ricorso del marito ritenendolo infondato. Secondo i giudici della prima sezione, infatti, il periodo di convivenza prematrimoniale assume rilevanza quando costituisce una continuazione rispetto alla convivenza in costanza di matrimonio e consente, perciò, di valutare complessivamente la vita della coppia. E nell’effettuare tale valutazione nei fatti era emerso un comportamento violento dell’uomo costante ed unilaterale, sia prima che durante il matrimonio.
Per quel che concerne il secondo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza d’appello nella quale è stata riconosciuta la congruità dell’assegno di mantenimento a carico dell’uomo sulla base delle dichiarazioni dei coniugi: dalle stesse, infatti, veniva accertato come il marito avesse un reddito costante quale medico ospedaliero mentre la moglie fosse priva di occupazione. Secondo la Corte, infatti, la brevità della convivenza matrimoniale non impedisce di ritenere presumibile la proporzione tra reddito dell’uomo e una quota d’imputazione di una parte dello stesso alle esigenze di sussistenza della donna. CS.