Una "soluzione si trovera"' ma no ai "diktat": il premier Enrico Letta assicura di non volere l'incremento dell'Iva dal 21 al 22% e allo stesso tempo però prova a mettere all'angolo il Pdl che da giorni incalza il governo su questo fronte ricordando come "sia stato Berlusconi a prevedere il rincaro nel 2011". Pronta la replica del partito del Cavaliere: falso, spiega il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, il rischio della stangata sui consumi e' da addebitare all'Esecutivo Monti. Polemica in cui si inserisce il professore chiedendo ai partiti di "non forzare" il capo del governo a fare una deviazione dal percorso tracciato perché questa operazione - dice - sarebbe pagata solo da cittadini ed imprese.
"Il governo - rimarca il leader di scelta civica - e' tutore del bilancio e non deve sentirsi tenuto a mantenere promesse elettorali fatte, talora irresponsabilmente, dai partiti". Fibrillazioni, quelle interne alla maggioranza e alla stessa squadra di governo, che il presidente del Consiglio derubrica come normali, sostenendo di aspettarsene altre in futuro: "che maggioranza e' - sostiene - quella in cui non si discute?". E poi , quella Pd-Pdl e' un'alleanza davvero "originale" e dunque una dialettica accesa è fisiologica. E così ancora una volta, dalla Santanche' alla Bernini, gli avvisi e gli ultimatum si moltiplicano.
La battaglia su Iva e Imu, afferma la prima, è una "conditio sine qua non" per il proseguimento del governo ma anche qualora Palazzo Chigi e il Tesoro riuscissero nell'impresa il Pdl non e' disposto a deporre le armi: si tratta di misure che "nei fatti sono giusto una aspirina rispetto alla condizione di sofferenza in cui versa il nostro Paese. Il nodo cruciale - dice la Santanché - è l'Europa". E se il governo "non manterr… le promesse - pronostica Bernini - saranno gli italiani a dare lo sfratto al governo". Il premier, pur dichiarandosi 'fiducioso', non si lascia sfuggire comunque ne' dettagli sulle misure ne sulle risorse ma annuncia ufficialmente il Consiglio dei ministri per il prossimo mercoledì.
All'ordine del giorno, fisco e politiche sociali: "presenteremo un piano nazionale del lavoro" per il quale l'Italia non ha bisogno di soldi o permessi da Bruxelles e che per il governo e' il tassello domestico di un progetto a favore dell'occupazione di più ampio respiro, che Letta vorrebbe fosse anche europeo. Una causa, quest'ultima, che il premier perorera' di fronte ai leader Ue in occasione del Consiglio europeo della prossima settimana. Il negoziato che si prospetta è "duro", ammette il premier, ma l'obiettivo è ottenere che i 6 miliardi di fondi Ue, di cui all'Italia spettano 500 milioni, si possano usare subito".
In attesa dell'incontro a Bruxelles, anche il pacchetto Giovannini si occuperà soprattutto di giovani, fa capire il premier, e dedichera' molta attenzione al Sud. Politiche economiche che il governo mette in campo non però senza "la necessaria prudenza" perché, mette in guardia Letta, "la tempesta non è finita e chi dice il contrario sbaglia. Io sono il timoniere in questo momento e ho la responsabilità di fare le cose nel tempo giusto perche' la situazione rimane complicata". E questa sarà l'unica strategia, assicura, che consentirà all'Italia di evitare il default, cosi' come invece alcuni già profilano.
La settimana che si apre dunque sarà importante, anche perche' oltre ai temi economici il premier deve anche sbrogliare la vicenda della ministra Idem finita nella bufera per presunti abusi edilizi e illeciti fiscali ("sono garantista - dice Letta - ma no a doppi standard") e con la quale si incontrera' domani, ma il presidente del Consiglio nega che si tratti di un passaggio "decisivo" per le sorti dell'Esecutivo: "ce ne sono state altre prima, ce ne saranno ancora"", dice cercando di minimizzare a un tempo solo le tensioni che si registrano all'interno della compagine di governo e quelle fra i Paesi europei.