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“Diritto in pillole”: il reato di sostituzione di persona è configurabile anche con riferimento ad una chat telematica.

La Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a pronunciarsi sulla configurabilità del reato di sostituzione di persona, ai sensi dell’ art. 494 del codice penale, con riferimento alla divulgazione di un numero di cellulare su una chat telematica.

E’ questo un caso tipico: l’imputata, infatti, si iscriveva ad una chat telematica denominata “Incontri by Supereva” diffondendo il numero di utenza cellulare della sua ex datrice di lavoro con la quale aveva in corso una pendenza giudiziaria di natura civilistica. Conseguentemente quest’ultima iniziava a ricevere anche in ore notturne diverse chiamate, sms ed mms contenenti immagini pornografiche da parte di utenti della chat interessati ad incontri o conversazioni di tipo erotico.

Mediante tale condotta, quindi, l’imputata aveva tratto in inganno gli utenti della chat, determinandoli a recare molestia o disturbo alla vittima della sostituzione, offendendone altresì l’onore ed il decoro mediante l’invio di messaggi contenenti parole offensive e volgari.

Dopo la condanna in primo grado e in appello, veniva proposto dall’imputata ricorso per cassazione sulla base di diversi motivi di impugnazione. In particolare, veniva eccepito che la pubblica fede tutelata dall’art. 494 può essere pregiudicata da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali, non mediante la semplice diffusione di un numero telefonico via chat.

La Suprema Corte, dunque, si trovava di fronte alla necessità di adattare la normativa anacronistica in vigore ad una fattispecie nuova legata all’uso delle nuove tecnologie e che richiederebbe un intervento integrativo da parte del legislatore, non essendo sempre possibile ricorrere alla interpretazione estensiva delle norme in vigore.

Tuttavia, è proprio tramite una interpretazione estensiva dell’art. 494 che la Corte riusciva a far rientrare la condotta dell’imputata nel delitto di sostituzione di persona. Tale delitto, infatti, ha natura plurioffensiva ed è quindi preordinato non solo alla tutela di interessi pubblici ma anche di quell’interesse privato da parte del soggetto sulla cui sfera giuridica incide concretamente l’atto. Pertanto, quest’ultimo può senza dubbio essere considerato come persona offesa dal reato.

Con riferimento alla condotta tipica del delitto, inoltre, il reato di sostituzione ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria alla altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome, un falso stato ovvero una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici. Per “nome” si deve intendere non solo il nome di battesimo ma anche tutti i contrassegni dell’identità, tra i quali vi sono i “nicknames” (soprannomi) utilizzati nelle comunicazioni via internet e che attribuiscono una identità virtuale ma non per questo privi della capacità di produrre effetti reali nella sfera giuridica altrui. E, come nel caso di specie, quando il “nickname” è indubbiamente riconducibile ad una persona fisica, assume lo stesso valore dello pseudonimo  o del nome di fantasia, la cui attribuzione a sé o ad altri integra il delitto di cui all’art. 494.

Nel caso in esame, infatti, il nickname inserito nella chat corredato del numero di telefono della persona offesa non lasciava dubbi sulla natura di contrassegno identificativo di una persona fisica disponibile per comunicazioni o incontri di tipo sessuale con gli altri utenti.

Tale elemento, insieme alla sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie legale consistenti nella induzione in errore e nella volontà di arrecare un danno alla persona offesa, hanno portato i giudici della quinta sezione penale a rigettare il ricorso, confermando la condanna dell’imputata per il reato di sostituzione di persona. CS. 

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