Sette volte premier, colonna della Dc, 'Belzebù'. Giulio Andreotti è stato tutto questo: politico di stazza, scrittore, giornalista, fra i massimi esponenti della Democrazia Cristiana. Nessuno, più di lui, ha attraversato la politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Senatore a vita, è stato sette volte Presidente del Consiglio. Per Pier Ferdinando Casini, Giulio Andreotti "è stato la Democrazia Cristiana, pur non essendo stato mai stato segretario della Democrazia Cristiana".
Descritto a lungo dagli avversari politici come il Male assoluto, Belzebù, il custode di incoffessabili segreti di Stato - dalla linea politica tenuta nei contatti con le BR durante il rapimento Moro ai rapporti con politici siciliani collusi con la mafia, Andreotti guidò il governo di "solidarietà nazionale" nato con il rapimento di Aldo Moro (1978-1979) grazie all'astensione del Partito Comunista Italiano, e il governo della "non-sfiducia" (1976-1977), con la prima donna-ministro, Tina Anselmi, al dicastero del Lavoro). Otto volte ministro della Difesa e cinque volte ministro degli Esteri, vantava ottimi rapporti con il Dipartimento di Stato USA e con le maggiori cancellerie europee.
A soli 34 anni era già ministro dell'Interno; fu tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell'Industria; una volta ministro del Tesoro, ministro dei beni culturali (ad interim) e ministro delle Politiche Comunitarie.
Immagine quasi ieratica della Dc, ne espresse per decenni la capacità di Governo anche con maggioranze diverse, riflesso molto spesso di aspre lotte intestine allo stesso partito, con la sinistra democristiana non di rado tenacemente ostile a quell'uomo sempre presente dal 1945 in poi in Parlamento: dalla Consulta Nazionale all'Assemblea costituente, e poi alla Camera prima, dal 1948, poi al Senato dal 1991.
Il 2 maggio 2003 è stato giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Corte d'Appello di Palermo, la quale lo ha assolto per i fatti successivi al 1980 e ha dichiarato il non luogo a procedere per i fatti anteriori. Era stato assolto in primo grado, il 23 ottobre 1999. Nell'ultimo grado di giudizio, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di appello, richiamando il concetto di "concreta collaborazione" con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, presente nel dispositivo di appello. Il reato "ravvisabile" non era però più perseguibile per sopravvenuta prescrizione e quindi si è dichiarato il "non luogo a procedere" nei confronti di Andreotti.