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Governo di larghe intese, Vendola e Rodotà aumentano la pressione sul Pd

Spread ancora in caduta dopo la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica e le attese per uno sblocco veloce della partita sulla formazione del Governo. In avvio di seduta il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark italiano e quello tedesco si colloca a 280 punti base dai 284 della chiusura di ieri. E continua a muoversi in calo il rendimento del decennale italiano, sceso al 4,03%, livelli che non si vedevano da ottobre 2010.

Intervistato oggi da Il Foglio, il sindaco di Torino Piero Fassino, sostiene che il Pd dovrebbe chiedere a Giorgio Napolitano di dare subito l'incarico a Matteo Renzi per Palazzo Chigi. "La persona migliore per guidare un esecutivo del presidente - dice Fassino - oggi si chiama sicuramente Matteo Renzi. Io sono favorevole alla sua candidatura. Perché se dobbiamo assumerci delle responsabilità di governo allora bisogna farlo da posizioni di forza e non di debolezza e quindi è giusto che il Pd metta in campo l'uomo forte che rappresenta la capacità di novità. Già da adesso, come direbbe Matteo".

"Non abbiamo alternative", è il ragionamento portato avanti nel Pd dai fautori della necessità di un governo politico:  fra questi Enrico Letta, che non dovrebbe comunque entrare nell'esecutivo, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro, Giuseppe Fioroni. Ineluttabilità non condivisa in parte da Rosy Bindi e del tutto dalla sinistra del partito, che va da Sergio Cofferati ai 'giovani turchi' fino all'area riunita intorno a Pippo

L'ex consigliere lombardo, già in rotta sul ‘net’ (leggi niet) del Pd a Stefano Rodotà, nega di voler lasciare il Pd per Sel ma contrattacca: "Si parla molto di 'traditori', ma state attenti: perché i soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli 'ministri".

Massimo D'Alema annuncia querele contro chi lo calunnia di aver affossato Romano Prodi, semmai la colpa è di chi "lo ha candidato in modo assurdo". In un Pd in balia di correnti e rancori, il timore è che neanche un voto a maggioranza in direzione possa frenare un'emorragia di 'no' durante la fiducia. Il 'giovane turco' Matteo Orfini lo dice chiaramente: "Io sono contrario ad un patto Pd-Pdl, se sarà così voterò contro perché il voto di fiducia è un voto di coscienza". Non la pensa così Andrea Orlando, anche lui dell'area gauchista del partito, ma la paura di una fuga di voti è altissima come si desume dalla cautela di Anna Finocchiaro: "Elezioni più lontane? Prima voglio contare i voti di fiducia e poi mi esprimo".

Convintissimo della necessità di un governo, pur a durata limitata, è Matteo Renzi. In ogni caso, nello schema che gira in ambienti parlamentari, il Pd sarebbe chiamato a impegnare alcune delle sue punte, magari non più presenti in parlamento e impegnati nella battaglia congressuale del Pd. E i nomi che girano sono quelli di Luciano Violante, Walter Veltroni, Sergio Mattarella e Pierluigi Castagnetti.

"Non posso mettere fra parentesi il fatto che la larga intesa si fa con il responsabile dello sfascio e della regressione culturale e politica di questo paese - dice Stefano Rodotà in una intervista al Manifesto - Si faranno interventi economici, si utilizzeranno i modestissimi documenti dei saggi ma non potrà essere affrontata nessuna delle questioni che possono restituire alla politica e al parlamento una qualità interlocutoria. Larghe intese? Il protagonista è Berlusconi".

Il M5S potrebbe non partecipare alle consultazioni di oggi al Quirinale per la formazione del governo. Lo si apprende da fonti interne al movimento. La decisione sarà presa questa mattina durante una riunione dei gruppi di Camera e Senato.

"Ho detto 'no' all'operazione politica che c'era dietro alla rielezione di Napolitano al Quirinale, il governissimo appunto - dice Nichi Vendola a La Repubblica - L'uomo ha fatto un gesto di grande generosità accogliendo l'invito dei partiti a coprire la voragine aperta nel sistema politico.

Napolitano è entrato nell'arena da par suo, con la solennità di chi indica la strada di una condivisione depurata dalla vergogna". Vendola conferma che Sel dirà "no" all'appello di Napolitano per formare il governo: "Quelle di Napolitano sono parole che avrei sottoscritto, se dall'altra parte della barricata, ci fosse stato Aldo Moro e una 'balena bianca', invece dall'altra parte c'è il Caimano e tutta intera l'implosione del sistema dei partiti e di una irrefrenabile spirale correttiva che ha divorato la credibilità politica". E aggiunge: "Siamo di fronte a una gigantesca illusione: è quella che l'Italia possa essere imprigionata in un ciclo di restaurazione". Con il Pd la rottura è definitiva? "Voglio capire che cosa accadrà in quel partito. Quanto è avvenuto è molto oltre la letteratura del parricidio. Costruire l'agguato a Prodi è stato un atto di suprema e selvaggia irresponsabilità. Non c'è bisogno di un'agenzia investigativa per cercare di tracciare l'identikit degli autori del delitto. Gli stessi che hanno reagito con durezza all'ipotesi di elezioni anticipate nel momento del tonfo clamoroso del governo Berlusconi, che hanno mal sopportato l'alleanza di 'Italia Bene comune'.

Sono quelli che hanno celebrato tutti i congressi del Pci e qualcuno della Dc, mentre il Pd doveva decidere se essere carne o pesce. Invece è sembrato la proiezione politica del verso di Montale 'soltanto codesto possiamo noi dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo'. Ora la doppiezza del Pd non ha retto l'urto della verità".

"Trovo singolare e non responsabile minacciare la sfiducia al prossimo governo prima ancora che siano iniziate le consultazioni, prima che siano stati indicati il premier, i ministri ed il programma. Mi sembra che si va prospettando un esecutivo del Presidente. Noi abbiamo già avuto un governo con il Pdl, ed è stato il governo Monti". Lo afferma in un'intervista al Messaggero il capogruppo del Pd in Senato Luigi Zanda.

"Abbiamo votato la fiducia assieme a Berlusconi ed ai centristi in una situazione di emergenza che purtroppo non è finita - aggiunge - Ora il Pd vuole che il programma non sia incentrato solo sul rigore ma anche e soprattutto sulle politiche di crescita e di equità. Che in fondo era anche la promessa iniziale di Mario Monti".