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Bersani, da consultazioni esito non risolutivo

Le consultazioni "non hanno portato a un esito risolutivo, ho spiegato le ragioni, ho illustrato positivi elementi di comprensione che sono venuti attorno ad alcune proposte, ma ho descritto anche le difficolta' derivate da preclusioni o condizioni che non ho ritenuto accettabili. A questo punto il presidente ha ritenuto di condurre immediatamente e direttamente dei suoi accertamenti". Lo ha detto il leader del Pd, Pierluigi Bersani, parlando al Quirinale dopo il colloquio con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per riferirgli delle consultazioni tenute per provare a formare un Esecutivo.

Si parla di questi nomi, nei palazzi della politica e sui giornali e già questo è un po' più di un mezzo indizio: Pier Luigi Bersani non ha convinto il Movimento 5 Stelle, non ha i numeri. Dunque, la palla torna a Napolitano. Che vuole evitare nuove elezioni a stretto giro di posta, come d'altra parte quasi tutti i partiti. Già, ma come?

"La vicenda è chiusa e l'ha chiusa Bersani che ora si trova nel vicolo cieco in cui si è infilato. Sta a lui, ora, rovesciare la situazione, se vuole e se può, nell'interesse del paese", dice Angelino Alfano chiudendo in apparenza ogni spiraglio al tentativo del segretario Pd di far decollare un governo ma rilanciando al tempo stesso la possibilità che la situazione possa essere "rovesciata": tocca ora al presidente preincaricato fare un'altra mossa per evitare il fallimento del mandato ricevuto dal Capo dello Stato.

Una dichiarazione più possibilista di quella di Alfano arriva da Roberto Maroni, segretario del Carroccio e presidente della Regione Lombardia: "Se Bersani decide di accettare le nostre condizioni, noi faremo la nostra parte. Altrimenti andrà al Quirinale a dire che non ha la maggioranza". Già, ma sono quelle "condizioni" il problema. E Maroni aggiunge: "La decisione è politica: si può votare sì oppure uscire dall'aula del Senato per non votare no". Alchimie da prima Repubblica, insomma, ma dal Pd deve arrivare un segnale. Anche per la partita del Quirinale, che Bersani fino a ieri ha ripetuto di non voler iniziare, alemno ufficialmente, insieme a quella per formare il Governo.

Non avendo i numeri di una maggioranza al Senato dopo il secco no del M5S, un Governo Bersani può nascere solo con l' assenso del centrodestra. Questo consenso non può prendere le forme di un voto favorevole (altrimenti si tratterrebbe di "governissimo"), da qui l'ipotesi che i senatori di Pdl e Lega Nord possano lasciare l'aula del Senato. Tuttavia, perché questo possa accadere il centrodestra chiede alcuni impegni: l'apertura di un dialogo per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica senza i soli voti del centrodestra (in ascesa la candidatura Pera accanto a quella di Gianni Letta)la presidenza da parte di un esponente del Pdl della commissione - o della "Convenzione" - sulle riforme istituzionali che potrebbe nascere subito dopo l' insediamento dell'esecutivo per rispettare l'indicazione di Napolitano sulla necessità di un impegno di tutte le forze politiche sulle riforme istituzionali.

Altri punti di incontro potrebbero riguardare la politica economica: riforma dell'Imu sulla prima casa, rinvio della tares, sblocco del patto di stabilità degli enti locali in modo da mettere in moto alcuni investimenti nel settore pubblico.

Con tutti i partiti convonti che in ogni caso questa sarà una legislatura breve, se non brevissima, la maggiore difficoltà nella trattativa riguarda il problema del Capo dello Stato, una carica che pesa sul futuro politico per ben 7 anni. E che in tempi di crisi, lo insegnano i settennati di Scalfari e Napolitano, ha nu ruolo che è diventato via via centrale, determinante.  Il Pd continua a dirsi indisponibile, mentre Pdl e Carroccio ricordano che il centrosinistra "non può prendere tutto" dopo aver eletto con solo i propri voti i presidenti di Camera e Senato.