Un volto teso e tirato, l'aria stanca e anche un pizzico di insofferenza, quando qualcuno accenna ad interromperlo: ieri sera Giorgio Napolitano ha chiuso così il giro delle consultazioni più difficili del suo settennato. L'imperativo categorico è quello di evitare un rapido ritorno al voto, nella convinzione che risolverebbe poco o nulla, precipitando piuttosto il Paese in una crisi anche istituzionale profonda. Già, ma come procedere, a chi affidare l'incarico?
Il Parlamento resta spezzato in tre tronconi, che non si parlano o si parlano appena, lontano dalle telecamere, perché in realtà l'intima diffusa convinzione è che la legislatura, comunque vada, sarà breve: la campagna elettorale, insomma, continua.
Si profila così uno stallo che non era certo negli auspici del Quirinale, che a più riprese ha sollecitato un sussulto di responsabilità, un sincero desiderio di dare presto un governo al Paese. Fare presto era la parola d'ordine, ieri sera all'uscita dallo Studio alla Vetrata, al Quirinale, il presidente ha annunciato una 'pausa di riflessione' dall'approdo tutt'altro che facile.
Bersani chiede per sé l'incarico, in quanto vincitore delle elezioni. Grillo fa altrettanto, rivendicando il successo a sua volta. Berlusconi vuole un governo di larghe intese, ma guai a parlargli di una presidenza del Consiglio in appannaggio al centrosinistra (per non dire della presidenza della Repubblica). Il Colle deve trovare la quadra.
Napolitano si è chiuso nel suo studio, a compulsare i precedenti ed a rivedere gli appunti presi meticolosamente in questi ultimi due giorni. Appunti che non riguardano solo i nomi espressi per Palazzo Chigi, ma anche i punti programmatici su cui è possibile trovare un accordo tra le varie parti. Non a caso sia i grillini, sia il Pd hanno avuto cura di uscire dai colloqui enunciando i loro desiderata (ben venti per i primi, un po' meno per il secondo).
Bersani, è vero, è arrivato primo alle elezioni, ma resta l'ostacolo oggettivo
della mancanza di una maggioranza al Senato. Per non parlare del retroterra politico della maggioranza, ampia solo grazie al Porcellum, alla Camera: anche qui la vittoria del centrosinistra è stata risicata. Le esperienze vicine e lontane nel tempo bollano come illusoria l'ambizione di governare l'Italia con una maggoroanza risicata, variabile, o zoppicante.
D'altra parte, ignorare Bersani nella scelta dell'incarico non sembra semplice: è o non è il candidato premeir della coalizione che ha preso più voti alle elezioni? Semmai bisogna vedere quale tipo di incarico affidare. Il segretario del Pd ne chiede uno pieno, e politico. Ma anche nel suo partito, il Ps, molti dirigenti sono consapevoli che altre possibilità sono percorribili. La storia della Repubblica (la prima, in verità) è piena di incarichi esplorativi, preincarichi, mandati per sondare il terreno e preparare l'avvento di formule inconsuete.
Il nodo, piuttosto, è se Bersani sarebbe disposto ad accettare un'ipotesi del genere, e, se sì, perché, ipotizzando l'intransigenza assoluta dei 5 Stelle a votargli la fiducia. Forse, sussurra qualche opinionista esperto, perché potrebbe risultare utile a stanare definitivamente Grillo inchiodando poi il Movimento 5 Stelle alle aspettative disattese nella nuova campagna elettorale verso elezioni anticipate. In fondo, gran parte dei voti grillini sono considerati riassorbibili da più di un dirigente Pd, il tema del voto utile potrebbe convincere più di un elettore 5 Stelle, magari con una proposta programmatica che esalti i temi dei tagli alla politica.
Nel frattempo appare problematica anche la candidatura del presidente del Senato Piero Grasso per un mandato pieno o eslporativo. Non solo Grillo ha già detto 'no', ma nel Pd molti non hanno gradito la disponibilità subito manifestata dallo stesso Grasso mentre Bersani doveva essere ancora ricevuto al Quirinale per le consultazioni. Non bastasse, ieri sera in tv lo scontro con Travaglio.
"E' chiaro a tutti - ha detto Travaglio nella prima parte di 'Servizio Pubblico' - che Grasso non è Schifani e Schifani non è Grasso. Il problema è che Grasso non è quello che molti grillini credono". Per Travaglio, il presidente del Senato "prima di essere magistrato, è un italiano, è molto furbo, è un uomo di mondo, ha saputo gestirsi molto bene, non ha mai pagato le conseguenze di un indagine. Si è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini sulla mafia e la politica, si è addirittura liberato quando era procuratore di Palermo di tutti i magistrati che facevano indagini su mafia e politica, si è reso protagonista di alcuni gesti poco nobili, come rifiutarsi di firmare l'atto di appello contro l'assoluzione in primo grado di Andreotti, lasciando soli i sostituti procuratori che avevano presentato questo appello".
Il giornalista fa poi alcuni esempi. Grasso, dice, "ha fatto dichiarazioni in cui prendeva le distanze da Caselli, ha ottenuto applausi dal centrodestra. Ancora l'altro giorno Berlusconi ha detto che Grasso F tutt'altro che un brutto candidato alla presidenza del Senato, ha ottenuto addirittura dal centrodestra tre leggi per fare fuori Caselli e far passare Grasso alla procura nazionale antimafia. Leggi anticostituzionali che però Grasso ha utilizzato per diventare procuratore nazionale antimafia, mentre il governo faceva fuori il suo unico rivale. Quindi io mi sono semplicemente ribellato a questa baggianata oleografica, a questa rappresentazione teatrale dei buoni contro i cattivi". Inoltre, dice Travaglio, Grasso "ha proposto Berlusconi per la medaglia antimafia" poco prima di essere eletto. Accuse alle quali Grasso replica. "Sarebbe bene che lei si abituasse al confronto - dice rivolgendosi a Travaglio - avere un contraddittorio è una regola di civiltà", lamentando che durante la trasmissione tv nessuno abbia cercato di difendere il presidente del Senato dalle "accuse infamanti". Travaglio ribatte: "Presidente, lei permettera' che ci sia almeno uno che la critica, visto che giornali e televisioni li ha tutti dalla sua parte e suonano il violino per lei!". Grasso non vuole entrare nel merito delle accuse ma si limita a ribadire l'invito a Travaglio a partecipare "carte alla mano" ad un confronto tv.
E allora, cosa deciderà Napolitano? "Il Presidente della Repubblica - spiega uno dei capigruppo saliti al Colle - ha sostenuto che sul tavolo c'è anche l'ipotesi di un governo di scopo, ma che poi divenga di legislatura. Su una cosa è stato chiaro: per un governo servono numeri certi, non è possibile superare la fiducia per uno o due voti". Il Presidente non desidera lasciare in eredità al suo successore una situazione politicamente traballante.
Difficile un replay del vecchio sistema di larghe intese che ha dato vita, poco piu' di un anno fa, al governo Monti. E allora, nei palazzi, il toto-premier vede salire nelle quotazioni l'ipotesi di un governo del Presidente guidato da una personalità super partes come il costituzionalista Onida. Si faccia attenzione: del presidente e di scopo, non istituzionale. Le cariche massime dei due rami del Parlamento, Grasso incluso, non sarebbero in cima all'agenda delle opzioni presidenziali.