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Penultimo sguardo ai sondaggi: la partita decisiva è al Senato

Ultime tabelle sui giornali, poi aggiornamenti segreti sulle scrivanie dei leader. Dalla mezzanotte di oggi scatta il consueto divieto a pubblicare sondaggi di opinione per non influire sul risultato finale, anche se la legge sarà probabilmente aggirata perché basta che un'indagine venga pubblicata su un giornale straniero e ripresa da qualche testata in italia per non incorrere in sanzioni.

 Gli ultimi sondaggi indicano la probabile larga maggioranza del centrosinistra alla Camera, e la striminzita maggioranza o addirittura un sostanziale pareggio al Senato come già avvenne con l'ultimo governo Prodi del 2006.

Per il Senato, ormai è chiaro, decisivo sarà il risultato in Lombardia e in Sicilia: secondo le ultime indiscrezioni, la prima Regione resterebbe al centrodestra mentre la seconda passerebbe al centrosinistra.

Se la quota del "non voto" si aggira sul 25%, sono inoltre gli "indecisi" - che costituiscono quasi il 30% dell'elettorato in quasi tutti i sondaggi - coloro che potrebbero determinare un risultato o un altro.

Secondo il sondaggio del 6 febbraio dell'Istituto Piepoli si assottiglia a 4 punti il distacco fra la coalizione di Pier Luigi Bersani e quella di Silvio Berlusconi. Il centrosinistra si sarebbe attestato al 36%, il centrodestra al 32%; il Movimento 5 Stelle oscillerebbe dal 13 al 14%. Scelta civica di mario monti non andrebbe oltre il 12%. Rivoluzione civile sarebbe a quota quorum per la Camera con il 4%.

Ottimista per il centrodestra è il sondaggio di Euromedia research, società di Alessandra Ghisleri che compie tradizionalmente i rilevamenti per Silvio Berlusconi: solo 2 punti separerebbero il centrodestra dal centrosinistra. La formazione guidata dall'ex premier sarebbe al 32,7%, mentre quella guidata da Pier Luigi Bersani si attesterebbe al 34,4%. La coalizione di Monti avrebbe il 12,3%, al terzo posto ci sarebbe il Movimento 5 Stelle con il 14,5%. Rivoluzione civile non superebbe il 3,8%. gli indecisi sono però indicati al 32,3%.

I 5 Stelle dopo il voto diventerebbero il terzo partito: 15,9% alla Camera e 15,6% al Senato, dice un sondaggio Ipsos realizzato il 6 febbraio e pubblicato oggi per Il Messaggero. Il quadro complessivo alla Camera è questo: centro di Monti (10,8%), Pd 30,6%; Sel 3,9%; Pdl 20,3; Udc 3,2%, Fli 0,8; Lega Nord 4,4%, Fratelli d'Italia 2,3%, Fare Italia, fermare il declino 1,8% e Destra 0,9%. Rivoluzione civile arretrerebbe al 3,7. Dunque sotto la soglia utile per approdare in Parlamento: resterebbe fuori sia dalla Camera che dal Senato.

La media dei sondaggi delle ultime due settimane indica che il centrosinistra continua ad avere intorno ai 5 punti di vantaggio sul centrodestra. La coalizione del Pdl si fermerebbe al 29,1%. Il Pdl viene valutato al 19,7%, la Lega Nord al 5,2; la Destra di Storace fa registrare dati disomogenei, oscillando dallo 0,7% indicato da Ipsos (rilevazione del 4 febbraio per Ballarò) e il 2,6 indicato da Spincon. Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni e ignazio la russa oscillerebbe dallo 0,8% di Emg (sondaggio del 31 gennaio per la7) al 3% netto di Scenari politici (interviste web realizzate dal 31 gennaio al 3 febbraio).

Il pd, in calo nelle ultime settimane, si sarebbe fermato al 29,8%. Sinistra ecologia liberta' non andrebbe oltre il 4%. Di conseguenza la coalizione Italia bene comune sarebbe al 34,6%.

In calo pure la coalizione centrista guidata da Monti. Alla camera, sommando i voti di Udc, Fli e Scelta civica (si presentano divisi) si raggiungerebbe il 13,8%. L'Udc oscillerebbe tra il 2% di Ispo ricerche (sondaggio del 4 febbraio diffuso a Porta a porta) al 4,4 di Demos (rilevazione del 26 gennaio pubblicata su La Repubblica). Lalista Fli di Gianfranco Fini sarebbe all'1%. Quella del premier al 9,5%.
Per Swg, il movimento di Beppe Grillo otterrebbe il 18%. Le altre rilevazioni lo danno in media al 14,8.

"Il Movimento 5 Stelle è in crescita- fa osservare il Fatto Quotidiano -  Ed un suo exploit potrebbe mettere in crisi qualsiasi futura alleanza al Senato. Altro che dibattito su Monti che non vuole Vendola e viceversa. Se, come dicono diversi sondaggi, Grillo uscirà dal voto con la bandiera del terzo partito, sfiorando il 20%, allora i seggi di Monti a Palazzo Madama potrebbero non essere risolutivi per il governo Bersani".

Ieri Pier Ferdinando Casini ha detto cosa accadrebbe in caso di pareggio: "Se non c'è una maggioranza, il dialogo è necessario. Il dialogo per me in politica è sempre necessario, anche se la pensiamo diversamente, anche se siamo contrapposti. Però debbo dire che prima di andare a rivotare, bisogna rifletterci bene e comunque oggi non è il momento di parlare di rivotare".

Per il leader dell'Udc, il rapporto del centro montiano con il centrosinistra nell'eventualità del pareggio sarebbe insomma dettato dal realismo. E' improbabile che Bersani e Monti opterebbero per lo scioglimento delle Camere, oltretutto con la partita per il Quirinale alle porte.

 Ecco allora che torna attuale l'idea di un governo che in due anni - usando l'articolo 138 della costituzione - possa rifare la legge elettorale, ridurre il numero dei parlamentari, cambiare le funzioni del Senato e poi chiedere agli italiani di riandare alle urne. Lo dice apertamente Fini: "Se dopo il voto non ci sarà una maggioranza, non ha senso dire ci mettiamo d'accordo con Berlusconi contro Bersani oppure con Bersani contro Berlusconi. Ha molto piu' senso dire quali sono le quattro o cinque cose urgenti, concrete da fare per riformare il paese e su quelle cose concrete costruire un'alleanza per le riforme".

Pier Luigi Bersani ostenta sicurezza, afferma che il recupero di Silvio Berlusconi nei sondaggi è "un fatto marginale", e non può dire altrimenti perché l'abc di ogni campagna elettorale è mostrarsi ottimisti. Ma ricandidatura di Berlusconi, alleanza PdL-Lega in Lombardia, scandalo Mps, salita in politica di Monti, Lista Ingroia, espansione del Movimento 5 Stelle, difficoltà di Sel sono tutti fattori che negli ultimi mesi hanno rimesso in discussione una vottoria annunciata che pochi mesi fa sembrava indiscussa e indiscutibile. Al quartier generale democratico sono in molti a spuntare con preoccupazione i dati che arrivano giornalmente. L'argine a sinistra di Sel funziona poco, stando alle rilevazioni statistiche, 'Rivoluzione civile' rosicchia voti, pochi per permettere ad Antonio Ingroia di avere un peso significativo in Parlamento, ma abbastanza da indebolire Nichi Vendola e il centrosinistra. La stessa lista Monti, peraltro, non decolla e la partita al Senato è più che mai complicata.

Non a caso il leader democratico continua a mettere paletti al confronto con il Centro, che mette tanto in difficoltà Sel: "Siamo pronti al dialogo, ma non ad ogni prezzo".

Gli ammiccamenti a Mario Monti fanno saltare i nervi a Nichi Vendola, sotto pressione perché i sondaggi non sono rassicuranti. Il leader di Sel, ieri, ne ha parlato preoccupatissimo durante una riunione del gruppo dirigente del partito: per Vendola sarebbe meglio rimandare a dopo il voto il dialogo con i centristi, adesso ci sono da vincere le elezioni e si rischia di non riuscirci sbandierando troppo l'ipotesi di un rapporto con il Centro.
 Insomma, una "campagna difficile", come dicono molti dirigenti Pd che non nascondono la preoccupazione. Certo, i democratici sono pur sempre in vantaggio e come c'è stato l'effetto primarie sulle rilevazioni di dicembre, ora ci può essere una sopravvalutazione di Berlusconi dovuta all'overdose di interviste del Cavaliere. La situazione, però, ormai è chiaro a tutti, si è fatta più complicata.