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Carceri: Sdr, nel 2012 a Cagliari 35 detenuti sardi senza colloqui

“La condizione detentiva rivela una Sardegna povera, dove purtroppo anche la solidarietà sociale è in profonda crisi. Basti pensare che nel 2012 nell’Istituto Penitenziario di Buoncammino ben 35 cittadini sardi privati della libertà, tra cui una donna, non hanno fatto alcun colloquio con i familiari e/o parenti. Ciò significa che queste persone vivono affettivamente deprivate e sono profondamente sole. Il dato è allarmante se si considera anche l’alta percentuale di detenuti extracomunitari che non effettuano colloqui perché lontani dalla famiglia”.

Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, osservando che “la presenza nelle strutture detentive di persone abbandonate dai parenti per diverse cause, non ultima le disagiate condizioni economiche, rende l’esperienza carceraria un profondo trauma in grado di generare gesti autolesionistici”. Il monitoraggio effettuato dalla Direzione del carcere, particolarmente attenta ai bisogni dei nullatenenti, mostra una situazione preoccupante che accresce la gravità del sovraffollamento.

"I detenuti privi di relazioni affettive stabili, che quindi non fruiscono di colloqui, raramente  – sottolinea Caligaris –  riescono a fare qualche telefonata, anche perché senza mezzi economici. Si tratta di persone che destano particolare preoccupazione tra gli Agenti, gli Educatori e gli Psicologi. Spesso sono schive e silenziose e non formulano richieste, in altri casi invece richiamano l’attenzione con gesti clamorosi, apparentemente inspiegabili. Sono la testimonianza di quanto sia cambiata nel tempo la tipologia del detenuto isolano e confermano l’alta percentuale di disagio sociale dentro le carceri”.

 “L’anno scorso Buoncammino ha raggiunto il massimo storico di sovraffollamento e ha registrato anche questa alta quota di disagio. Ai 35 sardi devono essere aggiunti altri sette detenuti che hanno fatto un solo colloquio nell’intero anno e sei che hanno incontrato i parenti due volte. L’assenza di rapporti affettivi frequenti – conclude Caligaris – rende ancora più importante la presenza dei volontari nelle strutture penitenziarie. Le nuove strutture appena inaugurate o in fase di allestimento, per la lontananza e quindi la difficoltà a raggiungerle, rischiano di cancellare l’apporto di quanti con spirito solidale offrono occasioni per condividere il disagio della privazione della libertà”. Com

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