Circa due milioni di euro posti sotto sequestro nei conti correnti personali nonché alcuni immobili, ubicati tra Mantova e la provincia di Pistoia, è il risultato di un’operazione effettuata dal Gruppo della Guardia di Finanza di Cagliari al termine di una complessa attività che ha visto coinvolto tre imprenditori ed un liquidatore della Macar Srl di Villacidro.
Si tratta di Claudio Conforti di Mantova, Mauro Cei, di Montecatini, Francesco Elias Sanna, di Cagliari ed il liquidatore Humberto Pilinsky di Mantova ora indagati, i primi tre, per l’ipotesi di truffa aggravata ai danni dello stato per l’illecita percezione di contributi co-finanziati con l’unione Europea nonché, per tutti, quella di bancarotta fraudolenta.
La genesi della vicenda ripercorre il classico finanziamento ai fondi statali ottenuti grazie all’utilizzo di fatture “false” che hanno permesso, alla società, di far confluire nelle sue casse le somme destinate alla realizzazione dello stabilimento.
A tali conclusioni sarebbero giunte le indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Cagliari affidate al Gruppo della Guardia di Finanza di Cagliari e confermate dal GIP del capoluogo con l’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo “per equivalente” e dell’interdizione temporanea, per i primi tre soggetti, qualsiasi carica direttiva e imprenditoriale.
Secondo la ricostruzione investigativa, gli amministratori della società di Villacidro che si occupava di lavorazione e rivendita di carciofi sott’olio, al fine di ottenere il massimo importo finanziabile avrebbero predisposto una serie di documenti contabili e fiscali attestanti l’acquisto di macchinari con costi superiori per la realizzazione dell’opera.
Per la concretizzazione dell’intera linea di produzione gli amministratori a vario titolo si sono avvalsi di due società estere operando una cosiddetta “triangolazione internazionale” permettendo così di gonfiare i reali costi dei macchinari fino al 300% rispetto a quelli di mercato, venduti originariamente da un impresa di origine spagnola che ha sua volta le avrebbe rivenduti ad una società Austriaca “fantasma”, per poi giungere in Italia.
Durante il periodo pre-fallimentare i finanzieri hanno scoperto e impedito l’ultimo atto del disegno criminoso: proprio gli stessi macchinari stavano per essere imballati e caricati su dei container con destinazione Egitto.
Le indagini e gli accertamenti hanno avuto efficacia grazie alla cooperazione giudiziaria diretta tra la Gdf ed il centro di coordinamento di Polizia Europea e le autorità Austriache e Spagnole.
Gli indagati ora rischiano la confisca definitiva dei beni sequestrati.





