“E’ ulteriormente aumentato il numero di stranieri nella Colonia Penale di Mamone, in provincia di Nuoro, che vanta un’estensione territoriale di circa 2.700 ettari. L’arrivo di altri 17 cittadini privati della libertà ha portato l’indice al 93% (aveva raggiunto l’88% a ottobre). Il nuovo record nazionale di stranieri però non ha migliorato le condizioni di vita dei detenuti che purtroppo, a fronte di un alto numero di presenze, non possono avere garanzie di lavoro adeguate nonostante i programmi di valorizzazione delle produzioni agricole”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’Associazione Socialismo Diritti Riforme sottolineando che “i soldi per il finanziamento delle attività lavorative straordinarie e comuni sono insufficienti e la maggioranza dei ristretti è costretta a rimanere per lungo tempo inattiva nei cameroni”.
“La Sardegna – sottolinea Caligaris – è l’unica regione italiana con tre colonie penali e quindi con il più alto indice di terreni destinati a servitù penitenziaria. I cittadini privati della libertà che stanno scontando il residuo di pena all’aperto sono prevalentemente marocchini, tunisini e rumeni. Il dato appare ancora più significativo se si considera che per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con i dati aggiornati al 30 settembre 2012, i detenuti stranieri costituiscono complessivamente il 36% dei reclusi nei 206 Istituti della Penisola. Al secondo posto della graduatoria nazionale si colloca un’altra colonia penale sarda quella di Is Arenas con il 78%”.
“Una così massiccia presenza di stranieri – rileva la presidente di SDR – è un ulteriore segnale inequivocabile di come il Dipartimento non rispetti il principio della territorialità della pena. La maggior parte dei cittadini comunitari ed extracomunitari vengono trasferiti dal Continente, principalmente dall’Italia settentrionale dove spesso risiedono familiari o dove hanno creato relazioni sociali con conterranei. A conclusione della pena rischiano quindi di non trovare più le persone con le quali avevano convissuto con negativi effetti di disadattamento. La netta superiorità numerica di cittadini prevalentemente islamici genera inoltre talvolta reciproca insofferenza con attriti non sempre controllabili al punto che alcuni detenuti sardi rinunciano alla colonia penale. Anche il cappellano spesso si ritrova a celebrare la Messa domenicale con pochi fedeli. A determinare il più profondo malessere è però la scarsità dell’attività. A parte alcune borse-lavoro infatti la cassa delle ammende è praticamente vuota e quindi anche nelle colonie è stato necessario – conclude Caligaris – organizzare le turnazioni con lunghi periodi di riposo forzato che generano ancora più profondi malesseri e tensioni”.