"E' un sequestro molto singolare, anche se credo non si possa trarre al momento alcuna conclusione". Gaetano Pecorella, appena uscito dal Pdl, dice la sua ad Agorà, su Rai Tre, il giorno dopo le rivelazioni sul rapimento lampo di Giuseppe Spinelli, il ragioniere legato a Silvio Berlusconi. "E' la prima volta che vedo un sequestro che avviene in casa - continua Pecorella - nel centro di una città, dove i sequestratori offrono qualcosa in cambio del pagamento del riscatto".
"E ovvio che è una cosa strana e quindi la magistratura dovrà fare le sue indagini e approfondisca ma non si può partire dal pregiudizio che è colpa di Berlusconi - dice invece il sindaco di Roma Gianni Alemanno - Ci sarà qualcosa in cui Berlusconi non è colpevole, no?".
Niccolò Ghedini, l'avvocato di Berlusconi, lo esclude: "Caspita, ma stiamo scherzando? Ma se hanno arrestato sei persone... E poi che interesse poteva avere il povero Spinelli a fingere un sequestro?". In un'intervista alla Repubblica Ghedini spiega: "E' una vicenda semplice, senza dietrologie. Un sequestro vero. Uno non rischia vent'anni per una messinscena. Se vuoi fare il trappolone costruisci un finto dossier, glielo mandi, lo fai cadere nella rete, invece qui le carte non sono mai venute fuori".
Sull'intervallo di tempo dal sequestro alla denuncia, Ghedini racconta: "Io ho parlato la prima volta con Spinelli e ho capito che era sotto costrizione. L'ho detto a Berlusconi. Gli abbiamo chiesto di venire ad Arcore. Risponde che non può. Insistiamo. Ci vediamo tra le 12 e l'una. Non ci svela che è successo durante la notte. Lo rivedo da solo il giorno dopo e finalmente mi racconta il sequestro. Gli dico: 'Bisogna andare subito in procura'. Berlusconi fa altrettanto. Spinelli esita, è sotto shock, vuole tornare a casa. Solo allora si convince e io chiamo Bruti Liberati".
Spinelli aveva cercato di convincere Silvio Berlusconi "che conveniva pagare" i suoi rapitori per ottenere il filmato di una presunta cena tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e i magistrati che si sono occupati del Lodo Mondadori. Video che garantiva come "autentico" e era stato offerto come uno dei documenti che "avrebbero danneggiato De Benedetti" e permesso di ribaltare la causa sulla cosiddetta 'guerra di Segrate' per cui in secondo grado Fininvest ha dovuto versare 560 milioni di euro a Cir.
Lo ha raccontato in un lungo verbale lo stesso Giuseppe Spinelli, vittima di un sequestro lampo da parte di sei malviventi che avrebbero voluto usarlo come intermediario per far avere all'ex capo del Governo documenti 'scottanti' in cambio di 35 milioni di euro, il 6% della cifra che il Gruppo deve sborsare per il Lodo.
Spinelli, che, con la moglie Anna Rasconi, è stato aggredito nella sua casa di Bresso la sera del 15 ottobre e per 11 ore circa è rimasto nelle mani dei rapitori, la mattina seguente, non appena liberato, non ha dato l'allarme alle forze dell'ordine (come era successo per due episodi sospetti accadutigli tra il 30 settembre e il 2 ottobre), ma si è recato ad Arcore per rincasare attorno alle tre del pomeriggio e poi andare a dormire altrove "per ragioni di sicurezza". In quegli attimi Spinelli era "terrorizzato" come la moglie che temeva "portassero via". Con lei che ad un certo punto ha cominciato a sgranare il rosario e a pregare, e lui con la bocca che perdeva sangue e gli occhiali rotti per l'aggressione sul pianerottolo del loro appartamento. Una nottata da incubo segregati in balia prima di due, poi di tre carcerieri: "il terzo uomo" da lui ritenuto il "capo", con ai piedi "scarpe da ginnastica di colore rosso con le stringhe nere", è piombato infatti alle due di notte.
Ed è stato proprio il "capo", come ha raccontato Spinelli il 18 ottobre scorso al procuratore aggiunto Ilda Boccassini e al Pm Paolo Storari, che gli riferì di una cena in cui "Fini avrebbe parlato ai magistrati pregandoli di aiutarlo a mettere in difficoltà Berlusconi e che per questo gli sarebbe stato grato per tutta la vita". Gli mostrò anche "un foglio A4, un po' ingiallito e sgualcito, - ha proseguito il ragioniere - si vedeva che era stato piegato" su cui c'era scritto "in alto Lodo Mondadori, De Benedetti, l'indicazione di due avvocati di cui una donna, i nominativi dei magistrati di primo grado il dottor Forno, questo nome me lo ricordo bene", quelli di secondo grado tra cui "il nome di un presidente e un giudice a latere" e "una cena di Fini con magistrati", nominativi che "per quello che ricordo erano gli stessi indicati nel primo e secondo grado, il nome che ricordo era quello di Forno..."'.
Il "terzo uomo" posò pure "sulla testata del divano (...) una chiavetta e un Dvd dicendomi - recita sempre il verbale- che in questi supporti informatici c'erano sette ore e quarantuno minuti di registrazione di cose che avrebbero danneggiato De Benedetti sempre in relazione al Lodo Mondadori". E sebbene il foglietto se lo sia intascato il "capo" e Dvd e chiavetta Usb non siano stati da lui visionati, il ragioniere la mattina dopo, poco prima delle 8, racconta che al telefono "mi spesi molto con il Cavaliere Berlusconi dicendo che si doveva fidare di me, che quello che avevo visto era valido e che conveniva pagare per ottenere questo filmato". E si era speso anche con Niccolò Ghedini, lo storico avvocato del leader del Pdl, che lo aveva chiamato poco dopo, affinché‚ venisse versato subito "un piccolo anticipo", venisse pagato "qualcosa".
Tentativi franati quando sia Berlusconi sia Ghedini, prima di qualsiasi mossa, hanno chiesto di vedere quel materiale, verificarne l’ “autenticità”, per fare tutto "alla luce del sole", con un "regolare contratto". Quindi la liberazione e la corsa di Spinelli non da carabinieri o polizia, ma ad Arcore, dove si trovava la sera precedente, prima del sequestro lampo.