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Nuovo carcere Cagliari: Sdr, operativo soltanto nel 2014

 “La data di consegna del nuovo carcere di Cagliari, prevista a dicembre 2013, significa che l’entrata a regime dell’Istituto di Uta avverrà nell’anno successivo. Un tempo infinito per chi vive in condizioni di sovraffollamento e con la prospettiva di continuare a trascorrere 22 ore chiuso in una gabbia”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” avendo appreso che nella relazione alla Presidenza della Repubblica dell’Ufficio Tecnico per l’Edilizia Penitenziaria “la nuova Casa Circondariale del capoluogo di regione sarà l’ultima, tra le quattro previste in Sardegna, ad essere consegnata dal Ministero delle Infrastrutture a quello della Giustizia”.

“Di norma – sottolinea Caligaris – dalla consegna dell’edificio alla sua effettiva operatività trascorre circa un altro anno. E’ vero che è possibile ridurre i tempi razionalizzando le operazioni di allestimento ma purtroppo, come insegna l’esperienza di Oristano-Massama, affrettare troppo i lavori comporta poi spesso il dover affrontare e risolvere altri problemi quali quelli della viabilità e dei collegamenti. Per la struttura di Uta, come l’associazione SDR ha sottolineato più volte, occorre agire da subito con una conferenza dei servizi. Il nuovo Istituto cagliaritano infatti è destinato ad accogliere un numero di cittadini ristretti superiore di circa 200 unità rispetto al vecchio Buoncammino.  Sono infatti previsti 550 posti mentre nell’ottocentesco istituto, nel rispetto della quota regolamentare stabilita dal Dipartimento, potevano essere recluse 345 persone”.

 “La questione non è trascurabile – evidenzia la presidente di SdR – perché occorre adeguare il personale. Il tema della sicurezza solo in parte può essere risolto con l’uso delle cellule fotoelettriche, delle telecamere e dell’informatica. Gli Agenti di Polizia penitenziaria in servizio non possono essere trasformati in tastieristi ma ciò che emerge è l’impossibilità per gli educatori, gli psicologi e i diversi operatori penitenziari di poter far fronte con l’attuale contingente alle necessità dei reclusi. E’ noto infine che un numero così elevato di persone ristrette, con un’alta percentuale di anziani, non può essere affidato solo ai sanitari dell’annesso centro clinico. La dislocazione dell’Istituto richiede particolare attenzione per i tempi di percorrenza verso un ospedale in caso di emergenza”.

 “Forse è stato scongiurato il pericolo di un’incompiuta, ma per com’è nato e cresciuto- conclude Caligaris – il carcere di Uta appare ancora oggi un concentrato di questioni irrisolte.