"C'è una "evidente incapacità" dell'attualesistema di welfare a farsi carico delle nuove forme di povertà, delle nuoveemergenze sociali derivanti dalla crisi economico-finanziaria. E' quantodenuncia Caritas Italiana nel suo Rapporto sulla povertà 2012, reso noto oggi.
Negli ultimi 3 anni, dall'esplosione della crisi economica,c'è stata un'impennata degli italiani che si sono rivolti ai Centri Caritas eche ormai sono il 33,3%. Aumentano casalinghe (+177,8%), anziani (+51,3%) epensionati (+65,6%).
Il Rapporto, che per la prima volta quest'anno è statorealizzato interamente dalla Caritas senza il supporto tecnico-scientificodella Fondazione Zancan, si basa essenzialmente sulle persone che nel corso del2011 - e per alcuni aspetti anche nei primi sei mesi del 2012 - ai sono rivolteai Centri di ascolto promossi dalle Caritas diocesane italiane che hannoaderito alla rete di rilevazione online avviata da Caritas Italiana, 191 su untotale di 2.832.
A livello complessivo, si conferma - come negli anni scorsi- la presenza di una quota maggioritaria di stranieri rispetto agli italiani(70,7% contro 28,9% nel 2011), ma questi ultimi sono aumentati in misuraesponenziale negli ultimi due anni (nel 2009 erano il 23,1%) e del 15,2% tra il2011 e i primi sei mesi del 2012, quando hanno raggiunto il 33,3%.
La maggiore incidenza degli immigrati raggiunge valorimassimi nel Centro e Nord Italia, mentre, a causa di un elevato numero dipoveri italiani, appare più bassa nel Mezzogiorno. Povertà economica, lavoro ecasa i principali bisogni per i quali si è chiesto aiuto alla Caritas.
Gli interventi perfornire beni materiali per la sopravvivenza sono aumentati, nei primi sei mesidel 2012, del 44,5% rispetto al 2011.
Secondo il rapporto, la richiesta di aiuti economici aicentri diocesani (dati 2011) è molto più diffusa tra gli italiani (20,4%)rispetto a quanto accade fra gli stranieri (7,4%). Questi ultimi, invece,chiedono più lavoro (17% contro 8,9% italiani) e soprattutto più orientamento(13,4% contro il 3,6%).
Secondo i curatori del rapporto, la richiesta di sussidieconomici è più alta fra gli italiani a causa dell'età media più anzianarispetto agli immigrati e alla conseguente maggiore diffusione di disabilità oaltre patologie tra i nostri connazionali. Quanto agli aiuti erogati daiCentri, si confermano al primo posto beni e servizi materiali, sia neiconfronti degli italiani che degli stranieri, mentre i sussidi economiciforniti ancora una volta riguardano molto più gli italiani (23,8%) che gliimmigrati (6,9%). Un dato che si spiegherebbe con il peggioramento dellecondizioni economiche dei nostri connazionali.
Diversi i limiti evidenziati nel sistema di welfare: ladispersione delle misure economiche su un gran numero di provvedimentinazionali, regionali, locali, gestiti da enti e organismi di diversa natura,senza un coordinamento complessivo; l'estremo ritardo con cui vengono attivatele misure di sostegno economico, soprattutto quelle legate alla perdita dellavoro e alla perdita di autonomia psico-fisica; l'estrema varietà nelladefinizione del livello di reddito della famiglia, necessario per poterusufruire di determinate prestazioni; il forte carattere categoriale di granparte delle misure di sostegno economico o di agevolazione tariffaria deglienti locali: le soglie e i criteri di accesso alle varie opportunitàassistenziali sono estremamente diversificate, creando dei vicoli ciechi spessodifficili da prevedere all'avvio dell'iter di richiesta della misura.
Infine, il progressivo restringimento delle disponibilitàfinanziarie nel settore socio-assistenziale sta determinando la chiusura o lanegazione repentina dei diritti ad una serie di fasce sociali che, fino a pocotempo fa, beneficiavano dell'intervento. L'effetto complessivo, sottolinea ilrapporto, e' quello di "un vero e proprio percorso a ostacoli, dotato diirrazionale logica, in cui la presenza di barriere e veti incrociati rendequasi impossibile l'esigibilità dei diritti e la fruizione tempestiva delservizio, anche in presenza di oggettive situazioni di bisogno".
Oltre 6 milioni di pasti erogati in un anno, pari a unamedia di 16.514 al giorno, nelle 449 mense sparse su tutto il territorionazionale: sono i numeri del 2011 della Caritas, che danno un'idea del fenomenodelle persone, in Italia, che non riescono a soddisfare in modo autonomo unbisogno fondamentale come è quello alimentare.
Tante le cifre sui servizi offerti dalla Caritascontenute nel Rapporto povertà 2012 dell'organismo pastorale della Cei: 27.630i volontari sparsi nelle Caritas diocesane e 2.832 i Centri di ascolto che sifanno carico di un vasto bisogno sociale di persone e famiglie, italiane estraniere.
Quasi 5 mila i servizi socio-assistenziali e le attività dicontrasto alla povertà realizzate dalla Chiesa in Italia e più di 3.500 icentri di distribuzione di beni primari (cibo, vestiario, etc.) nelle diocesi.Ed è interessante anche notare come le Caritas diocesane abbiano istruito3.897 pratiche per il "Prestito della speranza", un'iniziativaanticrisi promossa da Caritas e Abi (associazione delle banche).
Oltre 26 milioni di euro la cifra complessiva richiesta. Male diocesi italiane hanno promosso anche altri 985 progetti anti-crisi, di cui137 nell'ambito del micro credito per le famiglie e 61 in quello per leimprese.
La povertà riguarda sempre meno gli emarginati e isenza casa
Chi si rivolge ai centri Caritas non è necessariamente un emarginato o unbarbone. Da due anni e mezzo ormai diminuiscono in modo vistoso coloro che sidichiarano a reddito zero e vivono sulla strada.
A chiedere aiuto sono più le donne (53,4%), iconiugati (49,9%), le persone con un domicilio (83,2%). Calano i disoccupati(-16,2%), gli analfabeti (-58,2%) e le persone senza dimora o con graviproblemi abitativi (-10,7% nei primi sei mesi del 2012 rispetto al 2011), aconferma di una progressiva normalizzazione sociale dell'utenza Caritas chesempre meno coincide con la grave marginalità sociale.
Anche se la crisicontinua a mordere, in Italia comincia a esserci voglia di ripartire. Affiorala volontà di rimettersi in gioco, l'aspirazione a migliorare la propriasituazione. Lo testimoniano molte delle persone che si rivolgono ai CentriCaritas per chiedere aiuto, secondo quanto rileva il Rapporto povertà 2012dell'organismo pastorale della Cei.
Ai volontari dei centri non si chiedono più soltanto sussidieconomici, beni materiali o protezione per la notte, ma anche orientamento aservizi, riqualificazione professionale, formazione e recupero della scolaritàperduta. Purtroppo questo tipo di persone, che il rapporto definisce i"ripartenti", non trova sempre adeguato sostegno e riposta alla suadisponibilità a rimettersi in gioco.
Da un lato, l'età non gioca sicuramente a loro favore: lamaggior parte dei disoccupati che si rivolgono alla Caritas, oltre il 37% deltotale, è nella fascia dell'età adulta.
Inoltre, l'appiattimento verso il basso della qualitàdel mercato del lavoro provoca il fenomeno delle "false partenze":accettare un'offerta di lavoro non determina sempre la risoluzione daiproblemi, in quanto dietro un gran numero di offerte si celano situazioni dievidente sfruttamento, sotto-retribuzione, condizioni di lavoro al limite deldegrado, e così via.