Press "Enter" to skip to content

Film blasfemo su Maometto, venerdì di delirio.

A fuoco un fast food in Libano E' di un morto e 25 feriti il bilancio della violenta protesta che si e' svolta oggi a Tripoli, seconda città del Libano, contro il film 'blasfemo' sul profeta Maometto prodotto negli Usa. Lo riferisce la tv satellitare al-Arabiya, secondo la quale la polizia era riuscita a disperdere la manifestazione di circa 300 persone, sparando colpi in aria, ma poco dopo i manifestanti sono tornati a radunarsi. Nelle proteste, e' stato dato alle fiamme un ristorante della catena americana Kentucky Fried Chicken

Alcune centinaia di persone hanno dato fuoco a un locale della catena di ristorazione americana Kentucky Fried Chicken (Kfc) di Tripoli, principale porto nel nord del Libano, in segno di protesta per la realizzazione di un film considerato offensivo dell'islam e del profeta Maometto. Lo riferisce la TV libanese Lbc.

L'esercito, riferisce la radio Voce del Libano, ha costituito un cordone di sicurezza intorno all'area degli incidenti per evitare che si diffondano e la situazione si è ora calmata. Alcune centinaia di manifestanti avevano dato alle fiamme un ristorante Kentucky Fried Chicken e poi avevano cercato di attaccare il locale palazzo governativo, il Serraglio. La televisione libanese al Jadid riferisce che 18 agenti di polizia sono rimasti feriti nel respingere questo secondo attacco.

I manifestanti hanno appiccato un incendio contro il compound dell'ambasciata tedesca a Khartoum, in Sudan. Le immagini trasmesse dalla tv satellitare al-Jazeera mostrano le fiamme a ridosso della sede diplomatica, con una colonna di denso fumo nero che la avvolge. In precedenza i manifestanti avevano attaccato anche l'ambasciata britannica.
Per disperdere le proteste scatenat e dal film blasfemo su Maometto, la polizia ha usato i lacrimogeni.

Sono proseguiti in nottata e nelle prime ore della mattina gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine nella zona adiacente l'ambasciata Usa al Cairo, soprattutto nella strada che dal quartiere diplomatico porta a piazza Tahrir. I manifestanti hanno lanciato sassi e pietre ai quali le forze dell'ordine hanno risposto con lancio di lacrimogeni.

 La polizia egiziana è riuscita a tenere i dimostranti lontano dalla sede diplomatica. La diffusione del film su Maometto ha provocato proteste in diversi Paesi e le sedi americane sono state attaccate in Egitto, Libia e Yemen. Il caso della Libia, dove sono stati uccisi quattro diplomatici americani tra cui l'ambasciatore Chris Stevens.

Sedi diplomatiche americane in allerta anche oggi, dunque: oltre 50 ambasciate e consolati degli Stati Uniti hanno diffuso avvisi per i cittadini americani, che mettono in guardia dal rischio che le manifestazioni sfocino in violenza. La Casa Bianca teme nuovi disordini. Le sedi diplomatiche americane sono state attaccate finora in Egitto, Libia e Yemen, ma proteste contro il film 'Innocence of Muslims' si sono tenute anche in Iran, Iraq, Bangladesh e a Gaza.

"Il discorso più generale su quello che è successo in Medio Oriente e in Africa del Nord, è che siamo di fronte a democrazie nuove. In Egitto questa è forse la prima democrazia da 7.000 anni, un'autentica democrazia, dove il popolo ha potuto dire la sua; non hanno tradizioni di società civile, non hanno alcuni degli aspetti importantissimi della nostra democrazia, e li svilupperanno pian piano: lungo questo percorso ci saranno momenti travagliati, è una cosa che bisogna capire. Ma il messaggio che abbiamo trasmesso agli egiziani, ai libici e a tutti gli altri è che ci sono certi valori su cui insistiamo, in cui crediamo, e sicuramente ci aspettiamo che la sicurezza dei nostri cittadini e la protezione dei diplomatici in questi Paesi sia garantita: perciò analizzeremo tutti gli aspetti del modo di operare delle nostre ambasciate in quelle aree".

"Non li consideriamo alleati, ma non li consideriamo nemici. In Egitto c'è un nuovo governo che sta cercando di trovare la sua strada, che è stato eletto democraticamente. Sono del parere che dobbiamo stare a vedere quale risposta daranno a questo incidente, che atteggiamento assumeranno, ad esempio, rispetto al mantenimento del trattato di pace con Israele.

Finora quello che abbiamo visto è che in alcuni casi hanno detto e fatto le cose giuste, in altri casi hanno reagito a diversi eventi in un modo che forse non collima con i nostri interessi: penso quindi che la situazione sia ancora in evoluzione, ma sicuramente in questo caso ci aspettiamo che diano risposte alle nostre insistenze sulla necessità di proteggere l'ambasciata e il personale diplomatico degli Stati Uniti, e se faranno delle cose che indicano che non si stanno facendo carico di queste responsabilità, come fanno tutti i Paesi dove abbiamo una rappresentanza diplomatica, penso che sarà un grosso problema".

Incalzato dai media, ieri sera, il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha sostenuto che "formalmente il presidente, in termini legali e diplomatici, e' stato corretto", visto che, "non abbiamo né un trattato di alleanza né uno di difesa comune con l'Egitto, come abbiamo, per esempio, con gli alleati della Nato".

Un'arrampicata sugli specchi, perché, se presa alla lettera, l'argomentazione significherebbe che gli Stati Uniti hanno solo 27 alleati, ossia i membri dell'Alleanza Atlantica. In questo modo Paesi come Israele e Arabia Saudita, solo per citarne alcuni, cadrebbero in un limbo formale che non risponde alla realtà delle relazioni privilegiate con gli Usa.

Da parte sua il dipartimento di Stato ha prima apparentemente contraddetto il presidente ribadendo che l'Egitto "resta un alleato". Poi, messa alle strette, la portavoce Victoria Nuland si è trincerata dietro una sorta di 'no comment': "Non è mio compito analizzare le parole del presidente", ha detto.

 Ce n'è abbastanza per consentire a Mitt Romney un'intervista alla Abcnews tutta giocata all'attacco per demolire la politica estera di Obama. Anzi, alla luce delle precisazioni della Casa Bianca sulla nota dell'ambasciata USA a Il Cairo, "quello che ho detto - dice Romney - è esattamente la stessa conclusione a cui è giunta dopo la Casa Bianca: la dichiarazione non era appropriata".

In realtà, in un esercizio spericolato di marketing elettorale, Romney si è spinto oltre, additando Obama come 'mollaccione' per aver chiesto addirittura scusa agli islamici per un film su Maometto. Romney ha anche accusato il presidente di simpatizzare in questo modo con i manifestanti. Ma un po' tutta la stampa liberal, nelle ultime ore, fa notare come la nota nella quale l'ambasciata USA condannava il film come oltraggioso è stata rilasciata alcune ore prima degli attacchi e delle manifestazioni a Il  Cairo. Stephanopoulos, il giornalista di Abcnews, ha chiesto allora a Romney se pensa davvero che Obama simpatizzi con i rivoltosi: "Beh - è stata la risposta studiata del candidato repubblicano - penso che la dichiarazione è stata una dichiarazione non appropriata. E a quanto pare la Casa Bianca la pensa allo stesso modo".

Esplode la tensione al Cairo, dove è in corso una fitta sassaiola tra manifestanti e forze dell'ordine di fronte all'ambasciata americana. Centinaia di persone protestano davanti l'ambasciata, dove le forze di sicurezza hanno allestito un muro di blocchi di cemento alto 3 metri. La polizia risponde anche con il lancio di lacrimogeni.