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Ricatto con le intercettazioni, il Quirinale: “Falsi, torbida manovra destabilizzante”

Il presidente del Consiglio Mario Monti ha espresso al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel corso di un colloquio telefonico, "la piena e profonda solidarietà sua personale e dell'intero governo, di fronte alle inaccettabili insinuazioni comparse sulla stampa. Si è di fronte con tutta evidenza a uno strumentale attacco contro la Personalità che costituisce il riferimento essenziale e più autorevole per
tutte le istituzioni e i cittadini. Ci si deve opporre a ogni tentativo di destabilizzazione del Paese, inteso a minare in radice la sua credibilità.

Il Paese - afferma il premier - saprà reagire a difesa dei valori costituzionali incarnati in modo esemplare dal presidente Napolitano e dal suo impegno instancabile al servizio esclusivo della Nazione e del suo prestigio nella comunità internazionale".

"La pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter 'ricattare' il Capo dello Stato" è "risibile". E' quanto si legge in una nota del Quirinale che respinge con forza "ogni torbida manovra destabilizzante", in riferimento all'ultimo numero del settimanale Panorama, che ha pubblicato le ultime indiscrezioni sulle intercettazioni che riguardano Giorgio Napolitano. La "campagna di insinuazioni e sospetti" nei confronti del Presidente della Repubblica - si legge nella nota del Quirinale - ha raggiunto un nuovo apice con il clamoroso tentativo di alcuni periodici e quotidiani di spacciare come veritiere alcune presunte ricostruzioni delle conversazioni intercettate tra il Capo dello Stato e il senatore Mancino. Alle tante manipolazioni si aggiungono, cosi', autentici falsi. Il Presidente, che non ha nulla da nascondere ma valori di liberta' e regole di garanzia da far valere, ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi in termini di principio sul tema di possibili intercettazioni dirette o indirette di suoi colloqui telefonici, e ne attende serenamente la pronuncia. Quel che sta avvenendo, del resto, conferma l'assoluta obbiettività e correttezza della scelta compiuta dal Presidente della Repubblica di ricorrere alla Corte costituzionale a tutela non della sua persona ma delle prerogative proprie dell'istituzione. Risibile perciò è la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter "ricattare" il Capo dello Stato. Resta ferma la determinazione del Presidente Napolitano di tener fede ai suoi doveri costituzionali. A chiunque abbia a cuore la difesa del corretto svolgimento della vita democratica spetta respingere ogni torbida manovra destabilizzante".

Il Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura ha espresso, in una nota, "piena solidarietà al Presidente della Repubblica, oggetto da tempo di attacchi tanto infondati quanto strumentali". Il comunicato porta le firme del vice presidente del Csm Michele Vietti, del Primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo e del Procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani.

"Nel dare atto al proprio Presidente della assoluta correttezza dei suoi comportamenti in tutta la vicenda -si legge - oggetto, ancora di recente, di pretese rivelazioni giornalistiche, il Comitato di Presidenza ricorda in particolare che le conversazioni intercettate non sono nella disponibilità del Capo dello Stato sia perché ancora sottoposte a segreto di indagine che certo non si potrebbe istigare a violare, sia perché oggetto del conflitto di attribuzioni sollevato dinnanzi alla Corte Costituzionale che ne deve decidere liberamente il destino, sia perché la loro riservatezza attiene direttamente alle prerogative istituzionali e non personali del Presidente della Repubblica".

"Pertanto -conclude la nota del Comitato di Presidenza del Csm- ogni appello a divulgare o a consentire la divulgazione delle intercettazioni sarebbe allo stato irricevibile".

"Nel tentativo di delegittimare il presidente della Repubblica, alcuni giornali fingono di avanzare 'ipotesi di scuola' che tanto somigliano alla verità. Ma finiscono per dare concretezza a un tentativo di ricatto". Nella premessa di Panorama, la chiave di lettura abbracciata anche dal pm palermitano Antonio Ingroia, mentre la polemica 'avviata' dalla campagna del Fatto Quotidiano viene rilanciata da Libero e Giornale e Antonio Di Pietro invita il capo dello Stato a rinunciare al conflitto di attribuzioni che oppone il Quirinale alla Procura di Palermo.

"In particolare, tra le persone oggetto delle discussioni fra il capo dello Stato e un amico di vecchia data come Mancino ci sarebbero stati Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo. Napolitano, in particolare, avrebbe espresso forti riserve sull'operato della Procura e sull'apparato mediatico che fiancheggia acriticamente le toghe siciliane. Anche su Di Pietro le confidenze telefoniche a Mancino non avrebbero risparmiato critiche. E' noto che l'ex pm e attuale leader dell'Italia dei Valori non goda di buona stampa nell'entourage del Quirinale per quel populismo giudiziario che da 15 anni condiziona gran parte del centro-sinistra, impedendo la crescita di una cultura garantista e riformista. E parole molto poco benevole con il ricorso a metafore assai lontane dal linguaggio ovattato proprio delle alte cariche istituzionali infine sarebbero state riservate anche a Berlusconi, al quale verrebbe addebitata la responsabilità di aver appannato l'immagine internazionale dell'Italia al punto da fare tirare un sospiro di sollievo dalle parti del Colle per la sua uscita di scena da Palazzo Chigi". "Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati - ha detto ieri sera il pm Ingroia parlando sul palco di Pontremoli - di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono. Sapeva con chi e cosa aveva detto, non escludiamo anche questo".

Ingroia ha ricordato che la Procura di Palermo deposito' le intercettazioni rilevanti e che "non vi era ombra di quelle di cui si sta parlando. Poi si seppe che alcune utenze telefoniche, fra le quali quelle di Mancino, erano state controllate. Uscì su Panorama l'indiscrezione. A quel punto i magistrati fecero intendere che quelle telefonate esistevano". L'articolo, dunque, non si basa su informazioni uscite dalla Procura di Palermo, sostiene Ingroia. "Qualora fossero corrispondenti al contenuto - ha spiegato - e questo va accertato, bisognerà accertare anche da chi sono uscite.

Sarebbe un gravissimo illecito, e la Procura di Caltanissetta dovrebbe accertare responsabilità, visto che fra i sospettati ci sarebbero anche magistrati di Palermo. Ma noi abbiamo la coscienza a posto, non abbiamo messo in giro le intercettazioni".

"Ma che cosa avrà detto l'uomo del Colle sui pm di Palermo? E davvero ha riservato a Berlusconi «commenti taglienti»? Come pure a Di Pietro? - è la domanda retorica di Libero - Le telefonate di Napolitano, dunque. Conversazioni intercettate fra il capo dello Stato e Nicola Mancino, ministro dell'Interno nel '92 e indagato per falsa testimonianza dalla Procura siciliana nell'inchiesta sulla cosiddetta "trattativa Stato-mafia" - quella che, secondo i magistrati, sarebbe stata intavolata proprio nel '92 fra boss e apparati dello Stato per il tramite di Marcello Dell'Utri, con i primi decisi a intimorire le istituzioni a suon di bombe e stragi, ed è stato chiesto il rinvio a giudizio per dodici fra boss e politici e generali dell'Arma.

Mancino è accusato di non aver detto tutto di quel che sapeva, dunque falsa testimonianza, e a inchiesta in corso telefonò più volte al Quirinale, parlando con il consigliere del presidente Loris D'Ambrosio e a lui esprimendo le sue preoccupazioni, fino a chiedere un intervento dello stesso Napolitano (D'Ambrosio è poi morto d'infarto lo scorso 26 di luglio)".

"A complicare il già complicato puzzle di parole, messe insieme in ordine sparso da Napolitano con Mancino - spiega il Giornale - ci sarebbero anche giudizi taglienti su alcuni magistrati siciliani e sull'apparato mediatico che fiancheggia acriticamente le toghe siciliane. E poi nel corso di quelle simpaticissime due o più conversazioni telefoniche tra Napolitano e l'amicone Mancino emergerebbe anche un'altra bella e sonora bocciatura del capo dello Stato. Nei riguardi di Antonio Di Pietro".

E ancora, scrive Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera il sito "Lettera 43 ha rivelato l'esistenza di una telefonata di Giorgio Napolitano alla Procura di Caltanissetta per 'perorare' la causa dell'applicazione all'inchiesta su via D'Amelio, dove morirono Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, dell'aggiunto di Milano Ilda Boccassini".

"Se è vero anche solo un decimo di quanto scrive Panorama nel numero in edicola da oggi, scoppierà un pandemonio. Chissà quante saette colpiranno il Quirinale, per altro da tempo coinvolto in polemiche velenose - scrive Vittorio Feltri nell'editoriale del Giornale - (...) Le intercettazioni riguardanti il Quirinale, in teoria, non dovrebbero essere mai divulgate in quanto coperte da segreto. Però il nostro è il Paese di Pulcinella, i cui segreti notoriamente non rimangono tali a lungo. Quindi aspettiamoci di leggere, una bella mattina, la riproduzione integrale, su un sito internet o su un quotidiano, di tutte le riservate conversazioni di Mancino con Napolitano".

Dal procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, intanto, arriva una prima smentita a quanto pubblicato proprio sul web da Lettera43 sulla telefonata allo stesso Lari dal Quirinale: "Smentisco categoricamente di avere ricevuto pressioni dal Quirinale sull'applicazione della collega Boccassini a Caltanissetta e, in generale, sulle indagini relative alla 'trattativa' condotte dal mio ufficio". Anzi, "da Napolitano - ha aggiunto Lari - ho ricevuto solo parole di incoraggiamento, sia in occasione delle commemorazioni, sia quando il presidente ha indicato gli organismi deputati a darci più mezzi per le indagini. E proprio le sue parole utilizzai per chiedere alla Dia più uomini per l'inchiesta".

"Credo che la pubblicazione sia una violazione al segreto istruttorio e se si tratta solo di una squallida denigrazione, è chiaro il tentativo di ricatto nei confronti del Presidente della Repubblica", commenta Antonio Di Pietro. "A questo punto - ha detto il leader dell'Idv a Marina di Grosseto per un dibattito - è sconcertante e credo che Napolitano farebbe meglio a dare l'autorizzazione perché queste carte possano essere lette e mi auguro prenda in mano al più presto la situazione e si tolga dall'imbarazzo di un ricatto".

Raggiunto da Rainews, il direttore del Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro, dice la sua: "Avevamo previsto che si arrivasse a questo. Siamo certi che Napolitano non abbia nulla da nascondere ma ora è tardi, i guai sono arrivati. Quello che scrive Panorama è sconcertante, anche perché le frasi riportaste possono essere vere o no... Ricatto al Quirinale? Il problema è che i ricatti nascono quando non c'è trasparenza. I giornali fanno il loro mestiere, chi rappresenta le istituzioni dovrebbe dire come stanno le cose per evitare questi veleni".

"E' una cosa primitiva, non consona ad una società liberale che le intercettazioni private vengano sbattute sulle pagine dei giornali". Così Pier Ferdinando Casini ha risposto a chi gli ha chiesto un commento sulla pubblicazione di indiscrezioni che riguardano le telefonate del Presidente Giorgio Napolitano.

 "Confermo che le telefonate intercettate non sono mai state trascritte. E d'altra parte non c'è bisogno di trascriverle per poterne conoscere e valutare il contenuto. Basta ascoltarle". Così il procuratore di Palermo Francesco Messineo risponde all'ex sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano.