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Il Senato dice sì all’arresto di Lusi che poi afferma: ‘Ho ancora molto da dire ai Pm’

L’ “incubo”, quello che lo insegue da mesi e che gli spezza il sonno ogni notte, si materializza alle sette di sera: quando l'aula del Senato vota Si alla richiesta di arresto nei suoi confronti. Centocinquantacinque senatori, esattamente il numero necessario per raggiungere il quorum, hanno votato per l'autorizzazione alla misura cautelare.

Lusi cede alla tenaglia che lo ha stretto tra il mancato voto segreto e la scelta del Pdl di lasciare l'Aula. Un modo per il partito di Alfano di uscire dall'impasse in cui si era ficcato, perorando la libertà di coscienza e, allo stesso tempo, rischiando di dover assumersi la responsabilità di un altro voto che, nel segreto dell'urna, avesse salvato Lusi dall'arresto.

Alimentando però i sentimenti anticasta di chi, come sintetizza lo stesso senatore, "evoca, strumentalmente, i 'forconi' della piazza per trovare un colpevole per tutte le stagioni".

E così, nemmeno un'ora e mezza dopo il voto, Luigi Lusi si costituisce ed entra in carcere a Rebibbia: "sto vivendo un incubo" confessa ai cronisti lasciando palazzo Madama. Lui chiede rispetto e promette battaglia: "non mi dimetto da senatore, combatterò e forse ci rivedremo qui a Natale". Perché "questo è un voto politico, è' il segno dei tempi" e non è detto che "non ci sia un giudice anche a Roma, oltre che a Berlino". E poi, sibillino fa sapere di non aver "detto tutto" alla magistratura, che "ci sono ancora approfondimenti da fare con i pubblici ministeri.

Se lo vogliono". Lui, che si ritiene una vittima sacrificale e che parla senza mezzi termini di "liste di proscrizione", e' il primo senatore a cadere vittima del voto palese su una richiesta di arresto. E della scelta del Pdl di lavarsene le mani di un problema che, dice Maurizio Gasparri, rischia di farli diventare "strumento di una regolazione di conti altrui". "Lasciamo la sinistra di fronte alle sue responsabilità " di votare per un loro ex parlamentare, dicono i vertici del partito al Senato.

Anche perché l'affaire Lusi stava rischiando di provocare seri problemi al Pdl, dopo che il vicecapogruppo Gaetano Quagliariello aveva ieri esplicitamente richiesto il voto palese e il ritiro delle firme a quanti avevano sottoscritto la richiesta di voto segreto. Molti dei senatori del Pdl, quindi hanno lasciato l'aula, altri sono restati per garantire il numero legale cosi' come la Lega, il cui atteggiamento e' stato notato dallo stesso Lusi. "'Se la Lega non avesse partecipato non ci sarebbe stato il numero legale" dice commentando il voto che non ha visto la partecipazione di Francesco Rutelli.

"Oggi ho ritenuto opportuno non parlare come accusatore politico, ne' votare, poiché rappresento la parte offesa" dice l'ex presidente della Margherita che è stato oggetto di alcuni cartelli di contestazione in Aula. "Rutelli parte civile, no, parte in causa" si è letto nei cartelli esposti tra i banchi del Pdl tra cui figurava anche una scritta: "Prima Lusi e poi li getti". Anche per l'ex tesoriere della Margherita, tuttavia, la solidarietà dei colleghi senatori stenta a manifestarsi. E quando il senatore finisce il suo intervento, la sua ultima difesa in Parlamento, nessuno dei colleghi si avvicina per stringergli la mano o per rivolgergli la parola.

Alla fine della giornata, tuttavia, sarà suonata amara per Lusi la riflessione di Gasparri: "Se ci fosse stato il voto segreto - ammette - noi saremmo stati qui a raccontarci un'altra storia". Una storia che per il presidente dei senatori Pdl "avrebbe provocato tensioni nel Paese" ma che avrebbe comportato un esito ben diverso per il senatore Lusi.