"L’idea che il Consiglio regionale, in modo carbonaro, si sia riunito notte tempo al solo fine di legiferare sui propri emolumenti è un segnale di quell’antipolitica che merita ben altre analisi e approfondimenti".
Lo sostiene l'assessore degli Affari Generali e delle Riforme, Mario Floris, ricordando che la legge approvata dall’Assemblea costituisce un atto dovuto proprio alla luce dell’esito referendario.
"Le indennità del Consiglio regionale sono previste dallo Statuto sardo che all’art. 26 recita: i consiglieri ricevono un’indennità fissata con legge regionale. Col referendum si è voluto modificare - aggiunge l'esponente della Giunta - le modalità di calcolo dell’indennità finora stabilita dall’Ufficio di Presidenza, e non certo abrogare la norma statutaria, che è legge di rango costituzionale. Senza dimenticare che anche la Carta fondante della nostra democrazia (art. 36 della Costituzione) fissa per tutti i lavoratori il diritto a un’'equa retribuzione'.
Si ipotizzava forse di bloccare l’attività del Consiglio regionale, privando i gruppi delle necessarie risorse umane ed economiche? La ricostruzione di certe scelte, a volte, è più semplice di quello che appare. Il Consiglio ha ritenuto in modo concorde di dotarsi di una normativa che ne consentisse la funzionalità e l’ha fatto nella prima occasione utile, dopo una giornata di intenso quanto aspro dibattito politico".
"Richiami a un non meglio precisato o presunto ‘tradimento dello spirito referendario”, potrebbe sottintendere - conclude Floris - un utilizzo improprio del legittimo strumento del referendum: quello di sostituirsi alla funzione, ruolo, prerogative, poteri e responsabilità dell’Assemblea legislativa sarda”. Com