Alla riunione d'emergenza si è arrivati nel modo peggiore possibile. Con Silvio Berlusconi che secondo alcuni sarebbe molto irritato per quello che giudica un gioco di sponda tra Renato Schifani e Angelino Alfano, culminato nella lettera del presidente del Senato al Foglio. L'ufficio di presidenza del Pdl convocato per oggi rischia di trasformarsi in una polveriera, dove una scintilla o una parola fuori posto sarà sufficiente a far esplodere un ambiente già provato da mesi difficilissimi.
Ieri sera l'ipotesi che andava per la maggiore, nel fortino di via dell'Umiltà, è che il Pdl possa tentare di uscire dall'angolo con un'arma di solito esclusiva prerogativa degli avversari del Pd: le primarie, da tenere fra settembre e ottobre.
Il partito è diviso non solo sulla strategia interna, ma anche sull'appoggio a Monti. Gli ex An minacciano lo strappo e il Cavaliere dovrà lavorare parecchio per convincere un'area sempre più critica nei confronti del Professore a sostenere ancora il governo. L'ipotesi è quella di uscire con un documento in cui ci sia una sorta di irrigidimento, di sostegno condizionato e a tempo. Ma la riunione del Parlamentino di palazzo Grazioli, nei piani di Alfano (nel Pdl c'è la convinzione che la lettera di Schifani sia stata concordata con l'ex Guardasigilli) è anche l'occasione per capire quanti sono disposti ad appoggiarlo.
Il segretario chiederà una 'fiducia' piena, una sorta di votazione sulla sua linea e vorrà un'investitura ufficiale per dare peso e sostanza al suo ruolo nel partito. Una 'tattica' che potrebbe essere completata con la convocazione di una direzione o addirittura di un congresso del Pdl. Il segretario di via dell'Umiltà oggi riproporrà le sue idee: primarie aperte a tutti, una aggregazione di centrodestra, il semipresidenzialismo come 'condizione' per evitare strappi nei confronti dell'esecutivo. Berlusconi naturalmente concorderà, ma un minuto dopo - questo il timore e il sospetto nel partito - ripartiranno le voci su ipotetiche liste e sulla trasformazione del Pdl in una 'bad company'. Ipotesi che terrorizza tre quarti del partito.
All'Ufficio di presidenza Silvio Berlusconi proverà a rilanciare il Pdl, puntando tutto sulla necessità di mettere da parte ogni divisione per ripartire. Ora è il momento dell'unità, altrimenti non torneremo più a vincere, avrebbe ammonito il Cavaliere parlando con i suoi.
La strada delle primarie, mai amata, ormai non vedrebbe contrario Berlusconi, che avrebbe ribadito la candidatura del suo delfino. Una scelta auspicata anche da Giuliano Ferrara, nell'editoriale di oggi sul Foglio.
"Dopo il maggioritario incarnato e reso possibile dall'avventura di Berlusconi del 1994 e anni seguenti, che ci ha portato l`alternanza, l'unica vera novità degna di rilievo, e capace oggi di ricostruire qualcosa nel sistema della politica, tra i loschi frizzi e lazzi delle varie guerricciole demagogiche e lobbistiche in corso, è il metodo delle primarie.
Lo abbiamo detto su queste colonne in tempi non sospetti, e lo confermiamo con estrema convinzione oggi, quando sembra ormai tardi per ogni cosa. Oggi il Partito democratico le decide per tutta la coalizione che vuole portare alla vittoria nel 2013, e c`è già la data del 14 ottobre, il Popolo delle libertà può voltarsi dall`altra parte e parlar d`altro, esiziale premessa di un autoaffondamento variamente colorito nel segno di una nomenclatura calante, oppure può fare lo stesso, e convocare le primarie per decidere leadership e classe dirigente affidando al tanto riverito popolo che appartiene allo schieramento di centro destra l`unico potere che possa contrastare la deriva dello sfilacciamento e dell'abulia", scrive Giuliano Ferrara
"Se nei prossimi mesi il Pd facesse una campagna di democrazia per la scelta dei suoi capi, mentre il suo avversario istituzionale maggiore si disperdesse in una sconclusionata guerra di formule, la sorte già in parte compromessa delle prossime elezioni, a favore del centro sinistra, sarebbe decisamente segnata.
Il timore di Berlusconi, che non intende 'svendere' o chiudere il partito, è consegnare venti anni di leadership nel centrodestra a chi - leggi Casini e Fini - aspetta da tempo la disintegrazione del PdL per conquistarne gli elettori.
Il rischio implosione porta con sé la possibilità che si creino in futuro due aree, una cosiddetta 'moderata' e un'altra di 'destra: ipotesi in realtà discussa più o meno apertamente anche da membri del PdL ma temuta - perché ritenuta penalizzante di fronte agli elettori da molti fedelissimi del Cav.
Dipenderà molto dalla legge elettorale e dalla partita sulle riforme, ma qualora restasse il 'Porcellum' il Cavaliere potrebbe anche 'sponsorizzare' - con l'avallo della classe dirigente - liste aggiuntive al Pdl. L'importante è che un partito che sulla carta gode quasi del 20% non si frantumi in mille pezzi, riflettono fonti parlamentari.
Discorso diverso se si arrivasse ad un'intesa con il Pd sul modello spagnolo. Il timore di molti è che comunque nell'ufficio di presidenza convocato per le 10 ci sia una sorta di 'resa di conti'. L'ex premier ribadirà di voler fare solo l'allenatore, ma la squadra di Alfano teme che voglia andare oltre, avocare a sé ancora una volta ogni potere decisionale e magari scendere di nuovo in campo.