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Deferite in stato di libertà all’A.G. dai carabinieri di Sestu numerose persone per ricettazione

Prendendo spunto da una denuncia formalizzata da cittadino del Comune di Sestu, i carabinieri della Stazione del paese hanno avviato un’attività di indagine che si è poi estesa a carattere nazionale, attraverso la quale si p riusciti a portare alla luce la sottoscrizione di più contratti per l’acquisto di utenze mobili (Sim Card) ed apparecchiature telefoniche (smartphone e supporti Usb per connessioni internet), stipulati con i quattro principali gestori di telefonia. Ma questi presunti contratti venivano richiesti e conclusi da persone che utilizzavano false generalità e documenti di identificazione appositamente falsificati.

Nel corso degli accertamenti è stato inoltre riscontrato l’utilizzo di credenziali di società realmente esistenti (ragione sociale, sede legale e/o amministrativa, partita iva e numeri di telefono), nonché i nominativi dei rispettivi amministratori o responsabili, poi inseriti nei documenti falsificati, per la successiva consegna agli esercenti di più punti vendita aventi sede nella provincia di Roma.

In una circostanza è stato ulteriormente accertato l’utilizzo delle coordinate bancarie abbinate ad una delle aziende in questione, per l’esercizio della propria attività.

Per fini puramente commerciali ed a prescindere dal settore in cui operano, è emerso che le società preferiscono utilizzare le formule pubblicitarie dei canali di internet, con la conseguente divulgazione di dati sensibili inerenti le cariche ricoperte, le sedi operative e le coordinate finanziarie pubblicate per l’agevolazione delle operazioni di pagamento.

La fase di indagine, tuttora in corso, ha permesso così di mettere in evidenza uno dei sistemi di rifornimento del mercato parallelo per l’approvvigionamento di linee telefoniche ed apparati cellulari, ancorché da utilizzare per la commissione di eventuali e successive attività illecite.Di contro, i beni così ottenuti potrebbero essere posti in vendita in pregiudizio di terze persone ignare dell’illecita provenienza, invogliate all’acquisto grazie alla commercializzazione mediante prezzi notevolmente inferiori ai normali valori di mercato.

Le cessioni di beni, avvenute attraverso i portali di internet o per il tramite di contrattazioni personali, tanto più se perfezionate in cambio di prezzi di modesta entità, potrebbero ricadere  nella previsione normativa sanzionata dall’art. 712 del vigente c.p. (“Acquisto di cose di sospetta provenienza”), il cui comma 1 prevede che “chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a 10 euro”.

Conseguentemente, in assenza di documentazione in originale che possa comprovare la titolarità del bene (scontrini, fatture, etc.), appare doveroso invitare tutte le persone che abbiano intenzione di concludere acquisti di beni di dubbia provenienza a diffidare dei prezzi eccessivamente ribassati e soprattutto a monitorare i portali ed i feedback di internet, ancorché i beni siano accompagnati da scatole integre o accessori di serie.

A conferma di quanto sopra, le attività di investigazione poste in essere hanno di fatto permesso, infine, di rintracciare della merce ottenuta in maniera illecita, con il conseguente deferimento in stato di libertà alla Procura della Repubblica per il reato di ricettazione di un numero ingente di persone, nelle cui disponibilità sono stati trovati i beni oggetto dell’indagine.