In una nota il Segretario Regionale Partito dei Comunisti Italiani – Federazione della Sinistra Sardegna, afferma: “La Regione Sardegna, basandosi sulle indubbie carenze del sistema sardo dei beni culturali e agitando la promessa della futura integrazione, nel suo organico, di centinaia di addetti dell’attuale sistema della cultura, mediante il testo di legge unificato centro destra e centrosinistra (N. 235-276-292/A, Cons. Reg.le della Sardegna, XIV Leg.), licenziato dalla VIII Commissione cultura, propone una Fondazione unica per gestire tutto il patrimonio culturale della nostra isola. Con la Fondazione unica regionale di gestione del patrimonio culturale isolano, altro non si fa che istituzionalizzare un mero assalto centralista al sistema dei beni culturali della Sardegna e all’autogoverno dei territori. Vi sono poi alcune contraddizioni insite in questa assurda idea.
In primo luogo, dal punto di vista giuridico - scrive ancora Corona - ci sono diverse norme in contraddizione con il Codice dei beni culturali e del paesaggio e anche, secondo la nostra opinione, a rischio di costituzionalità.
In secondo luogo, appare alquanto ovvio che, a livello politico, viene svuotato il potere di indirizzo della Regione stessa e soprattutto si schiaccia ogni forma di autogoverno dei territori. I fondi degli stessi vengono quasi requisiti e nel contempo si intende dar vita ad un organismo che appare elefantiaco e che, per sua stessa natura, sarà esclusivamente in mano a centri di potere politici ed istituzionali.
In terzo luogo vi è poi la sconcertante organizzazione interna che si propone per la fantomatica Fondazione.
Si inseriscono infatti, nel calderone unico del “Comitato Scientifico” enti come le Soprintendenze, che dovrebbero invece esercitare un libero potere di controllo, sui beni culturali, sull’operato della Regione stessa e quindi, anche, su una sua eventuale Fondazione. In sostanza il controllore e il controllato si troveranno a far parte del medesimo organismo, con conseguenze per il futuro dei beni culturali sardi, poco rassicuranti
Un’altra istituzione che dovrebbe poi far parte del “Comitato Scientifico” è l’Università. Ad essa dovrebbe essere delegato il compito di indirizzo culturale che invece, è bene che fosse autonomo e scevro da condizionamenti politici o di mercato. Tanto per non concedere niente alla democrazia poi, dagli organismi della Fondazione, saranno assenti Istituzioni come i Conservatori, le Accademie di Belle Arti e le Associazioni riconosciute dei professionisti dei beni culturali.
Tra le tante altre cose, - si legge ancora nella nota - come se il resto non bastasse, si arriva anche a prevedere una sorta di subappalto di funzioni istituzionali da parte della Fondazione stessa, e inoltre, si immagina di affidare, agli operatori “regionalizzati” (senza indicare profili qualitativi congrui), funzioni di coordinamento a livello regionale e provinciale. Infine, ciliegina sulla torta, è nelle intenzioni dei promotori della Fondazione inserire, negli organi amministrativi, i rappresentanti di quelle Province che oggi versano in una situazione di collasso istituzionale.
Noi riteniamo che si tratti di un progetto molto pericoloso per la cultura del nostro territorio. Un conto è affidare, in parte, a Fondazioni, singole esperienze (musei particolari o contesti singoli), un conto è esternalizzare (di fatto è così) tutto il patrimonio culturale isolano.
Per noi si tratta di un grave attacco alla democrazia e all’autogoverno, che apre la prospettiva (invitante per la politica tradizionale), di un nuovo spazio per il potere, di un nuovo spazio per l’arroganza e il clientelismo, di un vero e proprio esproprio della cultura come bene comune.
na delle discussioni più importanti e innovative, per la gestione del territorio, è quella sviluppatasi con molta forza negli ultimi anni, sui beni comuni. Una di queste è certamente la discussione che anima il pensiero che il patrimonio culturale debba essere un bene comune. Un’economista come Elinor Ostrom ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 2009, dimostrando come sia più efficiente l’autogoverno dei beni comuni da parte delle “piccole” comunità, piuttosto che da parte dei sistemi centralisti.
La Regione, invece di far emergere liberamente le culture dei territori, con sicure linee di indirizzo e coordinamento e attraverso una struttura leggera e non burocratica, cerca di creare una nuova forma di controllo centralistico, potere e prebende per la classe politica tradizionale.
Noi non possiamo – conclude il Segretario del Pdci - che essere contrariati dall’idea bipartisan che alimenta il tentativo di distruggere l’idea della cultura come bene comune, e riteniamo di sia assolutamente necessario essere al fianco delle comunità territoriali e dei lavoratori della cultura contro questa operazione centralistica della “cattiva politica”.
L’ambizione di operare in favore dell’autogoverno dei territori della Sardegna ci spinge a rifiutare il progetto della Fondazione unica regionale di gestione del patrimonio culturale e ci spinge a proporre, alle forze politiche democratiche, ai sindacati, alle lavoratrici e ai lavoratori, agli studenti, agli intellettuali, agli artisti e agli operatori della cultura isolana, di costruire un fronte comune e unitario contro questa idea che, se attuata, sarà la rovina del settore culturale isolano. Com