C'è il rischio di una frattura dell'Euro se l'Eurozona non risolverà presto la crisi del debito: lo ha ribadito il premier britannico David Cameron, incontrando gli industriali a Manchester. Nel suo intervento, il primo ministro ha sottolineato che nessun paese sarebbe "immune" alle conseguenze di un eventuale collasso dell'euro, però ha assicurato che farà "tutto quello che è necessario" per proteggere il Regno Unito e per garantire il suo sistema finanziario.
Secondo Cameron, l'Eurozona deve applicare mezzi congiunti, come l'emissione di eurobond, perché vi sia "un aiuto collettivo" per mettere fine alla speculazione sul futuro della moneta unica. "L'Eurozona è ad un bivio. O si ricompatta o affronta una rottura", ha aggiunto. "Se l'Europa non ha un'eurozona stabile, con banche ben capitalizzate e regolate, e con un sistema equo del carico fiscale e una politica monetaria stabile, allora staremo su un campo inesplorato che comporta grossi rischi per tutti".
Senza domanda interna non c'è economia che possa ripartire. L'Ue e la Bce se ne convincano e facciano di più e meglio per garantire un futuro all'euro. E' il consiglio pressante del principe degli euroscettici, il premier britannico David Cameron, che si dice d'accordo sulla proposta francese di adottare i project bond. Perché se la Grecia dovesse essere costretta a uscire dall'euro, il possibile crollo dell'eurozona pone "enormi rischi per tutti", anche per il Regno Unito.
"L'idea - dice Cameron - che i paesi più indebitati prendano a prestito soldi per favorire la ripresa è una pericolosa delusione". Tuttavia "sta diventando sempre più evidente che stanno questi paesi sono sempre meno in grado di sostenere i necessari aggiustamenti economici e politici, senza che il nucleo core dell'Eurozona, inclusa la Bce, facciano di più per sostenere la domanda e per condividere il peso degli aggiustamenti".
Davanti a industriali e uomini d'affari a Manchester, Cameron ha detto che "o l'Europa ha un'eurozona impegnata, stabile, con un firewall efficace e banche ben capitalizzate e regolate, un sistema di condivisione del peso fiscale e una politica monetaria di sostegno nell'eurozona, oppure siamo in un territorio inesplorato che porta enormi rischi per tutti". Il premier britannico non ha mai citato espressamente il cancelliere tedesco Angela Merkel, ma le sue parole cadono a poche ore da quelle del cancelliere allo Scacchiere George Osborne, che arrivando nella sede del Consiglio europeo, per partecipare alla riunione dell'Ecofin, era stato esplicito: c'è una "aperta speculazione da parte di alcuni Paesi membri dell'Eurozona sul futuro di altri, che io credo stia facendo danno all'intera economia europea".
Non che Cameron e Osborne siano stati colpiti da improvviso afflato europeista. Le autorità politiche e monetarie dell' Inghilterra, scrive oggi il Guardian, "stanno preparando piani per l'eventuale uscita della Grecia dall'eurozona, una prospettiva che sembra sempre più inevitabile e che si teme possa danneggiare l'economia globale piu' del crollo di Lehman Brothers nel 2008". Per il londinese Centre for Economic and Business Research il ritorno guidato di Atene alla dracma potrebbe costare il 2% del Pil dell'eurozona (375 miliardi di euro) mentre un disordinato
rompete le righe farebbe lievitare la cifra a 1.250 miliardi (pari al 5% del Pil). E Heather Stewart sul Guardian spiega che per la Gran Bretagna "sarebbe impossibile sfuggire al danno collaterale da un tracollo dell'euro.
Inevitabilmente esso farebbe salire i costi finanziari per le imprese e i consumatori oltre Manica, a cominciare dai mutui, per esempio - e potrebbe anche esporre alcune banche britanniche alla necessità di un aiuto da parte del governo". Inevitabili anche i riflessi sulle esportazioni dal Regno Unito al resto d'Europa, che assorbe pur sempre la metà volume complessivo di export.
A peggiorare il tutto, l'apprezzamento, inveitabile, della sterlina sull'euro in crisi.
Uno scenario non proprio ideale per il Regno Unito, alle prese da mesi con una nuova fase recessiva.