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Commercio e turismo: nel 2011 in Sardegna senza lavoro 2.500 persone

Ben 3.182 piccole e medie imprese sardedei settori commercio e turismo, nel corso del 2011, hanno cessatol’attività . Il saldo negativo, rispetto alle iscrizioni, è statopari a –817. Mai, in precedenza, i dati delle Camere di Commerciodi Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano avevano registrato un saldonegativo di questa portata. Un dato su cui bisogna riflettere conattenzione, se si pensa che circa un terzo delle 2.365 nuoveiscrizioni si riferisce ad attività di extracomunitari (su tutticinesi, pakistani e senegalesi), in prevalenza ambulanti, che spessosfuggono ai controlli fiscali.

Di questo e della crisi che attraversala Sardegna si è parlato stamane nel corso della presentazione della“Giornata di mobilitazione a sostegno delle Pmi”, promossa dallaConfesercenti nazionale. “Abbiamo aderito senza indugiall’iniziativa – spiega il presidente regionale, Marco Sulis –perché siamo consapevoli del momento difficilissimo che attraversal’Isola. Nel 2011 le famiglie sarde hanno cominciato a sperimentaregli effetti negativi delle enormi difficoltà della nostra economia.Dopo più di un anno dalla pesante recessione che aveva già colpitoprofondamente i bilanci delle famiglie, un’altra fase difficile sista profilando. I sardi, il cui reddito disponibile si ècomplessivamente ridotto di oltre il 5% in un triennio, si trovanoora pericolosamente esposti alle turbolenze in atto”.

Sulis ha sottolineato che “lacessazione di 817 imprese equivale alla perdita di 2.500 posti dilavoro: una enormità, che passa quasi inosservata all’attenzionegenerale perché si tratta di realtà sparse per tutta la regione. Michiedo che cosa sarebbe accaduto, invece, se avessero chiuso ibattenti due imprese con 1.250 dipendenti ciascuna: forse sarebbescoppiata la guerra civile. Invece questi fatti stanno passando insilenzio, e il Governo Monti continua a proporre misure che stannostritolando le piccole e medie imprese”.

La situazione di stasi o crisi deiconsumi delle famiglie, non poteva non avere un impatto sul commercioal dettaglio. Ma anche il turismo deve fare i conti con unasituazione che non consente alle imprese italiane di reggere laconcorrenza dei competitor europei più temibili. L’aliquota Iva,di per sé più elevata rispetto alla maggior parte dei Paesieuropei, è destinata a salire dal 10% al 12% (ottobre 2012) eaddirittura al 12,5% (nel 2014). Com

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