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Processo Eternit: 16 anni ai dirigenti

Il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere ciascuno il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier al termine del processo Eternit. I due rispondevano di disastro doloso e rimozione di cautele.

Il tribunale ha ritenuto i due imputati colpevoli di disastro doloso solo per le condizioni degli stabilimenti di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria). Per gli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) i giudici hanno dichiarato di non doversi procedere perché il reato è prescritto.

"Sto ancora sognando ad occhi aperti", è il commento a caldo del pm Raffaele Guariniello, dopo la sentenza Eternit, la cui lettura ha impegnato il giudice Giuseppe Casalbore per oltre 3 ore, in un elenco sterminato di migliaia di parti civili. "Un elenco terribile, che sembrava burocratico, freddo, ma che è invece un elenco di persone uccise", ha detto Guariniello, che ha coordinato l'inchiesta del Tribunale di Torino.

"Quando abbiamo cominciato questo processo con Colace e Perelli pensavamo di inseguire un sogno, che ora si è realizzato almeno per la sentenza di primo grado", ha sottolineato il pm. Guariniello ha poi concluso: "Abbiamo dato, credo, a tante persone, alle vittime e alle loro famiglie il diritto di sognare più giustizia. Avere giustizia è diventato possibile. E' una sentenza storica perché ha realizzato un sogno, che è quello di dare giustizia". "Ora stiamo valutando se procedere anche per omicidio". Il riferimento è all'inchiesta cosiddetta "Eternit bis", relativa a circa un migliaio di vittime dell'amianto successive al 2008, anno in cui si sono concluse le indagini che hanno portato alla sentenza di oggi.

"Sono molto importanti varie cose che ci dice la sentenza - ha spiegato Guariniello - la prima è che c'è stato un disastro non solo nei luoghi di lavoro ma anche negli ambienti circostanti; la seconda, che è stato riconosciuto il dolo come già al processo Thyssen, a carico di coloro che hanno deciso quanto si dovesse o non si dovesse spendere per la sicurezza".

I legali dei due imputati avevano chiesto per entrambi l'assoluzione per non aver commesso il fatto: secondo le difese De Cartier, dal 1971, aveva ricoperto solo "un ruolo minoritario senza compiti operativi" mentre Schmidheiny avrebbe provveduto a fare diversi investimenti per la sicurezza dei lavoratori, in base alle conoscenze dell'epoca sull'amianto.

L'avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali di Schmidheiny, aveva messo in dubbio la validità stessa di un processo celebrato a piu' di trent'anni di distanza dai fatti contestati che lederebbe il principio di difesa perche' il tempo trascorso "rende quasi impossibile - aveva detto - a chi è accusato difendersi al meglio: i documenti non si trovano, molti testimoni non ci sono più e quelli che ci sono non sono attendibili perché i fatti sono troppo lontani da ricordare".

Questione a parte quella dei risarcimenti, con una polemica che ha portato il Comune di Casale Monferrato dopo un tira e molla durato un mese e mezzo, a rifiutare l'offerta di oltre 18 milioni di euro presentata dall'imputato svizzero Stephan Schmidheiny, a titolo di transazione, che avrebbe comportato il ritiro della costituzione di parte civile del Comune. Il presidente della Corte ha oggi stabilito che all'amministrazione di Casale spetta un risarcimento di 25 milioni di euro.

"Sono soddisfatto. Finalmente c'è l'accertamento di una situazione che denunciamo da 30 anni: quello che è avvenuto è accaduto per responsabilità di qualcuno: si è passati da una voce alla certezza giuridica", afferma l'avvocato Sergio Bonetto, che assiste circa 300 parti civili.

La sentenza del tribunale di Torino è una "sentenza importantissima nel più grande processo europeo sull`amianto", ma è anche "un'amara vittoria che non cancella il disastro ambientale", sottolinea il Wwf, parte civile nel processo, avvertendo anche che secondo le stime "il picco di malati arriverà tra il 2015 e il 2020".

"A Torino oggi comincia una storia diversa, una storia di giustizia per migliaia di vittime dell'amianto in Italia, in Europa e in ogni paese in cui questa sostanza letale ancora viene impunemente lavorata", commenta di Mercedes Bresso, ex presidente della Regione Piemonte e attuale presidente del Comitato delle Regioni dell'Unione Europea.

"La sicurezza sul lavoro - aggiunge Bresso - è un principio ineludibile e con questo processo si sono affermate le gravi responsabilità di chi ha sulla coscienza migliaia di morti e moltissimi malati, con risarcimenti che riconoscono le perdite durissime subite dalle nostre comunità e fanno piazza pulita di qualunque maldestro compromesso anche grazie al divieto, per i condannati, di avere contatti con la pubblica amministrazione".