Il presidente della Confesercenti Sardegna, Marco Sulis, in relazione ai dati emersi dall'indagine promossa dal Cat-Confesercenti, ha affermato: "Dopo un anno difficile caratterizzato da un'evidente e generalizzata contrazione delle vendite, le imprese commerciali confidavano nelle festività natalizie per recuperare qualcosa. Così non è stato. E, cosa ancor più grave, non ci sembra esistano motivi per pensare che tutto possa cambiare nei prossimi giorni".
Con l'indagine si è voluto verificare, su un campione di 300 aziende operanti nell'Isola, l'andamento delle vendite nel periodo prenatalizio (20 dicembre compreso) nei settori abbigliamento e calzature, elettronica e articoli da regalo vari, alimentari.
Per quanto concerne abbigliamento e calzature si tratta di un settore che soffre particolarmente la crisi ormai da parecchi anni. L'82% del campione intervistato dagli addetti del Cat dichiara una contrazione delle vendite rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; il 4% le dichiara in aumento e il restante 14% le considera costanti. Gli incrementi, nella quasi totalità dei casi, restano di piccola entità e comunque compresi nell'intervallo 0-10%. Per quanto riguarda, invece, coloro che hanno dichiarato un decremento delle vendite, il 22% rileva contrazioni comprese tra lo 0 e il 10%, il 34% del campione tra l'11 e il 30%, e il restante 44% le dichiara superiori al 30%. Non va meglio nell'ambito "elettronica, articoli da regalo e giocattoli". La crisi risulta essere molto sentita e le vendite del periodo natalizio mediamente sono in linea con il trend deficitario dell'intero 2011. Il campione, in generale, ha denunciato un mercato pressoché fermo nei primi 20 giorni del mese di dicembre e un eventuale, auspicabile risveglio degli ultimi giorni non sembra poter consentire un recupero completo. Il 18% degli intervistati dichiara le vendite invariate rispetto allo stesso periodo del 2010, il 74% le considera diminuite e il restante 8% le dichiara in aumento. Tra coloro che denunciano un calo, il 22% registra una contrazione compresa nell'intervallo 0-10%, il 41% tra l'11-30% e per il restante 38% la contrazione supera il 30%. Purtroppo anche il ramo alimentare è fortemente penalizzato dalla congiuntura economica. L'80% degli intervistati, infatti, denuncia una perdita di volume d'affari rispetto allo stesso periodo del 2010 (già di per sé poco esaltante), il 14% del campione le considera invariate, e soltanto il 6% le dichiara in aumento. Tra coloro che denunciano un calo, il 22% registra una contrazione compresa nell'intervallo 0-10%, il 40% tra l'11-30% mentre per il restante 38% la contrazione supera il 30%.
"Questi dati – ha sottolineato il presidente Sulis – rendono ancora più amaro l'ultimo Decreto del Governo Monti. Pensare ad un'inversione di tendenza sulla dinamica dei consumi, per effetto di aperture 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno, è una favola: anzi, fumo negli occhi dei cittadini. La liberalizzazione, così come l'ha voluta il premier Monti, non può essere la soluzione alla recessione ed all'aggravio fiscale sulle famiglie: a nostro avviso rappresenta un'idea folle anche sul piano strettamente sociale, oltre che su quello economico. Lasciare aperti i negozi anche la domenica non aumenterà i consumi, bensì costituirà un danno per il servizio di vicinato e un regalo alla grande distribuzione".
"Tutti sanno – ha concluso Sulis – che, con le aperture domenicali, si trasferiscono quote di mercato dalla piccola alla grande distribuzione, con un depauperamento delle risorse dei piccoli esercizi, senza recuperare in termini di efficienza e di maggiore occupazione. Il settore commerciale è già stato liberalizzato ampiamente: di fatto ci troviamo in un regime (dal punto di vista di avvio delle attività commerciali) praticamente libero. E, dal punto di vista degli orari, con un nastro orario giornaliero di servizio che non ha eguali". Com.