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Russia, dilaga la ‘rivoluzione bianca’: 100 mila in piazza a Mosca

Qualcuno l'ha già battezzata la "rivoluzione bianca". Bianca come la neve che è caduta oggi a Mosca sulla più grande manifestazione di piazza mai vista nella capitale russa da metà anni Novanta.

Bianca come i garofani, le rose, i palloncini e i nastri portati da una folla eterogenea uscita improvvisamente e pacificamente dal sottosuolo della società per protestare contro i brogli elettorali ma anche contro l'eterno zar Putin, che ora vede sempre più in salita la sua terza corsa al Cremlino a marzo. Una "febbre" che ha contagiato decine di altre città del Paese, da Kaliningrad a Vladivostok, anche se con numeri più bassi. Non è una primavera araba, e neppure una rivoluzione arancione con l'energia di piazza Maidan.

Ma è un primo risveglio della società civile russa dopo un lungo letargo, la prova che "la Russia ha un popolo", come ha gridato dal palco Serghiei Mitrokhin, il numero 2 del partito riformatore Iabloko. "Noi siamo il popolo", gli ha risposto l'adunata oceanica in piazza Balotnaia, sull'isolotto oltre il Cremlino, 25 mila persone secondo la polizia, tra 50 e 80 mila per gli organizzatori, anche se dalla tribuna qualcuno ha annunciato propagandisticamente "siamo 150 mila".

La cifra di 50 mila sembra realistica, considerando anche tutte le persone assiepate sul lungofiume e ammassate sui due ponti. E comunque nettamente superiore ai 30 mila autorizzati dal Comune. Per la prima volta una protesta finisce senza fermi, nonostante un dispiegamento di forze di polizia senza precedenti, con 25 mila agenti, un elicottero, centinaia di furgoni cellulari e di camion delle unità antisommossa, la piazza Rossa chiusa e i percorsi dei manifestanti transennati.

Tanto che agli agenti, insolitamente gentili, sono arrivati inaspettatamente fiori e ringraziamenti della gente. Anche questa una prova di democrazia e maturità in un Paese che finora conosceva solo i manganelli. Ma ciò che ha colpito maggiormente è stata la trasversalità politica e sociale della protesta, che per la prima volta ha unito destra e sinistra, bolscevichi, liberali e nazionalisti che bruciavano la bandiera del partito putiniano Russia Unita, giovani e anziani, coppie con figli e studenti.

"Ringraziamo Russia Unita per averci uniti tutti", ha scandito il leader nazionalista Konstantin Krilov, cooptato sul palco insieme alla "nomenklatura" di questa nuova opposizione senza ideologie, neutra come il bianco: l'ex premier Mikhail Kasianov, l'ex vicepremier Boris Nemtsov, l'ex deputato Vladimir Rizhkov, la paladina del bosco di Khimki Ievghenia Cirikova, l'astro nascente di Russia Giusta Oxana Dmitrieva, il capo dell'ong Memorial Oleg Orlov. Persino il leader di Iabloko Grigori Iavlinski, che finora aveva snobbato la piazza, e lo scrittore antagonista Eduar Limonov, questa volta ignorato da tutti - anche dalla polizia - quando ha tentato le sue provocazioni nella vietata piazza della Rivoluzione.

Con loro l'intellighentsia, scrittori del calibro di Boris Akunin, Zakharov Priliepin, Dmitri Bikhov, giornalisti come Leonid Parfenov e Oleg Kashin (il cronista del Kommersant picchiato da sconosciuti). "Uno per tutti, tutti per uno", e' stato uno degli slogan più gridati, coniato da Alexiei Navalni, il più famoso blogger russo anti Putin che ha mandato una lettera dal carcere dove sta scontando 15 giorni dopo una protesta a Mosca: "state uniti per fare sentire la vostra voce", "continuate le proteste non solo in piazza ma anche in tribunale".

Questa è stata la decisione finale approvata dalla folla: manifestazione bis il 24 dicembre se non saranno soddisfatte le richieste della piazza, tra cui nuovo voto, siluramento del presidente della commissione elettorale Vladimir Ciurov, indagini sui brogli, punizione dei responsabili e liberazione di tutti i "prigionieri politici" arrestati nelle manifestazioni dei giorni scorsi. Richieste apparentemente utopistiche, ma in parte esaudibili se Putin vuole disinnescare la miccia e non trovarsi un altro brutto regalo alla vigilia di Natale.

Anche perché oggi il bersaglio principale degli slogan era proprio lui: "Russia senza Putin", "Putin ladro", "Putin vattene da solo", "Anno nuovo senza Putin", "Putin in Cecenia", "Putin a sciare a Magadan (sede di un famigerato campo di prigionia). O "Crediamo, speriamo, aspettiamo", motto di sovietica memoria sullo sfondo di un Mausoleo in piazza Rossa dove al posto di Lenin compare il nome di Putin.

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