Il testo unificato sul F.I.T.Q. (Fondo per l’integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall’Amministrazione regionale) sarà esitato dalla Commissione Autonomia, presieduta dall’on. Paolo Maninchedda (Psd’Az), mercoledì prossimo. Lo ha annunciato lo stesso presidente nel corso delle audizioni di questa mattina dei sindacati e delle associazioni dei dipendenti regionali in servizio e in pensione. L’on. Maninchedda ha anche sottolineato che, una volta esitato dalla Prima Commissione, il testo unificato del Disegno di legge 328 presentato dall’assessore Mario Floris e la proposta di legge 304 presentata dall’on. Giulio Steri (capogruppo Udc-Fli) e dell’on. Mario Diana (capogruppo Pdl) sarà esaminato dal Consiglio regionale il 20 dicembre. Il presidente Maninchedda ha anche garantito ai rappresentanti dei lavoratori che l’orientamento della Commissione sarà quello di garantire i diritti acquisiti, ma di eliminare i privilegi, ricordando che nessuno vuole nuocere ai lavoratori e alle loro famiglie.
I rappresentati sindacali hanno accolto la notizia con sollievo e soddisfazione, definendo “la situazione attuale del Fitq insostenibile e grave”. Tutte le sigle e le associazioni dei pensionati hanno manifestato, inoltre, l’apertura a passare dal sistema retributivo a quello contributivo, salvaguardando però i diritti acquisiti al 31 dicembre 2011 per i dipendenti che hanno almeno 15 anni di versamenti effettuati al fondo. I lavoratori hanno anche esortato la Commissione a valutare la possibilità di una transizione graduale nel passaggio tra il sistema retributivo a quello contributivo. In particolare la rappresentante della Cgil, Carla Cherchi, ha proposto un regime misto per il periodo di transizione e la possibilità dell’iscrizione facoltativa al fondo. Sergio Talloru del Saf ha ricordato, poi, che i dipendenti (circa 3500) erano obbligati per legge a iscriversi al fondo e a versare il 5 per cento dello stipendio e che la quota a carico della Regione è di appena lo 0,59 per cento, perché il restante 6,91 per cento viene versato dall’Amministrazione all’Inpdap per il Tfr. Secondo Giampaolo Spanu della Uil il problema del Fondo era evidente già dal 2000 “ma non c’è stata la volontà politica di risolverlo”. Red