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Carceri: Sdr, detenuto Bad’e Carros si cuce bocca per protesta

Drammatico gesto autolesionistico di un detenuto del carcere nuorese di Bad’e Carros che da domenica scorsa si è cucito la bocca e rifiuta cibo e acqua per protesta. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che ha ricevuto un accorato appello dall’ergastolano..

L’uomo, Alessandro Bozza, 50 anni, di Vinosa (Taranto) in stato di detenzione da 20 anni per un ergastolo, si ritiene vittima di una ingiustizia. Gli è stato precluso – precisa – l’accesso al laboratorio, dove effettua dei piccoli lavori, e alla scuola, che frequenta con profitto, in seguito a un certificato medico che ne attesta la non idoneità. Il detenuto tuttavia ritiene il provvedimento non fondato e in contrasto con un altro certificato che al contrario lo definisce abile al lavoro. Le condizioni di salute del cittadino privato della libertà sono sotto stretto controllo medico.

“Alessandro Bozza, ideatore e autore dei libri-farfalla con i racconti, le favole e le filastrocche dedicate ai bambini dai detenuti della sezione Alta Sicurezza dell’Istituto Penitenziario di Bad’e Carros, è una persona di poche parole – afferma Caligaris – con una straordinaria sensibilità. La permanenza in carcere ha esasperato questa condizione rendendo il suo equilibrio particolarmente delicato come sanno molto bene gli operatori dell’area educativa, avendo egli partecipato con successo anche alla realizzazione del volume di poesie “Fuori dall’ombra” pubblicato nel 2006”.

“Una persona carica di sofferenza che ha trovato nella produzione dei libri-farfalla e negli altri piccoli lavori che realizza in carcere la principale ragione della sua esistenza. Non consentirgli l’accesso al laboratorio e alla scuola, senza una motivazione condivisa, è per lui l’equivalente di rinunciare alla vita. Il gesto estremo che ha compiuto – sostiene la presidente di SDR – è per lui l’unico in grado di fargli esprimere lo stato d’animo in cui si trova. Una rinuncia a vivere che è un fragoroso urlo di disperazione. Non è la prima volta che Bozza si cuce la bocca. Quattro anni fa aveva compiuto lo stesso gesto, dopo 34 giorni di sciopero della fame. Poi una cella singola, la passione per lo studio e la realizzazione dei libri-farfalla gli avevano restituito l’equilibrio”.

“Davanti ad atti così drammatici e con prevedibili pesanti negative conseguenze per la salute occorre – conclude Caligaris – mettere da parte l’orgoglio della ragione e condividere l’umiltà dell’ascolto. E’ necessario insomma far prevalere il buon senso e le Istituzioni devono necessariamente usare le parole in modo preminente. Non è sempre facile ma non si deve mai dimenticare che lo stato di privazione della libertà è innanzitutto dolorosa solitudine. Una condizione che ingigantisce ogni gesto, specialmente per chi forse non ha conosciuto altro che privazioni. L’auspicio è quindi quello di una rapida ripresa del dialogo per il superamento della pesante difficoltà che rischia di degenerare irrimediabilmente”. Red