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Precisazioni dell’Adiconsum Sardegna sulla tassa sui rifiuti solidi urbani

In una nota, il segretario regionale dell’Adiconsum Sardegna, Giorgio Vargiu, cerca di dare dei chiarimenti per quanto riguarda la situazione nella nostra regione. “Periodicamente, dal 2007 a oggi, cioè dal giorno del pronunciamento della Suprema Corte – dice Vargiu - qualche soggetto più o meno in buona fede, ritorna sulla  vicenda dei rimborsi Iva sulla tassa dei rifiuti, facendo credere ai consumatori sardi di

aver diritto a un rimborso dell’Iva pagata indebitamente negli ultimi 10 anni al proprio Comune, inducendoli in errore e creando false aspettative o, peggio, lucrando su queste. Per questo riteniamo necessario fare di nuovo un po’ di chiarezza e di corretta informazione – continua la nota - la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA) è il nuovo sistema di finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi comuni introdotto in Italia dal decreto Ronchi e dovrà sostituire progressivamente la Tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU). Molti Comuni della penisola hanno da tempo provveduto a trasformare la TARSU in TIA. Gli stessi, appunto perché la TIA veniva considerata il corrispettivo di una prestazione di diritto privato e pertanto una tariffa (natura extra-tributaria), anche su indicazione dell'Agenzia delle Entrate, applicavano l'IVA al corrispettivo richiesto ad ogni singolo utente così come peraltro succede per esempio con Abbanoa.

La Corte di Cassazione (sentenza n. 17526/2007) in linea con l'orientamento comunitario, parlando di TIA, ha stabilito che il corrispettivo che i cittadini devono pagare per la raccolta e smaltimento dei rifiuti è una tassa e non una tariffa (natura tributaria). L’applicabilità dell’IVA sarebbe possibile solamente in presenza di un corrispettivo per prestazione (tariffa), dunque l'applicazione dell'IVA sulla TIA è illegittima. Alla stessa stregua si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 238 del 24.07.2009, principi ribaditi dalla stessa Corte Costituzionale con la recente ordinanza n. 64/2010.

Da quanto è a nostra conoscenza – prosegue il segretario Adiconsum - nessun comune dell'isola ha provveduto a trasformare la TARSU in TIA (con l’unica eccezione del Comune di Sassari che ha provveduto in tal senso dal 2005) con la logica conseguenza che questa vicenda (Iva sulla TIA) non riguarda i cittadini sardi (salvo gli utenti del Comune di Sassari). Molti cittadini sardi confondono la non applicabilità dell'IVA sulla TIA, con l'IVA pagata dai comuni sui corrispettivi delle aziende che materialmente svolgono il servizio o, addirittura, sull'IVA che queste aziende pagano per l'acquisto dei materiali e dei mezzi. IVA che poi viene caricata, giustamente, sulla tariffa a carico dei cittadini poiché costo vivo non scaricabile da parte dei comuni. Per cui, ribadendo il concetto “da quanto è a nostra conoscenza”, il disposto della Suprema Corte e della Corte Costituzionale sull'inapplicabilità dell'IVA alla Tariffa di Igiene Ambientale non riguarda i consumatori sardi (salvo gli utenti del Comune di Sassari). Peraltro, con la circolare 3/2010, ancorché non condivisa da ADICONSUM, il Dipartimento delle Finanze afferma che sostanzialmente la TIA è definita “un servizio di igiene al contribuente”. Di conseguenza se la TIA viene considerata tariffa è da assoggettarsi all’IVA.

Detto questo, crediamo sia necessario, per una giusta questione di equità e di giustizia contributiva, che finalmente anche i comuni della Sardegna provvedano a trasformare la TARSU in TIA (l'unico nostro dubbio infatti era l'aumento dei costi a carico dei consumatori dovuti proprio all'IVA). Quali i benefici? La tariffa è divisa in due parti: la quota fissa serve a coprire i costi di esercizio, come ad esempio i costi dello spazzamento delle strade, e gli investimenti in opere; la quota variabile dipende invece dai rifiuti prodotti dall'utente; i costi di esercizio e degli investimenti in opere sono suddivisi fra tutti gli utenti in base a parametri fissi come la superficie occupata e i componenti del nucleo familiare per l'utenza domestica o il tipo di attività per le utenze non domestiche. La determinazione della quota variabile è più complessa: il primo passo è determinare il costo totale dello

smaltimento (per unità di peso) delle varie tipologie di rifiuti; poi si procederà a dividere i costi sulla base dei rifiuti prodotti da ciascuno. A questo scopo esistono diversi metodi: 1. La tariffa puntuale consiste nel pesare esattamente i rifiuti indifferenziati prodotti dalla singola utenza domestica; ovviamente è anche il metodo più complicato ad attuarsi, ed è anche piuttosto costoso, perciò è applicato raramente (almeno in Italia: solo il 20% dei comuni). 2. La tariffa volumetrica viene considerata per solo il volume, valutato a seconda del numero di sacchi ritirati o del numero di svuotamenti dei contenitori. 3. La tariffa presuntiva consiste nello stabilire la suddivisione fra gli utenti dei costi variabili attraverso l'applicazione degli indici del DPR 158/99, che sono dei coefficienti (calcolati con delle indagini statistiche sulla produzione di rifiuti) diversi per ogni categoria di utenza da moltiplicare alla superficie occupata; perfezionabili su base locale per renderli più precisi. In realtà, per tutte quelle utenze cui viene applicato il metodo presuntivo e con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, la tariffa – come la tassa – è molto più simile a una tassa patrimoniale. A seconda del comune di residenza e della quantità di rifiuti conferiti, la tariffa (patrimoniale) può essere esageratamente onerosa per alcune utenze allo stesso modo che decisamente economica per altre. 4. Il metodo indiretto, è una combinazione dei metodi “puntuale” e “presuntivo” perché consiste nel pesare la quantità dei diversi tipi di rifiuti prodotti in una certa zona per poi dividerli fra tutti gli utenti di quella zona secondo i consueti sistemi presuntivi. L'obbiettivo è quello di fare in modo che ogni cittadino contribuisca ai costi del servizio e ai costi ambientali, in virtù dei rifiuti che produce e non più dei metri quadri dell'immobile dove come avviene attualmente con la TARSU (l'esempio classico è la vecchina, rimasta vedova e sola perché i figli si sono sposati, continua a vivere nella propria casa tipica sarda...grande, con cortile grande: la signora adesso paga per i metri quadri di superficie del proprio immobile e non per la sua ridotta capacità di produrre rifiuti come invece potrebbe avvenire con la TIA.). Dunque, l’obbiettivo è il giusto equilibrio tra il concetto di “chi più inquina, più paga” e il concetto di “chi più ha, più contribuisce”, senza dimenticare che ancora non si è raggiunto l’obbiettivo di “pagare tutti, per pagare meno”. Poi vi è tutto il discorso dei costi del servizio e dei costi di smaltimento dei rifiuti che rimangono un fatto non del tutto chiara al cittadino: come si formano le tariffe complessive a carico dei contribuenti, come si determinano i costi di smaltimento in discarica, come si stabiliscono i costi di trasporto, come si calcolano gli adeguamenti del costo degli appalti comunali, dove finiscono i rifiuti differenziati? producono economie? chi è responsabile delle eventuali penalità e come vengono impiegate le eventuali premialità? E’ necessario mettere in trasparenza tutta la filiera – conclude Vargiu - il contribuente ha bisogno di capire cosa paga e perché paga... ma  questa è un'altra storia”. Com