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Formigoni: “Il PdL è morto”

Dal settimanale 'Tempi' al quotidiano 'Libero'. E' un fiume in piena il governatore
della Lombardia Roberto Formigoni che, in un paio di interviste chiede una vera e propria rifondazione del PdL. Perché, dice, il rischio è quello di trovarsi molto vicini "al funerale del partito". 

"Intanto azzeriamo le gerarchie", dice Formigoni,  per poi ripartire dalle primarie "a tutti i livelli che significano un'irruzione di una grande forza innovatrice. Basta listini bloccati". Questo perché "così il Pdl è una casta, urge una riforma strutturale, non è possibile andare avanti".

A Tempi Formigoni lancia l'allarme sullo stato di salute del governo e del partito anche e soprattutto guardando ai contenuti della manovra: "Alla fine, chi paga il conto sono di nuovo i ceti medi, le famiglie, le piccole imprese". "Cioè il nerbo della societa'. E' su questo punto -prosegue- che mi aspetto uno scatto da parte del governo".

E poi "basta gravare sulle spalle di enti locali e regioni. Non è stato sensato chiederci il 50% dei tagli di spesa quando le regioni pesano per il 16% sulla spesa pubblica nazionale. Non è sensato chiederci altri tagli", ribadisce il governatore della Lombardia riferendosi alle drastiche riduzioni di finanziamenti che subiranno le regioni.

Non va certo meglio se si guarda alla situazione del partito e del governo. Con il referendum e alle amministraive "abbiamo subito un duplice ko" perché "non è stato l'avversario politico a vincere ma il nostro elettorato a voltarci le spalle". Il Pdl non ha battuto ciglio. "Da quando è stato fondato il Pdl, non è stato fatto un solo congresso, anche solo rionale". Formigoni non ha dubbi: "primarie a ottobre, dimissioni di tutti i vertici subito (...) Subito l'azzeramento dei coordinatori" e, sempre in autunno, "un bagno di democrazia con l'elezione diretta dei segretari politici cittadini, provinciali e regionali". 

"Il momento e' drammatico -insiste il presidente della giunta regionale lombarda- la gente ci ha tolto il consenso e i militanti ci abbandonano. Percio', smettiamola di raccontarci favole sui congressi e diamo finalmente tutto il potere al popolo. Lo dico ad Alfano: coraggio, non lasciarti intimorire, so bene che in pubblico nessuno osa contraddirti ma in privato sono tanti a lavorare contro questo sbocco popolare alla crisi del partito. Bene, ai mandarini della conservazione devi dire no e no dobbiamo dire tutti insieme". 

"Berlusconi ha già lasciato intendere che non si ricandiderà. Dopo di che, fatte le primarie, come partito troveremo le modalità migliori per scegliere il candidato premier piu' adeguato, tenendo conto anche delle nuove alleanze che, insieme alla Lega, dobbiamo costruire. Chiaro che anche per il candidato a Palazzo Chigi il metodo aureo rimane quello delle primarie. Non vogliamo chiamarle primarie? Benissimo -conclude Formigoni- chiamiamole 'consultazioni popolari'. Ma facciamole e facciamole in fretta. O addio Popolo della libertà".

Ciò che il governatore auspicato è "un election day la prima domenica di ottobre: uno si iscrive al partito e poi vota chi vuole tra segretari politici cittadini, provinciali e regionali". Una visione su cui lo stesso Formigoni ha ammesso "Berlusconi è d'accordo".

Nell'intervista a Libero  Formigoni ribadisce di "aver apprezzato l'elezione del segretario politico, ho apprezzato anche il discorso programmatico di Alfano. Ho apprezzato meno che, mentre allora sembravamo tutti d'accordo nel fare le primarie, poco prima delle vacanze i mandarini conservatori hanno fatto spostare la data a settembre e poi ad ottobre". 'Mandarini' che il governatore identifica in "quelli che hanno paura del giudizio del popolo".

Parlando poi di Province, il governatore ha ribadito di essere per "l'abolizione totale": peccato "che nella manovra non ve ne sia traccia". Quanto ai rapporti con
l'alleato leghista, Formigoni è stato chiaro: "Se io alla Lega do in cambio le macroregioni, stia tranquillo che in qualche modo l'accordo lo troviamo". Anche perchè "io le Regioni le porterei anche a 8".