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S&P declassa gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti perdono per la prima volta nella loro storia il rating di tripla A: a non considerare più i titoli di stato americani fra i più sicuri investimenti al mondo e' Standard & Poor's con una mossa senza precedenti arrivata dopo ore di braccio di ferro con il Tesoro. 

Il Dipartimento guidato da Timothy Geithner ha ricevuto la bozza della decisione dell'agenzia di rating venerdì alle 13.30, ore 19.30 italiane. 
E l'esame, che si protratto per ore con la risposta che è stata inviata alle 16.00 (ore 22.00 italiane), si è tradotto in un'accusa: S&P ha commesso un errore da 2.000 miliardi di dollari.
 

L'agenzia ha ritardato la diffusione del comunicato che poi è stato reso pubblico dopo le 20.00, ore 2.00 italiane. Il "downgrade riflette la nostra opinione" sul piano di risanamento che non è adeguato a quanto "sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito" afferma Standard &Poor's, sottolineando che "l'efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento" in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano.
Il tetto del debito - evidenza il presidente del comitato di valutazione di S&P, John Chambers - doveva essere alzato prima per evitare il downgrade. La decisione di Standard & Poor's potrebbe avere - secondo gli osservatori - un effetto più psicologico che pratico.
 
Moody's e Fitch hanno mantenuto il rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è più gestibile.
 
I titoli del Tesoro sono rimasti stabili negli ultimi giorni e considerati dagli investitori un investimento sicuro anche in seguito alla crisi del debito europea.
Ma il taglio del rating delle ripercussioni potrebbe averle aumentando la mancanza di fiducia nel sistema politico e causando il downgrade di aziende e stati, per i quali i costi di finanziamento potrebbero salire.
 

La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avrà un impatto sull'appetito degli investitori esteri per il debito americano. 

Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne controllano il 46%.

Pechino, a poche ore dal taglio del rating deciso da S&P's, condanna la "miope" disputa politica avutasi negli Usa sul debito.

"La Cina, il più grande creditore dell'unica superpotenza mondiale, ha tutto il diritto - si legge in un durissimo commento diffuso dall'agenzia Nuova Cina - di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in dollari".