Il Presidente della regione Ugo Cappellacci ha iniziato il suo intervento affermando che “ci troviamo ancora una volta a parlare di vicenda Tirrenia, compagnia di navigazione statale, per evocare una storia di insuccesso, di sopruso, di maltrattamenti; non esiste famiglia sarda che non abbia nella sua memoria un momento di ricordo negativo legato a quella società”. La vicenda, tuttavia, ha proseguito, nasconde un problema di ben altra importanza: “la continuità territoriale, la mobilità, il diritto dei sardi di avere una infrastruttura materiale che consente il libero accesso al continente ed il libero accesso alla Sardegna per chi risiede fuori. Poi è in gioco ruolo di una regione con un condizionamento geografico, teoricamente strategico per la posizione baricentrica nel Mediterraneo ma solo negativo se privo di strumenti di riequilibrio”. Sul processo privatizzazione concluso con aggiudicazione della compagnia alla cordata Cin, il Presidente ha affermato di essersi mosso secondo le indicazioni del consiglio regionale, che ha stabilito a suo tempo indirizzi molto precisi, fra i quali anche le modalità di partecipazione al processo di privatizzazione e l’individuazione della quota societaria che doveva essere acquisita dalla regione. Quel processo, piuttosto, poggiava secondo Cappellacci “sul presupposto della proroga convenzione fra lo Stato e la Tirrenia, che conteneva al suo interno continuità territoriale.
La proroga è un sopruso rispetto alla normativa vigente norme, nel solco di un atteggiamento predatorio comune a molti governi che si sono succeduti e confermato da quello in carica. Prima proroga di 4 anni venne concessa nel 2006, mentre doveva scadere nel 2008, e rinnovata ulteriormente dal governo Berlusconi, consentendo questo tipo di privatizzazione”. La Sardegna, ha detto ancora il Presidente della regione, “ha oggi il documento per la prima volta nella sua storia, che non ci soddisfa ma non per il suo contenuto, quanto perché non ha partecipato alla sua stesura e non ha potuto fare programmazione in un settore strategico. Si parte da qui. Porteremo avanti le nostre iniziative di legittima difesa nei confronti degli armatori privati per violazione delle regole della libera concorrenza rivendicando il diritto alla mobilità”. Nella trattativa, ha sottolineato Cappellacci, “è stato chiesto alla regione di aderire rispettando alcune condizioni: partecipazione alla nuova società con una quota del 15%, presenza di un rappresentante della regione in consiglio di amministrazione, rinuncia alla flotta sarda. Abbiamo risposto no.
Per raggiungere un accordo abbiamo chiesto la parità di quote con privati, precisando che nella valutazione della quota doveva essere considerato anche il peso della stessa, una rappresentanza in consiglio di amministrazione con deleghe particolari su continuità, numero delle rotte, frequenza delle stesse, qualità del naviglio, politica tariffaria”. La risposta negativa degli armatori e del commissario, ha continuato il Presidente, “è un risultato inaccettabile per sardi, la continuazione dell’atteggiamento arrogante degli armatori. E’ importante oggi che la politica continui a sostenere scelte che hanno premiato nostra iniziativa della flotta sarda, per quanto piccola (100.000 passeggeri), vogliamo essere padroni a casa nostra. Il consiglio e la società sarda devono manifestare forte il loro dissenso, sostenere la giunta per non rinunciare alle nostre prerogative. È in ballo il principio di insularità, che deve trovare anche riconoscimento costituzionale come è avvenuto per Roma capitale; tutto ciò che riguarda l’abbattimento della nostra condizione di insularità deve trovare spazio in atti normativi ad hoc. Questo è quello che credo sia necessario fare. Avverto il rischio di divisioni, e la volontà di affermare posizioni di parte per calcolo politico, ma Non è il momento di dividersi. Ci sono responsabilità di questo ed altri governi, ma dobbiamo essere uniti. Andremo avanti con le nostre iniziative alla Corte Costituzionale, l’Unione europea, la magistratura ordinaria civile. Se necessario innalzare il livello della protesta del presidente regione, delle autonomie locali, di imprese e sindacati per andare a Roma a restituire le chiavi dei nostri uffici, lo faremo.
Concluso l’intervento del presidente Cappellacci, si è aperta la discussione generale. Il primo a intervenire è stato il capogruppo del Pd Mario Bruno, che ha chiesto una breve sospensione. Alla ripresa dei lavori Bruno ha puntualizzato in premessa “che dopo due anni e mezzo di legislatura non si può non rimarcare il fallimento di ogni politica regionale”. Per il consigliere dei Democratici esiste una questione Sardegna che va oltre la questione Tirrenia. “C’è soprattutto un rapporto viziato con lo Stato che nasce, e spero sia superato, dalla campagna elettorale e dall’identificazione con il premier”. Sul versante della politica dei trasporti, il fallimento è stato il risultato di una risposta minimale, resa manifesta – ha aggiunto - dal succedersi di tre assessori regionali e di un incarico ad interim. “Non dovevamo solo intervenire nella trattativa, ma partecipare come fa una regione autorevole, perché parlare di Tirrenia è parlare di Sardegna. Avremmo dovuto chiedere la cessione del ramo di azienda per le rotte agevolate, e ottenere con forza quei 72 milioni di euro che appartengono alla Sardegna, visto che dal 2010 abbiamo le competenze sulla continuità territoriale (con la riscrittura dell’articolo 8)”. Si tratta di mancanze che, per il consigliere del Pd, rendono innegabili le responsabilità di questa giunta nell’essersi mossa in maniera tardiva. “Se oggi lei ha mutato rotta nei confronti del governo amico – ha detto, rivolgendosi al presidente Cappellacci – ne chieda conto ai parlamentari del suo partito, che continuano a votare tutte le leggi e le finanziarie che danneggiano la Sardegna”. Sul rapporto penalizzante con il governo di Roma, Bruno ha insistito largamente, lamentando come la scelta della privatizzazione sia giunta ai politici regionali attraverso le agenzie di stampa, e non tramite il presidente Cappellacci.
In conclusione, ha chiarito che il Pd andrà a Roma insieme alla maggioranza, per rivendicare i diritti dei sardi, ma con la consapevolezza del fallimento del governo Cappellacci. “La sua maggioranza non è in grado di dare una linea e una strategia. Io credo – ha proseguito - che questa legislatura sia finita, e occorra fissare una data per nuove elezioni”. Il capogruppo del Psd’Az Giacomo Sanna ha insistito sulla necessità di ritrovare unità. “Perché stare divisi – ha spiegato - significa fare gli interessi dei nemici che stanno fuori dall’Isola, e che hanno dimostrato che possono farci prigionieri in casa nostra”. L’on. Sanna ha parlato di “atti di pirateria” da parte di alcuni ministri che erano seduti al tavolo delle trattative. Atti che richiedono di “armarsi di buon senso” e sostenere il presidente Cappellacci. “La Sardegna ha la necessità di individuare alcune priorità. E io credo - ha proseguito – che sia arrivato il momento di incontrare il presidente del Consiglio per chiarire la situazione”. Si è quindi detto ottimista sugli esiti della vicenda Tirrenia, che ha definito la “partita della vita”, se saranno mantenuti “unità d’intenti e coraggio”. “Dobbiamo andare a Roma e a Bruxelles tutti insieme in modo unitario, per raggiungere un obiettivo comune. Noi del Psd’Az la lotta la faremo fino alla fine, io spero in compagnia di tutti”.
Giuseppe Cuccu (Pd) ha accusato il Governo nazionale: “Da che parte sta? E’ evidente la sua complicità. Abbiamo subito avuto le dichiarazioni trionfali dei ministri Matteoli e Romani. La posizione che ha assunto è dalla parte degli armatori. Ha privilegiato la cassa al diritto dei sardi alla mobilità e alla continuità territoriale”. L’esponente del Partito Democratico ha parlato di fallimento della Giunta per aver lanciato tardi l’appello all’unità e per non aver fatto altrettanto su tutte le altre questioni fondamentali per la Sardegna: entrate, G8, rivendicazione dei fondi Fas, vincoli del Patto di stabilità. “La partita è unica. C’è in gioco la questione del diritto di cittadinanza. La Sardegna è stata umiliata” ha aggiunto Cuccu invitando il centrodestra a cambiare l’agenda politica, lasciando da parte le leggine per pensare alle questioni prioritarie. Solo così si potrà avere quell’unità che deve coinvolgere tutti i parlamentari eletti nell’isola: devono subordinare il loro voto a cose nobili e lo sono i diritti dei sardi alla libertà di movimento e alla mobilità, “diritti strettamente legati alla democrazia”.
Per Tarcisio Agus (Pd) “è venuto il momento di recuperare lo spirito di sardità, lasciando da parte la paura di avere troppa autonomia” in quanto la Costituzione oggi mette la Regione sullo stesso livello dello Stato. In passato, ha ricordato il rappresentante del Partito Democratico, era Roma che decideva ( ad esempio sul Piano di Rinascita e sulla industrializzazione), ma adesso bisogna rivendicare la parità nei rapporti, agire per un’autodeterminazione che consenta di chiedere quanto spetta all’isola senza dover andare con il cappello in mano. Agus ha poi detto che l’insularità, pur utile per la tutela della cultura e dell’identità, non aiuta in un mondo globalizzato nel quale è necessario interrelazionarsi. Quindi, si deve “contrastare il monopolio privato che rischia di isolare la Sardegna dal resto della nazione”.
Antonio Solinas, per il Pd, ha detto di aver “apprezzato alcune parti dell’intervento di Cappellacci, che ha avuto l’umiltà di presentarsi in consiglio regionale ammettendo di avere fallito su un grande tema come quello dei trasporti. Le chiediamo di agire in fretta, recuperando i ritardi, e dimostrando nei fatti che non esistono governi amici”. Però, ha continuato Solinas, va ricordato che “come giunta e come maggioranza avete rifiutato di coinvolgere il consiglio regionale, le forze politiche e sociali, tutte le istituzioni sarde. Oggi siamo ad un bivio. E’ indispensabile un colpo di reni che restituisca speranze ai cittadini sardi, perché a questo schiaffo rischia di seguire qualche altro, anche se mi auguro il contrario, in materia di entrate, fondi Fas, rapporti con lo Stato”. Dopo questi fallimenti chiede coesione? Si è chiesto Solinas: “non ci tireremo indietro, sappiamo di esser non opposizione ma minoranza, e consapevoli di essere solo momentaneamente in questo ruolo. Su entrate e patto di stabilità faremo la nostra parte, ma ci devono essere anche parlamentari sardi, a cominciare da quelli del Pdl e della maggioranza, che spesso sollevano la mano perché il capo chiede la fiducia. Nell’agenda della politica sarda dobbiamo mettere argomenti come questo. Ma chiediamo la garanzia che non ci tireremo indietro fin quando non raggiungeremo l’obiettivo”. L’esponente del Pd ha infine rivolto un appello a “tutte le forze vive della società sarda per andiamo avanti nell’interesse di tutti i sardi. Ma lasciamo da parte i campi da golf, che non sono vere emergenze della Sardegna”.
Per i Riformatori sardi, Michele Cossa ha affermato che il quello attuale è un momento fortemente negativo, nel cui ambito la cosa peggiore è l’atteggiamento sprezzante del governo nei confronti della Sardegna. Siamo arrivati tardi. La vendita a privati di una società pubblica in crisi avrebbe dovuto essere la cosa più naturale; peccato che i privati acquirenti, lucrando sulla Tirrenia in difficoltà, hanno fatto salire i prezzi alle stelle, con le conseguenze che conosciamo. Al di là dei ricorsi, l’unica cosa che si può fare è potenziare il servizio della flotta Saremar”. Forse, ha affermato Cossa, “siamo stati poco incisivi nel rapporto con l’Unione europea, che pure è molto sensibile e rigorosa contro i cartelli antitrust, come lo è del resto anche nei confronti della regione per quelli che considera aiuto di stato. Senza dimenticare che c’è anche un commissario italiano con la delega ai trasporti”. Noi per primi, secondo Cossa, “dobbiamo avere la consapevolezza di sostenere che la Sardegna è l’unica vera regione speciale d’Italia, che deve sciogliere al più presto il nodo dei rapporti con lo Stato. Il governo cosiddetto amico quasi mai è stato dalla parte della Sardegna, a cominciare da una manovra contro le regioni speciali attraverso il patto di stabilità, che rappresenta il freno più pesante allo sviluppo. La cosa preoccupa, fra l’altro, perché nell’Unione europea sembra passata la linea delle sanzioni per le regioni che non sono in grado di dimostrare un adeguato incremento di Pil dopo aver utilizzato i fondi europei. Ma l’Unione non può tenere conto che l’andamento del Pil sardo è influenzato da decisioni esterne, industrie e Tirrenia in primis. Accogliamo quindi il richiamo all’unità. Però dimostriamo la capacità del consiglio e della maggioranza di reagire, è il problema che abbiamo posto come Riformatori.”
Per il consigliere del Pd Franco Sabatini in questa vicenda esistono più livelli di responsabilità. In primis, la responsabilità del governo Berlusconi, che fa “scomparire” la Sardegna per far posto all’interesse di alcuni imprenditori, la cui prova evidente, ha spiegato, è rappresentata dalla richiesta di rinunciare alla flotta sarda. “Questo governo ha più a cuore l’interesse della Tirrenia che della Sardegna, degli imprenditori invece che dei cittadini sardi”. C’è poi da rilevare, per il consigliere dei Democratici, l’intervento tardivo del governatore e della Giunta. “Il richiamo all’unità, condivisibile, è una richiesta che arriva fuori tempo massimo, quando la battaglia è già perduta, o quasi, a voler essere ottimisti”. L’on. Sabatini ha quindi lamentato lo scarso coinvolgimento del Consiglio regionale nelle scelte politiche del presidente Cappellacci, sottolineando che, se questa mattina il consigliere Giacomo Sanna non l’avesse richiamato ai suoi doveri, probabilmente non si sarebbe presentato in Aula a riferire sulla vicenda Tirrenia. “Quando si chiede la coesione delle forze politiche, si chiede però che queste siano portate a conoscenza delle sue scelte. Risponderemo responsabilmente all’appello all’unità – ha concluso – perché la battaglia comune ce la chiedono i cittadini sardi, ma bisogna sapere che questo lo facciamo soprattutto per sopperire a una sua insufficienza”.
Secondo il consigliere Luigi Lotto (Pd) l’appello del presidente Cappellacci “trova scarsa udienza proprio tra le forze politiche che hanno la principale responsabilità nel sostenere la sua azione politica”. In merito alla privatizzazione della Tirrenia, l’on. Lotto ha parlato dell’ennesimo “sopruso” che rileva la mancanza di forza nelle azioni della Giunta, sia a livello legislativo che politico. “Oggisiamo ritornati all’anno zero. Anche le conquista costate tanto al popolo sardo sono diventate lettera morta. Fuori – ha continuato - c’è tanta rabbia e senso di impotenza perché non ci si sente rappresentati in maniera adeguata. Perché nessuno della maggioranza, né in parlamento né in regione, si spende adeguatamente per i loro interessi”.
Carlo Sechi (Sel-Comunisti-Indipendentistas) ha denunciato il “cinismo” del ministro Romani perché il Governo ha venduto “quanto ci spettava e la dignità dei sardi”. Nulla è stato dato ad una Regione alla quale è rimasto ben poco della sua specialità: “Speciale è stato solo il modo con cui è stata trattata”. Ritenendo fondamentale rivendicare con forza il riconoscimento dell’insularità, Sechi ha detto che dopo i ricorsi legali si rischia di arrivare alla “rivolta di un popolo oppresso che non ne può più”. Contestando lo Stato che “mercanteggia” a danno della Sardegna, ha spiegato che se solo si avesse avuto quanto dovuto per l’uso militare del territorio isolano, ci si sarebbe potuti comprare l’intera Tirrenia e le altre compagnie marittime. Sechi ha definito “offensivo e oltraggioso” l’atteggiamento del Governo che aveva posto come condizione per trattare l’eliminazione della flotta sarda. Invitando il presidente della Giunta a frequentare più assiduamente il Consiglio, ha suggerito di “alzare il livello di autonomia” e la chiesto che la mobilitazione dei sardi si faccia su tutte le questioni prioritarie, dalle servitù militari alle bonifiche, dalla vertenza entrate all’autonomia scolastica.
Giorgio Locci (Pdl) ha chiesto, attraverso un fronte comune, l’apertura di un confronto a viso aperto e senza sconti con il Governo. Ha ammesso che loro del Popolo della Libertà dovrebbero “arrivare a fare qualcosa di forte nei confronti dei nostri amici a livello nazionale, fino al punto di autosospenderci, se necessario”. Locci ha anche invitato il presidente Cappellacci a chiamare a raccolta i parlamentari sardi “per inchiodarli di fronte alle responsabilità”: “Ai nostri dobbiamo dire che, se non verranno riconosciuti i nostri diritti, dovranno pure loro autosospendersi, se avranno il coraggio di farlo”. Spiegando che bisogna affrontare la questione del federalismo fiscale, basilare in tema di riconoscimento dell’insularità, e che la questione della Tirrenia non significa che la guerra è perduta, l’esponente del Pdl ha elogiato la volontà della Giunta di risolvere in maniera globale la questione dei trasporti, “il problema dei problemi”. Riferendosi all’opposizione, agli spunti polemici e ai diversi discorsi costruttivi, Locci ha però polemizzato ricordando che l’accordo sulle entrate (Finanziaria 2007) è stato “una sciagura” perché, a fronte di un introito di 1,6 miliardi di euro, la Sardegna si è accollata i costi della sanità, della continuità territoriale e del trasporto pubblico locale.
Francesca Barracciu (Pd) ha espresso solidarietà, “ma non a Cappellacci, ai cittadini della Sardegna e soprattutto a quella parte che aveva votato per lui e la sua maggioranza. La solidarietà nasce dal crollo della fiducia sul quel progetto, per colpa del governo nazionale e per l’incapacità del governo regionale di val valere i diritti della Sardegna”. Finalmente, ha notato Barracciu, “il consiglio regionale torna ad occuparsi, dopo tante leggi inutili, delle vere questioni che interessano la Sardegna, e finalmente il Presidente si presenta in aula, non per sua volontà ma per la richiesta di Giacomo Sanna. Le sue parole, certamente, sarebbero state più forti se la sua presenza fosse stata volontaria e non obbligata. Forse il tempo per la battaglia sui trasporti il tempo è scaduto, abbiamo sentito troppi annunci troppe volte senza che fossero mai seguiti da atti concreti, anche in occasioni che avevano portato all’approvazione di ordini del giorno unitari del consiglio”. La questione della Tirrenia, ha poi ricordato l’esponente del Pd, “fa il paio con quella delle entrate; a luglio non sappiano ancora se e quando il consiglio dei ministri esaminerà le norme di attuazione. Sappiamo però che la manovra taglierà una quantità ingente di risorse per i prossimi anni. L’incapacità è conclamata e i ritardi gravissimi e quello della Tirrenia è stato un fallimento annunciato, per un governo regionale che aveva fatto vedere allo Stato di non avere la schiena dritta”. Per quanto riguarda l’appello all’unità, ha concluso Barracciu, “non ci tireremo indietro, ma l’impegno unitario per la Tirrenia non basta: ci sono anche le entrate, le servitù, i fondi Fas e tutto ciò di cui abbiamo parlato per due anni e mezzo senza essere ascoltati. Il tempo della diplomazia è finito”.
Claudia Zuncheddu (Sel-Comunisti-Indipendentistas) ha detto fra l’altro che “l’affermazione dei diritti dei sardi in materia di trasporti è per l’isola una questione di sopravvivenza. Il governo ha disatteso e beffato gli interessi della Sardegna, in linea con l’atteggiamento di tutti i governi che, in 70 anni di autonomia, hanno trattato questo problema con estrema superficialità, anche se le forze di ispirazione sardista avevano portato all’attenzione del consiglio regionale la proposta di una flotta sarda”. Quella di Tirrenia, per Zuncheddu, “è una storia di disservizi gravissimi pagati con i soldi dei contribuenti. Il Presidente Cappellacci e l’Assessore Solinas, quindi, devono rendere conto al consiglio regionale di quanto fatto in questi mesi, di come è esercitato il ruolo istituzionale della regione nei confronti del governo Berlusconi”. Quella della flotta sarda, a suo avviso, “è una prospettiva giusta, che si può realizzare se c’è l’accordo di tutte le forze politiche. Quanto all’appello all’unità, siamo pronti a lottare per i sardi, ma prima vogliamo tutte le carte in tavola. Riprendiamoci la dignità e con essa un progetto di autogoverno”.
Il consigliere del Pdl Pietro Pittalis, rivolgendosi al capogruppo del Pd Bruno, ha detto che “è inutile che insista sull’ipotesi delle elezioni anticipate. Sta diventando una vera e propria ossessione per lui e la sua parte politica. Questa maggioranza – ha continuato - non ha nel suo programma lo scioglimento anticipato del Consiglio, e l’anticipata fine della legislatura. Nella storia autonomistica è successo una sola volta con il presidente Soru, e c’è bastata quell’esperienza”. Pittalis ha quindi assicurato che, nonostante l’esistenza di “Cassandre di sventura” all’interno della stessa maggioranza, il suo gruppo lavorerà fino a fine legislatura per dare concreta attuazione al programma. Ha quindi lodato l’intervento del presidente Cappellacci, paragonandolo alla “figura sardista e autonomista” di Mario Melis, e difeso l’operato del governatore e dell’assessore regionale ai Trasporti perché hanno agito – per il consigliere di maggioranza – “sulla base di deliberati di quest’Aula, che maggioranza e opposizione hanno condiviso, indicando una strada e un percorso a cui lei (presidente) si è attenuto attentamente”. L’auspicio espresso in chiusura è stato quello di inaugurare una nuova stagione dell’autonomia “che non sia di mero piagnisteo, ma si traduca in azioni concrete, per assicurare il buon diritto della regione”.
Il consigliere del Pd Elia Corda giudica la nascita della compagnia sarda di navigazione un’iniziativa importante in risposta alla “vessazione da parte del governo nazionale”. Un’iniziativa che è però stata adottata tardivamente, senza che potesse limitare gli effetti negativi del caro tariffe sul turismo. “Con l’avvenuta consegna della Tirrenia al gruppo degli armatori privati – ha detto - oggiassistiamo a un danno immane, oltre che alla beffa. Con nessuna concorrenza, infatti, le conseguenze sono facilmente immaginabili”. In merito all’appello del governatore al senso di responsabilità del Consiglio, Corda ha chiarito che l’Aula non sarà sorda al suo richiamo, ma ha aggiunto che non possa passare sotto silenzio “la scarsa efficacia” dell’azione dei parlamentari sardi del Pdl.
Chicco Porcu (Pd) ha detto di voler dividere il suo intervento in una parte critica e in una costruttiva. Ha ammesso che esistono remore nell’accogliere l’appello del presidente Cappellacci perché “le esperienze del passato pesano” e ha ricordato come più volte, dal novembre 2009, si era cercato di sollecitare prese di posizione in merito alla privatizzazione della Tirrenia. “Ci sembra invece che il risveglio della Regione sia avvenuto a vendita pressoché conclusa – ha spiegato – mentre nei due anni e mezzo precedenti la maggioranza si è occupata di altro”. Il problema, ha proseguito l’esponente del Partito Democratico, è che si è sbagliato nel pensare la soluzione, quella di entrare in Tirrenia perché non si può contemporaneamente fare da regolatore del mercato e l’armatore. Ha poi citato la vertenza entrate come esempio di un’apertura di credito non seguita dal rispetto degli impegni, ma ha aggiunto che bisogna comunque guardare avanti per l’interesse della Sardegna. La condizione posta è che si pongano le basi per una vertenza globale che, oltre alla rivendicazione del diritto alla mobilità e alla partita delle entrate, possa racchiudere la questione delle norme di attuazione del federalismo fiscale. Infine, Porcu ha suggerito che tutti i parlamentari e i consiglieri regionali sardi elaborino una memoria da consegnare alla Commissione europea.
Gian Valerio Sanna (Pd) ha chiesto che la si smetta di parlare del caso Tirrenia definendolo una vertenza: dal latino la “questione da definire” non combacia con quella che è oramai una partita persa. Ricordando che i diritti vanno difesi per via pattizia, necessariamente conflittuale e che non permette ritardi o intercessioni, l’esponente del Partito Democratico ha condizionato la disponibilità ad un sussulto: “Date un segnale sulla composizione dell’agenda politica di questa Regione. Possiamo parlare di tutto tranne che di golf e di palline in un momento così drammatico. Ci serve per essere credibili, per dare risposte qui fuori”. Sanna ha aggiunto che qualunque forza politica intelligente capirebbe che il sacrificio vale la sfida, in un momento nel quale ci si gioca la specialità della Sardegna. Ha poi attaccato: “Macchè Governo di amici; abbiamo il Governo degli affari propri”. Riferimento diretto è stato fatto al ministro dei Trasporti Matteoli: “Ha detto che il Governo ha mantenuto i suoi impegni; ha garantito l’occupazione dei napoletani”.
Il vice Presidente Cucca ha dato quindi la parola al Presidente della regione per una comunicazione all’assemblea.
Il Presidente della Regione on. Ugo Cappellacci, nel suo breve intervento, ha comunicato che domani non potrà prendere parte ai lavori dell’aula perché impegnato a Roma in un incontro col Ministro dell’Economia Tremonti sulla vertenza entrate. Soffermandosi poi sui rilievi critici riguardanti le sue assenze dall’aula, il Presidente ha affermato che non sono dovute “ad una scelta di linea personale e politica, ma ad una necessità determinata anche da una situazione emergenziale di una gravità inaudita. Ho grande rispetto del consiglio regionale e per me sarebbe anche piacevole partecipare con assiduità ai lavori dell’assemblea. Per questo volevo scusarmi in anticipo ed assicurare che sarà presente l’Assessore della Programmazione”.
Al termine della comunicazione del Presidente della regione, il vice Presidente del consiglio Cucca ha dichiarato chiusa la seduta. I lavori riprenderanno domani mattina alle ore 10.00.