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Chiesto il giudizio per Mora, Fede e Minetti

Lele Mora, il talent scout in carcere per bancarotta, era "l'arruolatore", Emilio Fede il "fidelizzatore" e Nicole Minetti l"'organizzatore economico e logistico", "l'amministratore del bordello": è questo il "sistema strutturato per fornire ragazze disponibili a fare sesso a pagamento" con Silvio Berlusconi ad Arcore ricostruito oggi dal procuratore aggiunto Pietro Forno e dal pm Antonio Sangermano durante l'udienza preliminare nella quale hanno ribadito la richiesta di processo per i tre imputati.

Un intervento, quello dei due magistrati, definito da chi era in aula (il procedimento si tiene a porte chiuse), "sobrio, tecnico, stringato", dove pero' ad un certo punto e' arrivato un macigno: la parola "bordello" che come poi ha precisato Forno e' stata usata "come riferimento storico alla divisione dei compiti" all'interno delle case chiuse poi soppresse con la legge Merlin.

Una divisione dei compiti attribuita a Mora, Fede e Minetti, accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, per organizzare i presunti festini a luci rosse nella residenza milanese del "fruitore finale" e cioe' del "Presidente del Consiglio, onorevole Silvio Berlusconi". Serate durante le quali, come recita il capo di imputazione, si svolgeva il "bunga-bunga" e alle quali avrebbero partecipato complessivamente almeno 32 ragazze maggiorenni e, la 33ma, la minorenne Ruby Rubacuori.

Insomma per i pm, quello architettato per le feste a Villa san martino, era un "sistema per compiacere" il premier, attraverso il quale si consumava "la mercificazione della fisicita' della donna e la mortificazione della dignita' femminile", con Mora che, grazie al suo lavoro, aveva facilita' nel reclutare le ragazze, con Fede che verificava la loro "affidabilita', riservatezza e disponibilita"' e Minetti che, come lei stessa aveva ammesso in una telefonata intercettata con un'amica, si occupava della loro gestione e dei compensi.

"Mercificazione e mortificazione" che hanno portato le due miss piemontesi Chiara Danese - oggi in aula con una faccia un po' spersa e un sorriso timido - e Ambra Battilana a chiedere e a ottenere di essere parte civile nel procedimento, perche' da quando e' venuta a galla la vicenda, hanno ritenuto di aver subito un danno alla loro immagine, morale e patrimoniale, quest'ultimo dettato alla perdita di chance lavorativa.

Loro ad Arcore ci sono state una sola volta, il 22 agosto dell'anno scorso: sarebbero state portate dal direttore del tg4 Fede, convinte di partecipare a una di quelle cene "eleganti e conviviale", come risulta dai molti verbali delle indagini difensive. Invece si sarebbero ritrovate in tutt'altro ambiente e, per giunta, come si legge nella loro istanza di costituzione di parte civile considerate al pari di meretrici, quando non lo sono, e quindi costrette a 'scappare' da Villa San Martino sconvolte per quel che avevano visto.

"Sono contenta, speriamo tutto vada bene" si è limitata a dire Chiara prima di lasciare il palazzo di giustizia milanese. Il nuovo appuntamento davanti al gup Maria Grazia Domanico è stato fissato per l'11 luglio quando la parola passerà ai legali di Chiara e Ambra. Poi tocchera' alle difese che, insieme alla loro discussione, presenteranno al giudice una serie di eccezioni prelimninari sulle quali, con ogni probabilita', il giudice rispondera' a un'udienza successiva.

La decisione se mandare a processo i tre imputati dovrebbe arrivare dopo l'estate. Procede separato, invece, il capitolo sulle intercettazioni da trascrivere. Se n'è discusso nel tardo pomeriggio. Le difese chiedevano al giudice una perizia sotto forma di incidente probatorio - cosa che avrebbe in parte allungato i tempi dell'udienza - mentre l'accusa che fosse affidato l'incarico 'esterno' ad un perito. Ed e' quest'ultima la strada scelta dal gup che ha fissato per il prossimo 3 ottobre l'udienza per nominare un tecnico.

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