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Operazione “Atlantis” della Gdf di Cagliari, naufraga la Città dell’Innovazione

Se è vero come dicono gli archeologi che la leggendaria isola di Atlantide, raccontata da Platone, altro non sarebbe che la Sardegna, quello trovato dai Militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza al termine delle indagini sulla “Atlantis, la Città dell’Innovazione” Spa di Cagliari è un altro pezzo di economia sarda affondato con oltre 25 milioni di euro di denaro pubblico sperperato.

Infatti, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, la Polizia Tributaria e la Tenenza di Sarroch hanno portato a termine una complessa e articolata attività di polizia economico-finanziaria nei confronti della “Atlantis”, beneficiaria, nel tempo, di ingenti finanziamenti nell’ambito della ricerca scientifica nel settore informatico, rivenienti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo di Sviluppo Europeo (FSE).

Le indagini hanno riguardato in particolare i 25 milioni di euro di contributi pubblici percepiti dalla società sotto indagine per la realizzazione di 6 progetti relativi alla realizzazione di “software” e un corso di formazione finalizzato all’assunzione di personale nella stessa società.

Tra i suoi progetti, la società proponeva soluzioni tecnologiche altamente innovative, tali da garantire l’informatizzazione di alcuni settori della Pubblica Amministrazione, tra i quali un sistema di promozione integrata del territorio mediante la valorizzazione del patrimonio musicale, informativo e culturale, un modello di piattaforma tecnologica – applicativa innovativa per la produzione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti tipici sardi delle filiere casearie e vitivinicole.

In considerazione del particolare settore di operatività della società (ricerca e produzione di software), durante le perquisizioni, le Fiamme Gialle hanno proceduto al sequestro dei dati custoditi all’interno dei personal computer e dei relativi server aziendali posti all’interno dei locali della sede principale, nonché di quelli in uso presso le società collegate. Inoltre veniva acquisita  presso il Ministero, Regione, Istituti di credito o Enti concessionari, la documentazione concernente la richiesta e l’erogazione delle sovvenzioni pubbliche.

I militari del Comando Provinciale di Cagliari hanno accertato durante li interrogatori degli indagati, numerosi dipendenti (oltre 100) dell’Atlantis e delle società collegate, che dai riscontri documentali risultavano aver prestato la loro opera nell’effettuazione in più progetti.

Dalle indagini è emerso anche che, in realtà, avevano prestato la loro opera solo in alcuni di questi dipendenti.

In particolare, gli accertamenti eseguiti hanno poi permesso di far emergere i diversi espedienti illeciti adottati dalla società per far lievitare o imputare costi inesistenti ai progetti in corso d’opera attraverso la maggiorazione delle ore di lavoro dei ricercatori che avevano partecipato all’attività progettuale; la rendicontazione, quale attività di ricerca, delle ore effettuate da personale dipendente (tra cui quello amministrativo e manutentore) che, non avendo avuto i titoli necessari né tantomeno le capacità professionali, non aveva mai effettuato alcuna attività di ricerca scientifica; l’imputazione del costo orario del personale, formalmente “distaccato” dalle società controllate dall’Atlantis, ai progetti agevolati per i quali quest’ultimi non avevano mai svolto alcuna attività.

Il complesso delle irregolarità riscontrate aveva quindi consentito di rilevare la completa inattendibilità della documentazione presentata dalla Atlantis alla Pubblica Amministrazione e di far emergere maggiori costi non rendicontabili pari a oltre 7 milioni di euro.

Di qui la denuncia alla Magistratura inquirente di 5 responsabili in concorso tra loro per aver messo in atto una truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche e aver emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti.

Infine, altri e conseguenti accertamenti di polizia economico-finanziaria, questa volta eseguiti sotto la direzione della Procura Regionale presso la Corte dei Conti, hanno fatto emergere la responsabilità dei denunciati per il danno erariale di 25 milioni di euro, pari all’importo dei contributi già incamerati dall’azienda.