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I dati dei quattro gruppi di lavoro della riforma fiscale affermano che l’evasione fiscale: 13,5%

L'evasione media degli italiani si è attesta nel 2010 al 13,5% del reddito dichiarato. Infatti, in media non sono stati dichiarati al fisco 2.093 euro a contribuente. 
E' questa l'ultima stima dell'evasione fiscale contenuta nel rapporto finale stilato da uno dei quattro gruppi di lavoro della riforma fiscale. 
Non tutti pero' evadono nella stessa misura. Al centro il tax gap è di 2.936 euro, pari al 17,4%; al Nord di 2.532 euro, pari al 14,5%. Più basso al Sud: si attesta al 7,9%, pari a 950 euro di redditi Irpef evasi a testa. 

E' concentrata soprattutto su lavoratori autonomi-imprenditori e su proprietari di immobili dati in affitto l'evasione fiscale. E' quanto emerge dall'ultima stima sui redditi non dichiarati ai fini dell'Irpef contenuta nel rapporto finale del tavolo sulla riforma fiscale dedicato all'economia non osservata". 

In particolare, rispetto ad un tasso medio di evasione del 13,5%, gli autonomi-imprenditori dichiarano il 56,3% in meno, celando al fisco ben 15.222 euro a testa, e i rentier l'83,7%, pari al 17.824 euro pro-capite. I pensionati invece versano il 7,7% in più

L'economia sommersa in Italia vale da un minimo di 255 ad un massimo di 275 miliardi di euro ed è dovuta per il 37% a lavoro non regolare. Conferma le stime già diffuse dall'Istat sul sommerso nel 2008 il rapporto finale di uno dei gruppi di lavoro sulla riforma fiscale voluti dal ministero dell'Economia. 
Il voluminoso rapporto parte infatti dall'economia in nero, spiegando che però i suoi valori non possono essere direttamente riferiti come evasione fiscale perché, a seconda dell'imposta, il "tax gap", cioè la differenza tra reddito e imponibili fiscali, tende a cambiare. 

I dati sul sommerso, riferiti al 2008, sono però la base di partenza per tutte le elaborazioni successive. In particolare viene calcolato che una quota del 55,6% del sommerso (153 miliardi) è riferibile alla "correzione del fatturato e dei costi intermedi", mentre il 37,2% (102 miliardi) al lavoro non regolare. 

Ci sono poi 19,6 miliardi indicati sotto la voce "riconciliazione stime offerta e domanda". Dai dati emerge che la quota di sommersa dovuta al lavoro irregolare e' diminuita nel tempo: passando dal 39,5% del 2000 al 37,2% del 2008. La ripartizione del sommerso vede la quota maggiore di "nero" celarsi nel settore che assorbono 212,9 miliardi, contro i 9,2 miliardi dell'agricoltura e i 52,8 miliardi dell'industria. Ma, rispetto al "valore aggiunto" dei singoli settori, in agricoltura la quota di sommerso è pari al 32,8% del totale, mentre scende al 20,9% nei servizi e al 12,4% nell'industria.

 In Italia, dati del 2009, sono 2 milioni e 966mila i lavoratori irregolari. E' la stima riportata dal rapporto finale stilato dal gruppo di lavoro della riforma fiscale dedicato all'economia non osservata". Il tasso di irregolarità, calcolato in rapporto al totale delle unità di lavoro, è pari al 12,2%. Il dato è in linea con gli anni immediatamente precedenti al 2009, in aumento rispetto al 2003 (2,811 milioni) e in calo rispetto al 2001 (3,280 milioni). Rispetto al dato del 2001, rileva il rapporto, "alle riduzioni delle unità di lavoro non regolari si è accompagnata, nello stesso periodo, una crescita delle unità di lavoro regolari". Hanno inciso anche le nuove tipologie contrattuali, come il lavoro interinale.