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Istat – Un italiano su 4 sperimenta la povertà

In Italia la crisi ha portato indietro le lancette di quasi 10 anni e la ripresa è moderata. Il rapporto Istat fotografa la situazione e sottolinea che tra il 2001 e il 2010 in Italia c'è stata la peggiore performance di crescita fra tutti i paesi Ue, con un tasso medio dello 0,2% contro l'1,3%. Per salvaguardare i consumi, le famiglie hanno progressivamente eroso il risparmio, e la propensione all'accantonamento si e' attestata al 9,1%, ai minimi dal 1990.

Pesante l'impatto sull'occupazione: nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità, e i più colpiti sono stati 501 mila under 30. Secondo l'Istat, che registra un'emorragia lavoro al sud, ma vede fortemente colpito anche il Nord, la recessione da un punto di vista tecnico è finita, ma restano le conseguenze sul sociale. E circa un quarto degli italiani sperimenta il rischio povertà o esclusione sociale.

"I consumi privati hanno fornito un contributo alla crescita del Pil di sei decimi di punto, mentre è emerso un primo recupero degli investimenti e una ricostituzione importante delle scorte. Negativo, per circa mezzo punto percentuale, è stato invece l'apporto della domanda estera netta".

L'Istat segnala che "i consumi delle famiglie, dopo una caduta iniziale piu' ampia rispetto a altri paesi, dove vi è stato un importante ruolo di sostegno della politica di bilancio, dalla seconda metà del 2009 hanno mantenuto un ritmo di crescita analogo a quello medio dell'Uem, cosicché il divario apertosi durante la recessione si e' stabilizzato".

"In Italia l'impatto della crisi sull'occupazione è stato pesante. Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati e' diminuito di 532 mila unita"'. I più colpiti sono stati i giovani tra i 15 e i 29 anni, fascia d'età in cui si registrano 501 mila occupati in meno.

Per l'Italia quello appena finito è stato un "decennio perduto in cui la produttività non cresce". Una "debolezza dell'economia" che ha riguardato "l'intero sistema produttivo". E' quanto rileva l'Istat che, nel rapporto annuale 'La situazione del paese nel 2010', evidenzia come il sistema produttivo sia caratterizzato da una "debolezza complessiva" rispetto ai mutamenti del contesto competitivo e, inoltre, sottolinea "le difficoltà ad agganciare la ripresa in corso". Nella recente fase di recupero dell'attività produttiva, si legge, "l'input di lavoro totale ha continuato a diminuire ma con un ritmo via via attenuato sino a mostrare un primo segnale, ancora incerto, di inversione di tendenza all'inizio del 2011".

Nel nostro Paese circa un quarto della popolazione (24,7 per cento) sperimenta il rischio di povertà o esclusione, un valore superiore alla media Ue (23,1). E' quanto emerge dal "Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010" elaborato dall'Istat, in riferimento alla Strategia Europa 2020 che delinea le grandi direttrici politiche per stimolare lo sviluppo e l'occupazione nell'Ue. Nel 2008-2009 circa 800.000 madri italiane hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizioni di doversi dimettere in occasione o a seguito di una gravidanza. Si tratta dell'8,7 per cento delle donne che lavorano o hanno lavorato in passato. A subire più spesso questo trattamento, si legge nel dossier Istat, "non sono e donne delle generazioni più anziane, ma le più giovani (il 13,1% delle madri nate dopo il 1973), le residenti nel Mezzogiorno (10,5) e le donne con un titolo di studio basso (10,4)".

 Sono due milioni in Italia le persone, in gran parte anziani o adulti in gravi condizioni di salute che sono abbandonati a se' stessi. Il 37,6% risieda nel Mezzogiorno. Si tratta di persone, spiegano gli analisti Istat, "che non sono state raggiunte da alcun tipo di sostegno pur vivendo sole o con altre persone con limitazioni, o in un contesto familiare parzialmente o del tutto incapace di rispondere ai loro bisogni". Nel Mezzogiorno il 57% delle persone in queste condizioni ha dichiarato che le risorse della propria famiglia sono scarse o insufficienti; nel Nord-est questa stessa situazione riguarda il 48% del totale.

L'Italia ha mantenuto sotto controllo i conti pubblici, e nel contesto della crisi "a differenza di molte economie europee" non ha avuto bisogno "di interventi di salvataggio del sistema finanziario e, nel contempo, ha avuto margini di manovra molto ristretti per attuare politiche anticicliche". Nel frattempo, le entrate mostrano un "aumento moderato" dovuto principalmente al recupero delle imposte indirette e in particolare dell'Iva.

Secondo quanto si legge nel rapporto dell'Istat, "l'aumento del rapporto debito/Pil nel nostro Paese - circa 15 punti percentuali nel triennio (2,9 nel 2010), contro i 18 in Francia e Germania, i 24 in Spagna, gli oltre 35 nel Regno Unito – è derivato quasi esclusivamente dal livello elevato dello stock di debito associato alla contrazione del Pil, mentre il saldo primario strutturale (al netto degli effetti del ciclo) è rimasto positivo lungo tutto il triennio". Nel corso del 2010 in Italia il rapporto deficit/Pil è sceso dal 5,4 al 4,6% (dal 5,3 al 4,5 se non si considerano le operazioni di swap). "Per quel che riguarda l'Italia, il miglioramento e' dovuto agli interventi di contenimento della spesa, diminuita dello 0,7% in valore e di 1,5 punti percentuali rispetto al Pil. Al modesto recupero del valore delle entrate (+0,9%) ha corrisposto invece un calo di 0,6 punti percentuali della relativa quota sul Pil."

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