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Nuovo carcere Cagliari: Sdr, Asl verifichi livelli salubrità aria

“La zona in cui sta sorgendo il nuovo penitenziario di Cagliari, nelle campagne di Uta, deve essere sottoposta a un’approfondita analisi per verificare le condizioni di salubrità dell’aria. Dalle segnalazioni dei cittadini alla nostra associazione risulta infatti che, in particolare nei mesi estivi, l’aria diventa irrespirabile per la presenza di miasmi derivanti dalla lavorazione degli scarti della carne”.

Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione SDR, avendo verificato con alcuni tecnici che, ancora una volta, permane il problema della qualità dell’aria e quindi della sicurezza per la salute dei cittadini privati della libertà, degli operatori penitenziari, del personale amministrativo e degli agenti di Polizia Penitenziaria costretti a frequentare la mega struttura detentiva.

“Nei mesi scorsi – sottolinea Caligaris – avevamo messo l’accento sullo sgradevole, nauseabondo odore che si sente in prossimità dell’area prescelta per la costruzione del penitenziario destinato ad accogliere in teoria 750 detenuti. La questione però non è stata assunta con la necessaria attenzione e non ci risulta che siano state intraprese iniziative per verificare le condizioni di salubrità dell’aria o quantomeno del rispetto del regolamento dell’Unione Europea risalente al 2002 sulla ‘raccolta, trasporto, magazzinaggio, manipolazione, trasformazione e uso o eliminazione dei sottoprodotti di origine animale’”.

“In base al disciplinare vigente nel territorio europeo infatti – sottolinea Caligaris – i problemi relativi alle emissioni di fumi o gas inquinanti dovrebbero essere completamente superati così come quelli che riguardano i miasmi. La norma prevede che il trasporto avvenga con camion chiusi e adeguatamente refrigerati e impone una serie di processi di lavorazione per garantire in ogni fase condizioni ideali. L’accertamento da parte dei tecnici della ASL e/o dell’Ufficio di Igiene Pubblica escluderebbe qualunque illazione in merito e detenuti, familiari, agenti di Polizia Penitenziaria nonché avvocati, magistrati, amministrativi e operatori potrebbero stare tranquilli”.

“Le perplessità sull’adeguatezza dell’Istituto Penitenziario alle norme in materia di lavoro in sicurezza tuttavia non si esauriscono con gli aspetti della salubrità dell’aria, ci sono infatti all’interno del nuovo Istituto questioni – rileva ancora la responsabile di SDR – di non minore gravità. Risulta infatti che non siano stati previsti la sezione femminile e neppure idonee stanze per accogliere adeguatamente gli educatori. Le celle non sono state dotate di prese per fornellini elettrici (che potrebbero evitare il pericoloso uso di quelli con bombolette di gas, spesso usate dai detenuti per stordirsi) e sono state dipinte con un grigio poco conciliante con le teorie che indicano nelle scelte cromatiche un primo momento significativo per ridurre gli episodi di autolesionismo”.

“Abbiamo potuto appurare – conclude Caligaris – che nel carcere di Uta non è stato progettato il Centro Clinico. Pensiamo però che non sia una dimenticanza ma un’indicazione del Ministero della Giustizia che vuole destinare una parte importante del nuovo istituto ai detenuti del 41 bis, cioè a camorristi e importanti personaggi della malavita organizzata, lasciando però in funzione il carcere di Buoncammino. La Sardegna insomma si conferma un’isola-carcere e la presunta urgenza dei lavori, assegnati senza pubblico bando, finisce col nascondere una verità: il carcere di Uta e gli altri di Sassari, Oristano e Tempio, oltre ai lavori di ristrutturazione in quello di Nuoro, trasformeranno la Sardegna nella regione italiana con il maggior peso di servitù penitenziarie. Un ulteriore primato negativo sull’impiego del territorio”. Red