Contro questa 'dittatura della maggioranza' non resta che lasciare il Parlamento. Rosy Bindi chiede che l'opposizione abbandoni le Camere in segno di protesta dopo la giornata di ieri, caratterizzata dalla bagarre alla Camera sulle iniziative del centrodestra in tema di prescrizione breve.
In un'intervista a La Repubblica il presidente del Pd spiega: "Ci vuole una strategia coordinata e programmata di iniziative in Parlamento e fuori dal Parlamento. Un'organizzazione scientifica della nostra opposizione. Il momento è tale che non possiamo rispondere con mezzi ordinari a una situazione straordinaria".
Ma le monetine stile Tangentopoli di ieri? "Dobbiamo decidere insieme qual è la soluzione migliore - dice Bindi - Ma insisto: la non partecipazione può essere più chiara, più diretta di una partecipazione che non incide e spesso si rivela inutile", e pertanto deve restare "il presidio permanente davanti a Montecitorio. La dittatura della maggioranza merita una risposta forte. Non c'è più rispetto per le regole e non c'è rispetto nemmeno per la realtà visto che il Parlamento si accinge a votare un testo che dice: sì, Ruby è la nipote di Mubarak".
"La mobilitazione non finisce qui - scrive sul suo blog Gianfranco Mascia - uno degli animatori del popolo viola - Da oggi alle 10 saremo davanti a Montecitorio in una mobilitazione permanente fino a quando il decreto legge sulla prescrizione breve sarà alla Camera dei Deputati. Poi ci sposteremo al Senato. In questo momento - decisivo per le regole democratiche del nostro Paese - è fondamentale che ciascuno faccia la sua parte. In previsione di una grande mobilitazione di unità e resistenza, da mettere in cantiere quanto prima (ieri si proponeva il 16 aprile) tutti insieme: partiti, movimenti, sindacati e società civile".
E il lancio delle monetine? "L'ho fatto e lo rivendico, perché in questo momento è necessario metter in campo anche questi gesti simbolici e tutte le azioni che costringano i membri della maggioranza a prendersi le loro responsabilità". "Certo - conclude il blogger - il clima era simile a quello Raphael che ha visto nel 1993 protagonista Craxi. Con una differenza sostanziale: mentre allora l'obiettivo era il principale protagonista dello sfascio dell'Italia degli anni '80, ieri è stata colpita una comparsa, punito proprio per la sua accondiscendenza con il tentativo golpistico di Berlusconi".
"In un paese civile si saprebbe prima, se chi vuole governare è una persona per bene o un delinquente", dice Di Pietro, che condanna l'uso "personalistico" della giustizia contro il quale Italia dei Valori ha promosso il referendum contro il legittimo impedimento.
Perché i manifestanti sono arrivati sotto il portone di Montecitorio? Se lo chiede il sottosegretario all'Attuazione del programma Daniela Santanchè, in una intervista al Messaggero, nella quale sostiene che "basta vedere le bandiere per capire che la piazza è stata riempita da Bersani e Di Pietro. Sono loro che aizzano gli animi". Quanto alla bagarre alla Camera che si è conclusa con la sospensione dei lavori da parte del presidente della Camera, Gianfranco Fini, Santanchè minimizza: "Fini ha chiuso i lavori perché aveva un impegno. Diciamo che ha preso la palla al balzo per liberarsi la serata". E il gesto di Ignazio La Russa non era rivolto a lui ma "all'Aula. Nella concitazione del momento può scappare ma si è già scusato".
Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, entra nel merito della questione: "E' paradossale che ci si stracci le vesti per una razionalizzazione dei tempi di prescrizione, a seguito peraltro di una legge che li ha allungati, in un Paese nel quale non si dice una sola parola sulla 'prescrizione elastica' inventata a Milano per tenere artificiosamente in vita il processo Mills".
"Se l'opposizione è in cerca di pretesti per non confrontarsi sulla riforma della giustizia - ha concluso il Vicepresidente dei senatori Pdl- dovrà spiegare al Paese la sua contrarietà a un testo che ponga accusa e difesa sullo stesso piano e garantisca al giudizio un'autentica terzietà. Se invece l'intenzione è quella di dialogare a futura memoria sperando che nel frattempo la magistratura tolga di mezzo di Berlusconi, per giunta in assenza delle minime garanzie processuali - conclude Quagliariello - non potranno certo contare sul nostro aiuto".