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Unità d’Italia, Alessandra Giudici presidente provincia Sassari.

Ci sono grandi fatti della storia che rappresentano una vera e propria cesura – un taglio, uno stacco netto col passato – e altri che somigliano più a dei tornanti lungo il fluire degli eventi. E poi ci sono i grandi fatti della storia contemporanea, ancora troppo attuali – troppo giovani le loro conseguenze – per essere già catalogati per sempre tra le cesure o i tornanti della storia.

È il caso dell’Unità d’Italia, che rappresenta una cesura per chi legge in quell’avvenimento un fatto improvviso, brusco, quasi imposto per legge. Sin dalla nascita del Regno d’Italia, il processo di unificazione “politica” del nostro Paese subisce critiche che influenzano ancora oggi movimenti autonomisti e separatisti, meridionali e settentrionali.

Al contrario, l’Unità d’Italia viene rappresentata come l’ovvio traguardo di un percorso iniziato ben prima del Risorgimento, durante la dominazione romana, quando l’Italia iniziò ad acquisire oggettivi tratti di unitarietà, e conclusosi solo con la Resistenza, che talvolta viene definita idealmente come un Secondo Risorgimento. In quest’ottica la nascita del Regno d’Italia non è che un tornante, pur significativo, di un processo in atto da sempre.

Non so se sul piano storico sia giusto considerare l’Unità d’Italia una cesura o un tornante. Di sicuro, l’Italia oggi è un sentimento. Oggi l’Italia è il senso di appartenenza a una nazione e a un popolo dall’identità plurale, donne e uomini i cui destini sono diventati un destino comune per volere dei fatti che si sono succeduti negli ultimi 150 anni. Per questo l’Unità d’Italia va celebrata, perché rappresenta la presa di coscienza di quello che siamo oggi, da Nord a Sud, e che forse siamo sempre stati.

Il 23 ottobre 1859 fu emanato il Regio Decreto 3702, a firma del Ministro dell’Interno del Regno di Sardegna, Urbano Rattazzi, con cui si ridisegnava radicalmente la geografia amministrativa dell’intero Stato sabaudo. Il decreto definiva con esattezza l’amministrazione locale del Regno di Sardegna che, sul modello francese, venne suddiviso in Province. Ne furono istituite 17. Tra queste, la Provincia di Sassari, che all’epoca comprendeva anche la parte settentrionale della successiva Provincia di Nuoro, nonché la Provincia di Olbia-Tempio, di recente istituzione, e la parte più settentrionale della Provincia di Oristano. L’ordinamento di questo decreto venne esteso a tutta l’Italia dopo l’unificazione del 1861.

La Provincia di Sassari è stata dunque uno dei pilastri istituzionali su cui è stata fondata l’Unità ed è cresciuta insieme all’Italia. La Provincia di Sassari ha assistito al percorso compiuto in questi 150 anni lungo il cammino intrapreso, quello destinato alla realizzazione di quell’Unità culturale, sociale ed economica che ancora oggi, anche a distanza di 150 anni, non è compiuta del tutto.

Non pare fuori luogo, in una occasione del genere, rivendicare il ruolo che le autonomie locali – Regioni, Province e Comuni – hanno sempre esercitato e continuano a esercitare per il bene del Paese, per il suo funzionamento, per il suo governo. Sono le ragioni della storia, dalla genesi dell’unificazione sino a oggi, a legittimare un’Unità fondata, anche dal punto di vista istituzionale, sull’esistenza di diversi gradi di autonomia. È quello che chiede il Paese, caratterizzato da forti disomogeneità sia di tipo culturale e sociale che di natura economica e geografica. Disomogeneità che consideriamo una risorsa primaria, la nostra principale ricchezza. È il nostro modo di sentirci Uniti. Red