Il dibattito è poi proseguito sotto la presidenza di Claudia Lombardo e la presidente ha dato subito la parola al primo firmatario della mozione 111, Giacomo Sanna durante il prosieguo del dibattito ieri in Aula, ha dichiarato ancora di rinunciare alla replica.
Adriano Salis (Idv) dal canto suo ha apprezzato la relazione dell’Assessore Solinas soprattutto per la volontà di individuare margini di miglioramento del servizio per andare incontro alle esigenze degli operatori, dei cittadini e degli enti locali. “Il problema è molto serio-ha concluso Salis-ma sono convinto che il dibattito abbia aperto uno spiraglio ed offerto nuovi stimoli sia al governo che al consiglio regionale”.
La mozione viene approvata col seguente risultato: presenti 58, votanti 57, favorevoli 57, astenuti 1.
“Nessuno deve decidere quale modello di sviluppo debba avere la nostra regione, né quali produzioni allocare sul nostro territorio, non vogliamo delegare all’Eni e al governo nazionale il destino dei sardi”, così ha esordito Giampaolo Diana (Pd) nell’illustrare la mozione 110 di cui è il primo firmatario. Diana ha ricordato le cifre sul comparto chimico in Sardegna, “l’unico comparto positivo dell’sola contrariamente a quanto si possa pensare”, che rappresenta il12% del valore aggiunto contro la media nazionale del 26%, mentre gli addetti si fermano all’11% contro la media nazionale del 23%. Per Diana si tratta di uno sviluppo squilibrato che è “la ragione della debolezza del nostro sistema economico e una delle cause principali di una crescita economica lenta. In Sardegna non è vero che c’è troppa industria ma è vero il contrario”. Da questi presupposti parte il testo della mozione che si concentra sui progetti dell’Eni: il cosiddetto polo verde del piano Eni-Novamont e la cessione del ciclo del cloro. “Il piano promette investimenti per 800 milioni di euro per la produzione di bio-plastiche e la costruzione di una centrale elettrica di biomasse che ha bisogno di una superficie di 20mila ettari. Queste materie vengono reperite sia in loco sia dalle importazioni e nel frattempo verrebbero avviate le coltivazioni di colture specifiche con ricadute occupazionali, a detta di Eni, di 650 unità. Il tutto a regime tra 6 anni”. Per Diana e i presentatori della mozione “l’unica certezza è che quel piano prevede la chiusura del petrolchimico esistente a giugno di quest’anno: siamo dunque di fronte a un ricatto”. Diana punta il dito contro il presidente della regione Ugo Cappellacci il quale “fa finta di non conoscere il piano di chiusura che l’Eni si è prefissato”. “Respingiamo la politica dei due tempi, c’è una promessa di prospettiva senza nessuna certezza, non lo possiamo accettare”. Anche per quanto riguarda la cessione tra Syndial-Eni e Gita dell’intero ciclo del cloro, secondo Diana “la vertenza è ferma, non si sono rispettate le scadenze e gli impianti restano ancora fermi”. Diana chiede all’assessore all’Industria Oscar Cherchi di verificare se “quelle offerte sono serie e quale sia la politica industriale della Regione”.
Per la discussione generale il primo a intervenire è stato Efisio Planetta (PSd’Az) che richiama il disimpegno dell’Eni sugli impianti sardi e i procedimenti giudiziari in corso per danno ambientale. “Le bonifiche stentano a decollare pur tra tanti proclami e annunci, è ora che la Regione non stia più in silenzio e si costituisca parte civile nei procedimenti per disastro ambientale”. “Dobbiamo avere il coraggio di dire che il nostro modello di sviluppo lo dobbiamo decidere noi sardi e che quello che ci è stato imposto ha solo creato danni per la salute dei nostri figli”. Per Planetta “l’avventura della chimica sarda è finita e la sua fine è stata decisa proprio dall’Eni ed è il momento di ripensare al futuro del nostro territorio e alla riqualificazione dell’ambiente, rompendo il tabù e la retorica della centralità dell’industria pesante e del ciclo del cloro”.
Per Attilio Dedoni (Riformatori Sardi - Liberaldemocratici): “La mozione è interessante, ma credo che non si vada ad affrontare quello che dovrebbe fare quest’aula ossia definire la linea politica, considerando le non scelte fatte fino a oggi”. Per Dedoni bisogna salvaguardare la chimica di base come ha fatto la Germania. “Ci vuole un ripensamento complessivo, una riverifica del percorso iniziato anni fa. Una volta fatta una scelta, la meno inquinante, bisogna però fare anche le verifiche e i controlli i questi siti per tutelare la salute”. L’esponente dei Riformatori sardi ha evidenziato come sia necessario tracciare linee di sviluppo complessivo della nostra Isola.
Per Luigi Lotto (Pd) “bisogna evitare la chiusura dell’industria chimica per evitare un’ulteriore perdita di posti di lavoro e l’ulteriore impoverimento dell’economia non prospera della nostra Isola”. L’esponente del Pd ha poi proseguito: “La chimica è importante per Porto Torres. Il progetto Novamont va visto con attenzione, senza pregiudizi per vedere se può avere delle serie ricadute economiche e sviluppi industriali. E’ importante anche dal punto di vista agricolo, perché sarà questo mondo che dovrà fornire le materie prime a questo ciclo produttivo. Ma serve anche una certezza: queste biomasse dovranno essere pagate a un prezzo remunerativo ed è una questione a cui non si può derogare. Diversamente stiamo chiedendo a una categoria produttiva, ossia a quella di agricoltori, di sostenerne un’altra e questo non è giusto”. In conclusione l’on. Lotto ha affermato: “A Porto Torres c’è stato l’impegno di tutto il territorio per la ripresa. Servono impegni finanziari e industriali da parte dell’Eni e una volontà politica molto precisa da parte del governo per rilanciare l’industria chimica come si sta facendo in altri Paesi europei”.
Un intervento dagli accenti fortemente critici quello del Presidente della commissione Bilancio Paolo Maninchedda (Psd’Az): “Stiamo prendendo la brutta abitudine di dedicarci a dibattiti culturali, nei quali non si prendono decisioni. In questo modo siamo noi per primi ad ammettere di non aver potere”.
Dopo aver duramente polemizzato col Ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, definito da Maninchedda “un maestrino”, l’esponente sardista ha citato alcuni esempi che, a suo giudizio, testimonierebbero il “masochismo” della regione nei confronti dello Stato. La politica industriale innanzitutto, decisa dall’Eni che con altre 4 società produce circa il 20% del Pil nazionale, ma anche le vicende delle servitù militari, Teulada compresa che è zona di interesse comunitario, “ma dove però si continua a sparare, per l’esercizio di un potere superiore”.
“La cosa di cui dovremmo davvero occuparci-ha concluso Maninchedda-è di come stimolare la crescita del Pil, anziché appiattirci su uno sterile pauperismo”.
Altrettanto duro nei toni e nei contenuti l’intervento di Luciano Uras (I Comunisti-la Sinistra sarda), secondo il quale la giunta regionale è “genuflessa” davanti al governo centrale che caratterizza la sua azione privilegiando gli egoismi regionali e territoriali delle aree economicamente più forti del paese. “Siamo seduti su una polveriera -ha proseguito Uras - e nessuno ha il coraggio di dire la verità: i costi della sanità, del sistema idrico e del sistema regionale ci stanno portando al collasso”.
A parere di Uras “I veri responsabili della distruzione scientifica del sistema produttivo sardo, chimica, siderurgia e tessile, stanno a Roma e Milano. Un processo di distruzione che si è trasferito anche sul piano istituzionale, con la sistematica bocciatura di ogni legge della Sardegna che cerchi timidamente di dare qualche risposta alla crisi. L’impugnazione della legge finanziaria è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo”.
In questo scenario - ha concluso Uras -il 150° anniversario dell’unità d’Italia è davvero una occasione “in cui non c’è proprio niente da festeggiare”. SEGUE