Al ministro della Giustizia Angelino Alfano sono apparse "precotte" le critiche mosse dall'Anm alla riforma varata oggi in Consiglio dei ministri: si tratta di "censure forse arrivate prima che il testo fosse divulgato". Respingendo l'accusa che la riforma comporti un assoggettamento della magistratura all'esecutivo, Alfano, intervenendo al convegno Magna Carta, ha citato il caso dell'arresto della moglie del suo predecessore, Clemente Mastella.
"E' una riforma punitiva il cui disegno complessivo mina l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e altera sensibilmente il corretto equilibrio tra i poteri dello Stato. E' una riforma contro i giudici che riduce le garanzie per i cittadini".
E' quanto affermano il presidente Luca Palamara e il segretario dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Cascini, commentando la riforma della giustizia presentata approvata oggi dal Consiglio dei ministri.
La riforma costituzionale della giustizia messa in campo dal governo è "pericolosa" e "dannosa", "non accorcia di un giorno la durata dei processi", ha "intenti vendicativi" e punta ad "una magistratura addomesticata": di fronte a ciò serve "una grande mobilitazione di tutta la magistratura". E' il duro giudizio espresso dal leader di Magistratura democratica, Piergiorgio Morosini, che contesta le norme approvate dal Consiglio dei ministri.
Si tratta, ha avvertito il segretario della corrente di sinistra delle toghe, di "una riforma pericolosa la cui matrice culturale vuole una magistratura addomesticata dal potere politico, dannosa per i cittadini perché non accorcia neppure di un giorno la durata dei processi e finanziariamente molto onerosa per le casse dello Stato (e quindi per la collettività) perché duplica organi istituzionali come il Csm".
Di fronte ad "una proposta che esprime intenti vendicativi, chiediamo - ha aggiunto Morosini - una grande mobilitazione di tutta la magistratura, che, facendo appello alle coscienze critiche del nostro paese nel mondo delle libere professioni, delle imprese e dell`accademia, sia disposta anche a spiegare direttamente ai cittadini i rischi che corre la nostra democrazia".
Il leader di Md ha contestato nel merito le singole norme: "La separazione delle carriere, nell`avvicinare la figura del pubblico ministero a quella del superpoliziotto, mira ad un controllo della giurisdizione da parte del ministro della Giustizia, con pericoli di strumentalizzazione politica nell`esercizio dell'azione giudiziaria. Il doppio Csm indebolisce un presidio forte e autorevole dell`indipendenza della magistratura rispetto ad altri poteri dello Stato. La novità sulla obbligatorietà della azione penale non garantisce l`uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, facendo decidere ad una maggioranza politica i reati che devono essere perseguiti".
Ancora, ha elencato Morosini, la riforma "non prevede norme ispirate al principio della responsabilizzazione dei magistrati e ad una giustizia più efficiente e di qualità", ma "al contrario mira ad avere dei giudici burocrati che cercano sempre la via di minore resistenza, la soluzione più comoda e meno rischiosa, penalizzando inevitabilmente i soggetti e i diritti deboli".