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Obama contro la Libia e decide le sue sanzioni

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha inflitto sanzioni nei confronti del colonnello Muammar Gheddafi e del suo entourage, mentre il leader libico ha invitato i suoi sostenitori a prendere le armi contro i manifestanti in un Paese messo a ferro e fuoco, dove le vittime sarebbero già diverse migliaia. 

Saif al-Islam, il figlio del rais, ha però aperto uno spiraglio al dialogo: ha proposto infatti di sospendere gli attacchi agli oppositori del regime e di intavolare negoziati. 

La situazione a Tripoli appare relativamente calma questa mattina dopo i violenti scontri di ieri e la manifestazione sostegno di Gheddafi. Nella notte si sono uditi sporadici colpi di armi da fuoco. 

Le strade della capitale libica dopo la festività islamica del venerdiì sono semideserte. Le autoritaà libiche hanno intanto deciso di trasferire i giornalisti stranieri, tra cui gli inviati italiani, dall'hotel Corinthia al Rixos, alla periferia sud della capitale.

 Il presidente Obama ha firmato un decreto presidenziale che congela gli asset e che blocca i beni negli Stati Uniti del colonnello e dei suoi quattro figli, ha indicato un comunicato della Casa Bianca. 

"Il regime di Muammar Gheddafi ha ridicolizzato le norme internazionali e la più elementare morale, deve esserne ritenuto responsabile", ha dichiarato il presidente Obama in questo comunicato, "Queste sanzioni riguardano di conseguenza il regime Gheddafi, ma proteggono i beni che appartengono al popolo libico". 

Il Consiglio di sicurezza ha terminato da parte sua le sue consultazioni venerdì sera e deve riprenderle oggi alle 11 orario di New York (le 17 in Italia), ha annunciato un responsabile del Palazzo di Vetro. 

Una bozza di risoluzione che circola fra i quindici Paesi del Consiglio di sicurezza valuta sanzioni tra cui un embargo sulle armi, sui viaggi del colonnello Gheddafi e su un blocco dei suoi asset, secondo i diplomatici.

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu deve prendere "misure decisive" in tal senso, ha ritenuto alla fine della riunione il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.

"La violenza deve cessare (...) chi versa con brutalità sangue di innocenti deve essere punito", ha affermato, "Una perdita di tempo significa una perdita di vite umane". 

La bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza ha avvertito inoltre Gheddafi che le violenze potrebbero essere considerate come crimini contro l'umanità, secondo diplomatici.

Il Consiglio dei diritti umani dell'Onu ha richiesto in una risoluzione la sospensione della Libia dai suoi ranghi, oltre che un'indagine indipendente sulle violenze. L'Unione europea ha decretato un embargo sulle armi, come pure il congelamento dei beni il divieto dei visti nei confronti di Gheddafi e del suo entourage. 

 Per quanto riguarda l'Italia, presa di mira da Gheddafi nel suo ultimo discorso alla piazza a Tripoli, proseguono - con qualche difficoltà - i rimpatri dei connazionali che ne hanno fatto richiesta. 

In serata sono state completate le operazioni di imbarco a bordo di nave San Giorgio della Marina militare, che al porto di Misurata ha sgomberato 245 persone, 130 delle quali di nazionalità italiana. 

L'unità da sbarco farà ora rotta verso Catania, dove dovrebbe giungere domenica mattina. Resta invece nella zona nell'eventualità di altri interventi per rimpatri il cacciatorpediniere "Mimbelli". 

Mentre le violenze scuotono tutto il Paese e Tripoli, il numero di morti si conta a migliaia e non a centinaia, ha affermato il vice ambasciatore della missione libica all'Onu, Ibrahim Dabbashi, che ha fatto defezione. Altre fonti parlano di un numero di vittime che oscilla tra trecento e mille. 

Criticato all'estero, attaccato da ogni parte da un'opposizione armata che controlla ormai molte città, tutte quelle dell'est, Gheddafi ha preso la parola per la prima volta in pubblico dall'inizio della rivolta, di fronte a una folla di molte centinaia di sostenitori nel centro di Tripoli. 

"Ci batteremo e vinceremo", ha tuonato nell'undicesimo giorno di guerriglia partita da Bengasi, mille chilometri a est di Tripoli. "Se occorresse, apriremmo tutti i depositi di armi per armare tutto la popolazione", ha minacciato. Il popolo libico "apprezza Gheddafi", ha assicurato, chiedendo ai suoi sostenitori di prepararsi a "difendere la Libia". 

I suoi sostenitori, che sventolavano la bandiera verde della Libia, mostravano con orgoglio i ritratti del colonnello, inneggiando alla sua figura. 

 Il potere libico sembra tuttavia sempre più isolato, dopo varie diserzioni tra cui quelle degli ambasciatori libici a Parigi, Lisbona, Ginevra e all'Unesco. Lo stesso rappresentante diplomatico di Tripoli al Palazzo di Vetro, Mohammed Shalgham, ha ripudiato Gheddafi. 

Sul campo, mentre la regione orientale petrolifera è nelle mani dell'opposizione armata che organizza una nuova amministrazione, a Tripoli, le forze filo-Gheddafi dispiegate intorno alle moschee per impedire le proteste hanno sparato sui manifestanti. 

Nell'est della città, almeno due dimostranti sono stati uccisi di simpatizzanti del colonnello nel quartiere popolare di Fashloum, secondo un testimone. In questa zona, come in quella di Ben Ashour, testimoni hanno segnalato raffiche di colpi "su tutti coloro che si trovavano in piazza".