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Raid aereo sui manifestanti, “genocidio in corso”.

Le forze aeree stanno colpendo i manifestanti a Tripoli. Lo dice al Jazira in una 'breaking news' in sovraimpressione. Dalla tv di Stato libica invece sostengono che le forze di sicurezza libiche sono impegnate in un'operazione diretta contro i "covi dei sabotatori e dei terroristi". Le comunicazioni telefoniche sono state interrotte in tutta la Libia. Lo ha annunciato la tv satellitare 'al-Arabiya', secondo la quale sono fuori uso sia i telefoni fissi che i cellulari e alcuni aerei che trasportano miliziani stranieri sono atterrati questo pomeriggio nell'aeroporto di Tripoli. Il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki moon ha sentito Gheddafi al telefono chiedendogli la fine delle violenze sui manifestanti.

Il vice-ambasciatore libico all'Onu ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito "un genocidio" perpetrato dal regime di Tripoli e ha >chiesto che venga istituita una no fly zone su Tripoli. Lo riferisce la Bbc nel suo sito internet. Secondo il servizio pubblico britannico l'intera delegazione libica presso le Nazioni Unite ha chiesto un'azione internazionale.

 Al Jazira ha detto che sono oltre 250 le vittime dei bombardamenti sulla folla oggi a Tripoli. La televisione satellitare cita testimoni a Tripoli che hanno raccontato come gli attacchi aerei siano avvenuti su cortei durante i funerali delle vittime delle violenze dei giorni scorsi. 

 "In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme sarebbe massimo in relazione alla crisi libica". Secondo quanto si è potuto apprendere, una consistente quota di elicotteri dell'Aeronautica militare e della Marina militare in queste ore avrebbe ricevuto l'ordine di spostarsi verso il sud. 

 Un testimone riferisce che migliaia di persone si sono radunate sulla Piazza Verde a Tripoli. "In queste ore migliaia di cittadini starebbero affollando Piazza Verde, la ex Piazza Italia", ha riferito il testimone, che ha chiesto di rimanere anonimo. Il testimone ha anche confermato che edifici pubblici sono stati incendiati nella capitale libica. Fra questi la fonte ha detto di aver visto la sede che ospita il Congresso generale del popolo (Parlamento) quando si riunisce a Tripoli.

 Dilaga la rivolta in Libia, da dove giungono notizie frammentarie ma che delineano comunque un Paese piombato nel caos e in cui ha ormai preso il sopravvento la violenza.

Dopo che, nei giorni scorsi, le manifestazioni avevano riguardato soprattutto le città nel sud del Paese, oggi anche Tripoli è stata teatro di forti scontri e secondo Al-Jazeera vi sarebbero almeno 61 morti.

Le forze di polizia, secondo queste fonti, avrebbero ricevuto l'ordine di sparare sulla folla, anche se numerosi soldati si sarebbero rifiutati di eseguire il comando. Immagini trasmesse dalle tv mostrano il Parlamento libico in fiamme e il ministro della Giustizia, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil, si è dimesso per protestare contro l'uso eccessivo della forza.

Violenti scontri sarebbero inoltre avvenuti fra i fedelissimi al rais delle guardie dei comitati rivoluzionari e i militari che invece hanno deciso di schierarsi con i dimostranti. In uno di questi scontri sarebbe rimasto ucciso lo stesso comandante delle forze speciali, Abdalla el Senoussi, anche se si tratta di voci per il momento senza conferma.

Fonti libiche hanno riferito alla tv satellitare Al Jazeera che all'interno dell'esercito vi sono grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro il colonnello Gheddafi.

 L'Unione europea "non ha mai detto chi se ne deve andare e chi deve restare: non l'ha fatto con Mubarak e non lo fara' ora, in uno spirito rispettoso delle autonomie nazionali". Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini al termine del Consiglio Affari Esteri a Bruxelles, rispondendo a una domanda sulla possibilità che il colonnello Gheddafi possa ancora essere considerato un interlocutore per l'Italia e l'Europa e se possa essere lui a guidare il processo di transizione.

 In tv è invece andato uno dei figli di Gheddafi, Saif Al-Islam, che ha parlato di un non meglio precisato "complotto" contro la Libia e ha minacciato di spegnere nel sangue la rivolta.  "Il nostro non è l'esercito tunisino o egiziano - ha detto - combatteremo fino all'ultimo uomo, all'ultimo proiettile".

Due cacciabombardieri Mirage libici sono atterrati questo pomeriggio a Malta. Lo riferiscono testimoni e fonti dell'esercito maltesi.

 Il rapido deteriorarsi della situazione ha intanto indotto numerosi Paesi a avviare programmi per rimpatriare i propri connazionali e numerose aziende occidentali, tra cui l'Eni e Finmeccanica, stanno provvedendo a far rientrare i propri dipendenti non strettamente operativi e i loro familiari. Anche la Cina ha invitato i propri uomini d'affari a posticipare per quanto possibile investimenti e visite nel Paese fino a che non si sarà chiarito meglio il quadro politico.

Intanto l'Ue sta valutando la possibilità di un'evacuazione generalizzata dei cittadini europei.

Le fiamme della rivolta intanto arrivano a lambire anche il Marocco, dove nelle manifestazioni di ieri si sono registrati 5 morti e 128 feriti, mentre nel Bahrein c'è attesa per la grande marcia organizzata per domani dall'opposizione nella capitale Manama a cui dovrebbe prendere parte anche uno dei leader dell'opposizione sciita, Hassan Machaimaa, che ha annunciato la decisione di rientrare nel paese dal suo esilio a Londra, dove si trova per sfuggire a un'accusa di terrorismo

Scontri si registrano infine anche nello Yemen. Oggi un manifestante è stato ucciso dalle forze di polizia nella città di Aden. si tratta della dodicesima vittima dall'inizio della ribellione.

 

 

 

Gheddafi in fuga. Onu e Ue: basta violenza

In Libia è caos totale. Da Tripoli giungono notizie di palazzi governativi e Parlamento in fiamme, saccheggi di banche e negozi anche da parte delle forze dell'ordine mentre l'esercito si sarebbe unito ai dimostranti. Si susseguono le voci non confermate sul destino di Muhammar Gheddafi: tra chi lo dà in fuga e chi nell'opposizione assicura che si trovi ancora in Libia. Secondo fonti ospedaliere citate dalla televisione, ci sarebbero già 61 morti nella capitale nelle prime ore di lunedì.

Testimoni riferiscono che sono stati incendiati sia il Parlamento che la sede del governo. Secondo il sito informativo libico al-Manara, bande armate stanno circolando per il quartiere di al-Azizia, dove si trova la sede della tv pubblica e diversi palazzi istituzionali, oltre alla residenza di Gheddafi. Gruppi armati hanno anche attaccato la caserma di al-Baraim, a una decina di chilometri dal centro di Tripoli. Secondo testimoni cecchini appostati sui tetti hanno aperto il fuoco contro i manifestanti che tentavano di avanzare verso il centro di Tripoli. Altri testimoni parlano di spari con arma da fuoco da auto in corsa. Secondo Al-Arabiya l'esercito avrebbe rifiutato di dispiegarsi nella città di Bani Walid.

La situazione è grave, tanto che l'Ue sta considerando di evacuare i cittadini europei, in particolare da Bengasi, ma un aereo della Turkish Airlines inviato da Ankara per riportare in patria i cittadini turchi non è potuto atterrare nella città ed è dovuto tornare indietro. Finmeccanica ha già iniziato l'evacuazione dei propri dipendenti (meno di dieci), mentre l'Eni fa sapere che al momento le operazioni del gruppo in Libia procedono nella normalità. La Shell ha evacuato le famiglie dei propri dipendenti in Libia. La Bp ha avviato i preparativi per evacuare i dipendenti «non essenziali» e «alcuni familiari».

Saif al-Islam, il figlio di Muhammar Gheddafi, in un messaggio tv lanciato alla nazione nella notte aveva detto che «la Libia è a un bivio». Nel discorso ha fatto più volte l'accenno a non meglio precisate «forze straniere» e «separatisti» che hanno messo in atto un «complotto» contro la Libia». Il figlio del rais ha indicato i nemici: islamisti, organi d'informazione, teppisti, ubriachi, drogati e stranieri, compresi egiziani e tunisini. «Arriveranno le flotte americane e europee e ci occuperanno», ha avvisato. Ha minacciato quindi di «sradicare le sacche di sedizione», in quanto «il nostro non è l'esercito tunisino o egiziano. Combatteremo fino all'ultimo uomo, all'ultimo proiettile».

Il dipartimento di Stato americano ha ribadito di essere molto preoccupato per la situazione in Libia. Per protestare contro la repressione e l'utilizzo di mercenari stranieri per sparare contro i rivoltosi, si sono dimessi gli ambasciatori libici in India, Cina e alla Lega Araba, ha reso noto il servizio in arabo della Bbc. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha fatto appello a «non ricorrere all'uso della forza e a rispettare le libertà

Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è detto «molto preoccupato per le ipotesi che stanno emergendo in queste ore di un emirato islamico a Bengasi». Al suo arrivo alla riunione dei capi delle diplomazie dell'Ue, il titolare della Farnesina ha affermato: «Si stanno affermando ipotesi di emirati islamici a est e questo, a pochi chilometri dall'Italia, sarebbe un fattore di grande pericolosità. Sono molto preoccupato per una Libia divisa a metà tra Tripoli e la Cirenaica». Frattini ha affermato che l'Ue «non deve interferire» nei processi di transizione in corso nel mondo arabo cercando di «esportare» il proprio modello di democrazia.

Centinaia di persone armate nella notte hanno attaccato a Tripoli un cantiere gestito da società sudcoreane, scatenando un violento scontro in cui tre sudcoreani e uno o due bengalesi sarebbero rimasti feriti. Lo riferisce l'agenzia sudcoreana Yonhap, sulla base delle informazioni fornite dal ministero degli Esteri di Seul. Sono tre in tutto i cantieri sudcoreani attaccati in una settimana.

Durissima reppressione da parte del sanguinario amico del premier italiano Gheddafi in Libia: immane massacro a Bengasi.

Immane tragedia per mano del sanguinario dittatore libico, Gheddafi, che vanta l'amicizia personale del premier italiano ed il quale non si è degnato di esprimere una parola di condanna contro l'azione sanguinaria del suo presunto amico. E magari il suo agire in fondo lo condivide non tanto velatamente e che se potesse l'applicherebbe volentieri contro i suoi presunti nemici 'comunisti, giudici comunisti e tutti quanti non la pensano come lui e non lo osannano come fanno a pagamento i suoi replicanti. Ma purtroppo per il cavaliere i veri nemici non stanno fuori dai suoi palazzi, ma come ogni buon satrapo di piccolo cabotaggio, li ha sempre accanto a lui. E alla prima occasione sono pronti a tradire ancora perché già lo hanno fatto tradendo per primi i loro ideali e poi le persone. Nel frattempo in Libia si consuma il massacro, che è ancora in corso, ma la rivolta non si ferma e dicono i partecipanti alla contestazione del regime, che continueranno fino alla cacciata dell'oppressore.

I libici sprezzanti del pericolo e onostante la dura repressione delle forze di sicurezza che hanno sparato sulla folla anche da elicotteri e con razzi, la protesta si allarga e a Bengasi anche militari si sarebbero uniti ai manifestanti, mentre al Cairo il rappresentante libico presso la Lega Araba si dimette per ''unirsi alla rivoluzione. E in serata è arrivata la notizia di un imminente discorso del figlio 'moderato' di Gheddafi, Seif al-Islam.

Intanto il bilancio dei morti aumenta drammaticamente nel sesto giorno di proteste ininterrotte: oltre 285 vittime secondo un sito libico, 173 da per Human Right Watch. Almeno 50 a Bengasi nel solo pomeriggio di oggi secondo un medico locale. E la conferma che e' ormai un bagno di sangue giunge anche con l'allarme lanciato dagli ospedali a Bengasi: mancano medici, sangue, attrezzature.

Nel continuo blackout dell'informazione sul terreno, con i giornalisti sempre al bando nel Paese mentre al Jazira segnala il segnale "disturbato" in tutto il Medio Oriente che fa temere un possibile tentativo di boicottaggio, secondo le informazioni che giungono frammentarie a Bengasi la situazione e' fuori controllo: il rincorrersi di allarmi sulle cifre delle vittime è il segnale di una repressione cruenta le cui dinamiche sono pero' difficili da decifrare.

Nei dintorni di Bengasi la morte è arrivata anche dal cielo gia' ieri pomeriggio, secondo quanto riferito da un testimone, quando elicotteri hanno sorvolato i centri di Aguria e Beda uccidendo a colpi di mitragliatrice molte persone, anche bambini. Mentre un altro testimone ha detto ad al Jazira che a Bengasi sui manifestanti si sparano anche razzi controcarro Rpg, oltre a proiettili urticanti per disperdere la manifestazioni.

Difficile anche ricostruire la mappa delle azioni e chi vi prende parte oltre all'esercito, mentre gia' da ieri si parla del coinvolgimento di mercenari. Come nella città di Shahat dove, dice un manifestante ad al Jazira, i rivoltosi hanno catturato 30 mercenari africani, provenienti soprattutto dal Ciad e dalla Nigeria. Secondo la stessa testimonianza a Shahat si contano 50 morti e sarebbero un centinaio i mercenari dispiegati in periferia, che usano armi con proiettili veri.

Dalle autorità, i centri del potere o Gheddafi stesso, al sesto giorno di rivolta ancora nessuna parola: solo messaggi, anche questi non verificabili, come la segnalazione oggi, da parte di un alto esponente libico di un gruppo di "estremisti islamici" che avrebbe preso in ostaggio poliziotti e civili nell'est del Paese. E se Bengasi e' in fiamme e il caos regna nella Cirenaica, il lembo orientale del Paese centro di dissenso e opposizione da sempre spina nel fianco del colonnello, la rivolta sembra viaggiare veloce anche verso Tripoli a mille chilometri di distanza.

Nella capitale, sebbene a singhiozzo, si sono costantemente registrate manifestazioni pro Gheddafi, ma si sono uditi anche colpi d'arma da fuoco, hanno raccontato italiani rientrati oggi. "Già venerdì sera - ha raccontato Renzo Pellizzari, di Udine, che per due mesi ha lavorato a Tripoli per una ditta ferroviaria governativa - abbiamo udito dall'albergo in cui alloggiavamo, poco distante dalla Piazza Verde, colpi d'arma da fuoco esplosi in strada e ben distinti dai fuochi d'artificio. La cosa si è poi ripetuta anche ieri in piena notte''.

A Zauia, a 50 chilometri da Tripoli, dove fino a ieri la situazione era tranquilla oggi "C'é stata una manifestazione, sono stati lanciati lacrimogeni e sono stati sparati anche colpi di arma da fuoco. C'é tensione, e questa è una novità' assoluta per questa città", ha detto un responsabile della Pascucci e Vannucci, azienda di Macerata Feltria (Pesaro) che sta costruendo a Zauia uno ospedale, il cui cantiere "e" stato chiuso per motivi di sicurezza alle 15:00, con un paio d'ore d'anticipo rispetto all'orario solito. E domani, come ci ha consigliato il consolato italiano, abbiamo deciso di non lavorare".

L'amministrazione Obama segue "molto preoccupata" l'evolversi della situazione in Libia, e chiede ufficialmente che sia posta fine "a ogni violenza contro i manifestanti pacifici". Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di stato Philip Crowley.